8.4.14

Misteri dell'antica Cina. Un'armata sepolta (Sabatino Moscati)

Scavi di Sian - La testa di un guerriero
Da un volume di eccellente divulgazione di un celebre archeologo recupero qui una pagina, insieme curiosa ed esemplare, dedicata alla Cina antica. (S.L.L.)
Scavi di Sian - Guerriero 
Un esercito di oltre duemila anni fa, composto da circa seimila guerrieri con cavalli e carri da guerra, risorge dalla terra in cui fu sepolto presso l'attuale località di Sian, nella regione dello Shensi, a sud-ovest di Pechino. I guerrieri e i cavalli risultano in ottimo stato di conservazione, per un motivo assai semplice: sono di terracotta, non di carne e ossa, benché raggiungano e a volte superino le dimensioni normali.
Questa straordinaria armata sepolta ha cominciato a rivedere la luce nel 1974, quando i membri di una comune popolare, che stavano scavando un pozzo, hanno raggiunto i quattro metri di profondità: è apparsa allora la prima testa di guerriero, donde l'intervento degli archeologi e l'avvio di scavi sistematici. Solo alcune centinaia di guerrieri e poche decine di cavalli sono state estratte finora; ma un calcolo proporzionale è possibile in base all'ampiezza della zona archeologica, e questa da le dimensioni grandiose della scoperta.
Siamo dinnanzi a un vero e proprio edificio sotterraneo, dal pavimento in mattoni, che misura circa 210 metri di lunghezza, da 4,6 a 6,5 di altezza. L'armata vi fu disposta in pieno assetto di guerra: un'avanguardia, un corpo principale con due formazioni alle ali, una retroguardia. Gli uomini e i carri trainati dai cavalli si allineavano in file perfette, come se stessero per dare inizio alla battaglia. Una domanda sorge immediata: chi, quando e perché diede vita a questa creazione artistica che non ha precedenti nell'arte universale?
Circa due chilometri a ovest del luogo della scoperta, un tumulo imponente di terra copre la tomba dell'imperatore Shih-huang-ti, che regnò tra il 259 e il 210. a.C. Fondatore della dinastia Ching, unificatore della Cina in uno Stato possente dopo un lungo periodo di lotte e di divisioni, il celebre sovrano dovette essere il protagonista, diretto o indiretto, della straordinaria iniziativa di modellare un esercito in terracotta: lo provano, tra l'altro, alcune iscrizioni trovate sulle statue, del tutto analoghe a quelle già note dai materiali edilizi della tomba di Shih-huang-ti. Le statue, dunque, hanno circa duemiladuecento anni.
Per cominciare dai guerrieri essi sono alti tra 1,78 e 1,82 metri. Gli artisti li hanno raffigurati con corazza finemente decorata e tunica, spesso una sorta di fazzoletto avvolto intorno al collo, alti calzari. Le teste, lavorate come le mani separatamente dai corpi e successivamente saldate a essi, sono della più incredibile varietà, non una identica all'altra. Ora le ricopre un elmo, ora i capelli scoperti si dispongono in un'elaborata pettinatura a chignon. Ma soprattutto straordinari sono i visi: ferocia, fierezza, sapienza, ironia traspaiono di volta in volta dalle forti sopracciglia, dalle labbra sporgenti, dagl'irti baffi cui fanno riscontro le barbe singolarmente stilizzate.
I cavalli, che furono attaccati ai carri in pariglie di quattro, presentano non minore efficacia di rendimento (fig. 3). Le gambe lunghe e nervose, i corpi forti e lineari, i musi sporgenti con le bocche aperte nell'ansimare della corsa, le orecchie che di nuovo mostrano una singolare componente di stilizzazione: tutto conferma i caratteri di un'arte fondamentalmente realistica, ma pur soggetta ad antichi schemi riemergenti. Quanto ai carri, ne restano pressoché solo le impronte sul terreno: erano di legno, infatti, e non hanno potuto resistere all'usura del tempo (oltreché forse, all'oltraggio degli uomini).
Le armi, in gran numero, sono di bronzo. E diciamo subito che si tratta di armi autentiche, dalle spade alle lance, dai pugnali alle frecce, dagli archi alle balestre: i guerrieri, evidentemente, dovevano assolvere una funzione ritenuta reale e non simbolica nell'aldilà, a fianco del loro sovrano. Si noti che sono presenti tra le scoperte anche oggetti della vita non militare: gioielli d'oro e di giada, strumenti di ferro e d'osso, stoffe di lino e cuoio e seta. Nulla mancava, insomma, per rendere l'armata sepolta uguale a quelle che potevano vedersi sulla terra. Ma quale era esattamente la sua funzione?
Un crudele rito praticato in Cina ancora pochi secoli prima dell'imperatore Shih-huang-ti voleva che accanto ai sovrani fossero sepolti i servi, i soldati e persino i familiari ancor vivi, perché rinnovassero nell'aldilà le circostanze e le vicende della vita terrena. Poi si sviluppò l'uso di sostituire gli esseri umani con figurine di terracotta o legno o bronzo, di dimensioni assai minori. Shih-huang-ti, all'apice della sua potenza, non fece ritorno ai sacrifici umani; ma appunto come manifestazione della sua potenza volle che si seppellisse, per la funzione ora esposta, un esercito di dimensioni dal vero.
L'arte cinese, fino ad allora, aveva scelto gran parte dei suoi soggetti nel mondo del fantastico e del decorativo, quasi a rifuggire dalla realtà. L'avvento al potere di Shih-huang-ti, con la costituzione di un impero unitario, mostra l'inizio di una fase veristica nell'arte, combinata con l'intento della grandiosità celebrativa. Narra la tradizione storica che, una volta giunto al potere, l'imperatore fece erigere dinnanzi al suo palazzo dodici statue monumentali di bronzo, pesanti più di una tonnellata ciascuna: è assai ragionevole pensare che i guerrieri in terracotta costituiscano le repliche in materiale più modesto dei «cartoni» operanti a livello ufficiale nelle botteghe degli scultori.
Naturalmente, i fenomeni dell'arte riflettono quelli della società: unificare, coordinare, razionalizzare la vita dello Stato appaiono le grandi direttrici politiche della nuova dinastia, poste in atto con una serie di riforme i cui esiti si possono ravvisare in strutture sopravvissute fin quasi ai nostri giorni. Nessuna forza disgregatrice, e neppure semplicemente autonoma, fu tollerata: un celebre editto del tempo dispone la distruzione di tutte le storie locali, di tutte le opere di scrittori non appartenenti alla corrente ufficiale, non a caso denominata dei Legisti. «Chiunque faccia riferimento al passato per criticare il presente — afferma il decreto — sia messo a morte unitamente ai membri della sua famiglia.»
Questo stato di cose definisce bene le condizioni in cui ebbe origine l'arte rivelata dalla scoperta di Sian: un'arte ufficiale, di Stato, come è tipico dei grandi imperi assolutistici. È la stessa fenomenologia in cui — a guardar bene — s'inquadrano, tanto per ricordare qualche esempio famoso, i rilievi templari egiziani e quelli assiri, come pure quelli della colonna traiana in Roma: immagini rievocanti la potenza del sovrano, al fine di ammonire i sudditi e i nemici, di destare l'ammirazione e al tempo stesso il timore.
Ma la natura costantemente autonoma dell'arte cinese, nel rivelarci per la prima volta questo genere di produzione, ce lo presenta anche con una contraddizione apparente, mai verificatasi altrove nell'arte storica: quella per cui i monumenti celebrativi vengono collocati sotto terra, e cioè nella sede che sembra meno adatta all'esercizio delle loro finalità. Però bisogna intendersi: anzitutto, l'edificio sotterraneo fu certo visitato durante la vita dell'imperatore, e dunque la sede non ne annullò affatto la funzione; inoltre, tale funzione fu tipicamente intesa, secondo la concezione cinese dell'universo, come operante per l'aldilà, come celebrante il sovrano al fine della sua sopravvivenza.
A voler cercare un punto di confronto, l'unico — assai funzionale e significativo — è quello delle statue dei faraoni che venivano poste all'interno della tomba, e precisamente nel serdàb, una stanza sacra alla quale il pubblico non aveva accesso e dalla quale si pensava che la statua potesse guardare, più che essere vista. In ciò le componenti celebrative dell'arte sembrano venire ignorate, anzi contraddette; ma a dire il vero si tratta solo di una diversa prospettiva, perché la monumentalità resta intrinseca alla statua, che esercita la sua funzione in una sede diversa da quella usuale ma non meno valida e determinante.
Un debole imperatore, fantoccio nelle mani di consiglieri astuti e senza scrupoli, succede al grande Shih-huang-ti, restando celebre per un episodio o aneddoto che ne definisce emblematicamente l'impotenza: il primo ministro, vero padrone dello Stato, gli porta un cervo in dono, dicendo: «Maestà, vi offro questo cavallo»; il sovrano si consulta con i cortigiani, si fa visitare da un medico, e infine ringrazia vivamente per il cavallo ricevuto. Intanto, la rivoluzione è alle porte: l'armata sotterranea viene scoperta dagli invasori, alcune statue sono spezzate, alcune armi rubate, poi l'insieme è dato alle fiamme. Bruciano i carri e le travi di legno che sostengono il soffitto, sicché questo crolla. Ma la terracotta resiste bene, può attendere per oltre duemila anni l'arrivo degli archeologi.

Da Segreti del passato, Mondadori, 1978

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