8.4.14

Che cos'è il comunismo (Enrica Collotti Pischel)

Tra i ritagli trovo questo pezzetto da un “Cuore” (l'inserto “umoristico” e fumettato de “l'Unità”). L'anno è l'89, certamente prima della Bolognina. Che cos'è il comunismo era una rubrica di prima pagina, ove dei comunisti, assai diversi tra loro per età, esperienze, ruolo, davano una loro lettura della parola e dell'idea. Questa risposta è quella di Enrica Collotti Pischel, sinologa e storica della Cina, a lungo animatrice del Comitato Vietnam di Milano e dell'Associazione Italia-Vietnam. Una biblioteca di studi vietnamiti a lei intitolata è tuttora attiva a Torino. (S.L.L.)
Enrica Collotti Pischel
Abito il quartiere da cinquantanni. Milano, zona 10, il primo collegio di Turati. Ricordo il quartiere operaio. Calzaturificio Forzinetti: maioliche liberty e grate polverose. Puzza e stanzoni con tante donne... Al mattino i pendolari in bicicletta. All'angolo l'edicolante anarchica: i fascisti avevano bruciato l'edicola. A mio padre un saluto ammiccante. Dopo il '42, a bassa voce, «compagno». L'idraulico in casa di ringhiera: tra le foto dei morti, alcuni in goffe divise di guerra, Lenin e Matteotti. Poi il 25, Aprile: in strada vendono l'Unità e l'Italia libera.
I comunisti del mio quartiere li conosco da sempre. Nel '45 ballavano nei cortili: a mezzanotte l'«Internazionale». La domenica in un'osteria l'orchestrina con il contrabbasso. Poi, nel '48 in un portone due compagni insanguinati e ammanettati. Quando c'era bisogno, i comunisti del mio quartiere uscivano con l'altoparlante su una vecchia auto. Uscirono per l'alluvione del Polesine, per la legge truffa, per Reggio Emilia nel '60 e dopo piazza Fontana, nel grande fiume di gente da Sesto verso i funerali in Duomo.
A me quell'altoparlante dei comunisti dava un grande senso di difesa. Personalmente non ero nel Pci: ero stata negli Anni cinquanta nella Fgci, quella di Enrico Berlinguer. Poi Budapest e Praga, i tatticismi e le reticenze, la polemica con i cinesi. E il '68. Ma i comunisti del mio quartiere con il loro altoparlante mi facevano sentire sicura, come chi sa che la trincea alle spalle è ancora presidiata da truppe fidate.
Nel '77 sono entrata nel Pci, quello di Enrico Berlinguer: i comunisti del mio quartiere mi aspettavano da sempre. Poi, pulendo la sezione, ritrovai il vecchio altoparlante. Negli ultimi anni l'abbiamo adoperato poco, ma siamo vitali, aperti a nuovi problemi e figure, tante donne. Diversi tra noi, diversi dal nostro passato.
Anche il quartiere è diverso: case alte, ma non se ne trovano: forse bisognerà spegnere i riscaldamenti e i pendolari arrivano in grandi ingorghi di macchine. Il giardinetto è pieno di siringhe. Aspettando il primo metrò, i giornali più letti sono in arabo. Una sera un marocchino vecchio, i capelli ricci tutti bianchi: «Compra signora, te buona cristiana». «No, guardi, comunista». Non capisce: saluta senza ammiccamento.

Che cosa è il comunismo non lo so più: ho creduto di saperlo troppe volte. Forse non so più bene neppure che cos'è il capitalismo. Ma so che quella trincea che i comunisti del mio quartiere difendevano con il loro altoparlante ha ancora bisogno di essere presidiata. Da noi e magari anche da qualcun altro. Ci sono: bisogna riuscire a chiamarli.

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