17.6.14

La Skoda dalle origini all'assorbimento nella Volkswagen

Skoda. Una Popular sportiva degli anni Trenta del 900
Le origini risalgono alla fine dell’Ottocento, quando la Boemia si dibatteva tra la morsa dell’impero austroungarico e le spinte verso l’autonomia e la ricerca di una già tardiva modernizzazione. E’ in questo contesto che a Praga, nel periodo delle festività natalizie del 1895, un meccanico, Vàclav Laurin, e un libraio, Vàclav Klement, mettono a frutto la comune passione per il ciclismo iniziando a costruire biciclette che, in ossequio alle emergenti spinte nazionalistiche dell’epoca, chiameranno patriotticamente Slavia. Si recita così il prologo di un’avventura imprenditoriale che proseguirà con le moto e quindi, nel 1905, con la “voiturette” A, una bicilindrica a quattro tempi di 1.005 cc da 7 Cv, con cambio a tre marce e capace di raggiungere i 40 all’ora. Ed espandendosi, l’azienda contribuirà in modo determinante a fare della regione un polo avanzato nel centro Europa, mentre la gamma di modelli si spingerà presto verso le fasce superiori, con motori di grossa cilindrata e carrozzerie di lusso.
In difficoltà dopo la drammatica fine della Prima Guerra Mondiale, la Laurin & Klement approda successivamente nelle potenti braccia della Skodovy Zavody di Pilsen, specializzata nella produzione di armi, e nel 1925 ne diventa in pratica la branca automobilistica, dando vita alla Skoda, con il simbolo della freccia alata. Modelli utilitari e di prestigio, con il comune denominatore dell’alta qualità, danno respiro internazionale alla casa: dalla piccola Popular alla mastodontica sei cilindri Superb, negli anni Trenta la scalata al successo è rapida. Ma tutto si ferma con l’invasione nazista, il secondo conflitto e l’inevitabile riconversione bellica.
Dopo il 1945, la rinascita avviene nell’ambito dei quadro pianificato del blocco sovietico, che assegna alla Skoda un ruolo importante nella fabbricazione di armamenti, del resto un po’ nel Dna del marchio, ma che non mortifica del tutto anche la vocazione civile alle quattro ruote. Anzi, la casa ceca sarà l’unica, fra quelle dell’est continentale, a potersi confrontare dignitosamente con la travolgente crescita dell’industria automobilistica dell’occidente e, almeno fino all’inizio degli anni Sessanta e nelle categorie inferiori, senza eccessivi complessi d’inferiorità.
Abbandonata, infatti, l’obsoleta Octavia, nel 1964 con la 1.000 MB (una quattro porte con meccanica “tutto dietro” e potenza di 42 Cv, nata per fare da contraltare al Maggiolino Volkswagen), l’azienda con sede a Mlada Boleslav non solo provoca qualche vagito di motorizzazione nei paesi del “socialismo reale”, ma ottiene risultati discreti a livello internazionale, offrendo vetture solide, più spaziose delle normali utilitarie italiane o francesi e talvolta a prezzi perfino inferiori. Non vengono disdegnate neppure le competizioni, tanto che, in forma simpaticamente paradossale, in Gran Bretagna la curiosa versione Coupè 1.300 della Skoda, siglata 130, verrà spesso citata, in considerazione di una vaga somiglianza tecnica, come “la più economica delle Porsche”.
D’altra parte, i progressi nel campo delle compatte faranno passi da gigante nel ventennio tra i Settanta e i Novanta, mentre le auto cecoslovacche resteranno sempre le stesse... Un ultimo scatto di ottimismo della volontà si concretizza nel 1988, quando con la nuova Favorit, a trazione anteriore e complice la carrozzeria Bertone, la Skoda, ancora socialista, cercherà di tornare al passo con i tempi: ma alcune componenti tecniche fondamentali sono d’epoca, come del resto gli stessi sistemi costruttivi, e la svolta non c’è. 
In un paio d’anni comunque, con il tramonto dell’Unione Sovietica e della sua sfera d’influenza, si consuma il passaggio che per la marca ceca, significa anche l’assorbimento da parte del colosso Volkswagen e, dal 1991, la piena integrazione nella sua gamma.

Postilla
Le notizie sono tratte da Autocritica, supplemento a "il manifesto", gennaio 2004

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