4.4.14

In viaggio con Luigi Malerba. La Certosa di Padula

Certosa di Padula. L'ampio spiazzo interno
Nei primi anni Ottanta la rubrica di suggerimenti per brevi viaggi nella provincia italiana (Viaggio a) ebbe curatori di grande qualità. Un di essi fu Luigi Malerba. E' suo questo pezzetto sulla bellissima Certosa di Padula, visitabile con una breve digressione dalla Salerno-Reggio. (S.L.L.)
Certosa di Padula. La cucina
La Certosa di Padula (Salemo) è dedicata a San Lorenzo morto sulla graticola sotto l'imperatore Valeriano. Il visitatore anche più attento non avrà modo di notare, a meno che non disponga di un elicottero, che la pianta di questo stupefacente e immenso fabbricato ha la sagoma di una graticola in omaggio al santo martire che le da il nome. Il fabbricato, che si estende per trentaduemila metri quadrati "coperti" (un po' più di tre ettari) era abitato da un massimo di sessanta monaci (e circa altrettanti dipendenti sistemati ciascuno in un appartamentino, nel linguaggio dei certosini denominato "cella", composto di due stanze, un corridoio, un vano collegato con una loggia coperta e un giardino con vasca e fontana.
Certosa di Padula. La cantina
La singolarità di questa Certosa, il più grande complesso architettonico dell'Italia meridionale, è di essere grande come una reggia ma abitabile come un condominio. Ma se gli alloggi dei monaci sono di misura umana, dove la Cenosa straborda in dimensioni abnorni è nella cucina e nelle cantine, il luogo del mangiare e quello del bere, e il rilievo appare tanto più sorprendente se si pensa che i certosini erano votati al digiuno per otto mesi all'anno. Sotto l'enorme cappa del camino della cucina potrebbe starci un miniappartamento e le botti del vino allineate nella cantina sono di dimensioni veramente spropositate. Nella cucina scorreva un ruscelletto proveniente dalle vicine alture, dove i frati cucinieri pescavano le trote vive e le passavano direttamente nella padella.
Fu in questa cucina che venne preparata, come raccontano gli storici locali, una frittata di mille uova in occasione della visita di Carlo V e del suo seguito. La padella di Camogli ha dunque una sorella non meno gloriosa. Solo nella cucina dell'Abbazia di Rila in Bulgaria ho visto qualcosa di altrettanto gargantuesco e pantagruelico...  

L'Espresso, 10 gennaio 1982

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