19.5.14

Il mensile "La città futura" (1964-1966)



Il mensile “La città futura” nacque nel febbraio 1964 come “mensile degli studenti comunisti”, riprendendo la testata di quel numero unico della Federazione giovanile socialista piemontese che nel 1917 era stato curato interamente da Antonio Gramsci. In quell'anno ne uscirono solo tre numeri, in cui si cercava di mettere a fuoco il rapporto “intellettuali e politica” e in cui l'attenzione prevalente era riservata ai dibattiti sull'Università, ai movimenti che la percorrevano, all'urgenza di una riforma. Nel primo numero c'è, per esempio, un articolo di Luigi Berlinguer sulle proposte di legge sull'Università e uno di Renato Nicolini sull'esperienza democratica degli studenti di architettura a Roma; nel n.4/5 di giugno-luglio, l'ultimo della serie, Alessandra Spremolla ragiona della facoltà di lettere e della formazione degli insegnanti.
La testata rinasce nel 1965 come “mensile dei giovani comunisti”, che si accompagna come strumento di riflessione a “Nuova Generazione”, il settimanale della Federazione giovanile comunista italiana. Il legame de “La città futura” con la Fgci è garantito dalla direzione di Achille Occhetto, che al tempo è segretario nazionale della giovanile, ma il non presentarsi come “organo” ufficiale dell'organizzazione testimonia un'intenzione di dinamicità e di apertura, che è nei fatti collaterale all'inquieta ricerca che nel Partito sviluppa Pietro Ingrao. E, in effetti, senza chiusure settarie appare la parte internazionale ove si discutono problematicamente le posizioni cinesi, le lotte del “movimento” americano, le esperienze di socialismo africano, la guerra di liberazione in Vietnam, il pacifismo. Più ricca e varia è la parte teorico-culturale: c'è più Marx, più Brecht, ma anche Pasolini, i surrealisti e un dibattito sull'Unione sovietica e la III Internazionale con meno cautele che in passato. La novità più importante è però l'attenzione alla fabbrica e al cantiere, alle lotte sindacali e politiche del lavoro, alla giovane classe operaia. Vi compaiono articoli sulla Siemens, sulla Fiat, sulla Perugina (di Mandarini e Mantovani), sugli edili, sul controllo e potere operaio.
Dopo il congresso del febbraio 1966, in cui la posizione di netta opposizione al centrosinistra e alla unificazione “socialdemocratica” di Pietro Ingrao apparve visibilmente (la platea si svuotò durante il suo intervento) isolata, del mensile, giudicato troppo spregiudicato dalla “destra” di Amendola, Napolitano e Cossutta, venne decisa la soppressione. L'ultimo numero uscì nel giugno del 1966 e, nell'editoriale di addio, il direttore Occhetto tentò una difesa dell'esperienza, in un linguaggio molto cifrato. In prima pagina c'era la foto di un giovane, Paolo Rossi, perugino d'origine, che le squadracce fasciste avevano ucciso all'Università di Roma, godendo poi di protezioni nello stesso vertice accademico. In ultima, a commento, era scritto: “Paolo Rossi – Egli era un giovane democratico e antifascista, e in Italia, dopo la liberazione, da tempo muoiono violentemente solo i democratici e gli antifascisti”.
La testata “La città futura” venne poi rilanciata nel 1977 come settimanale della Fgci sotto la segreteria di Massimo D'Alema. Ne era direttore Ferdinando Adornato e aveva Walter Veltroni tra i pilastri della redazione. Durò fino al 1979. (S.L.L.)

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