13.7.14

Seduzione classica (Mirella Serri)

Claudine Colbert nel ruolo di Cleopatra (1934
Giove e Giunone un giorno dibattevano a chi andasse, tra l'uomo e la donna, la palma del massimo piacere sotto le lenzuola. Giunone riteneva fosse l'uomo, Zeus la donna, e così interpellarono chi ne sapeva più di tutti, il pastore Tiresia, tra i primi trans della storia, che per sette anni era stato donna. Il verdetto del pastore decretò il vantaggio del gentil sesso. Tiresia, comunque, non fu l'unico che nell'antichità varcò i confini più estremi dell'eros. Pasifae, sposa di Minosse, è un altro mitologico esempio, si innamorò di un toro. Confidò la sua passione a Dedalo e questi costruì per lei una vacca di legno con un vano dove si posizionò la donna. Il toro montò la finta vacca e la voluttuosa signora diede poi alla luce il Minotauro, un mostro con testa di toro su corpo umano. Quanto a fantasie erotiche, dai miti transgender agli accoppiamenti con animali, gli antichi greci e pure i romani non scherzavano per niente né si ponevano limiti. Così sostiene Michel Onfray in Teoria del corpo amoroso. Per un'erotica solare (Fazi editore) il quale individua, collegato a questo elaborato immaginario, una reale e diffusa pratica di libertinaggio che, superando il tempo e le diverse consuetudini, si estese dall'antica Grecia alla Roma imperiale. La ricerca del piacere nel mondo classico, insomma, sempre secondo il filosofo, era caratterizzata dalla comune pratica di un amore molto più ludico, leggero e disinibito di quanto oggi non sia. Ma è proprio così? L'irresistibile leggerezza dell'eros abitava tanto ad Atene quanto a Roma?
«Nel mondo greco esisteva una diffusa pansessualità. Tiro, per esempio, si innamorò di Enipeo, Dio fluviale della Tessaglia: Poseidone per sedurla prese l'aspetto di un'onda e la fecondò. Ma questo desiderio non limitato ai soli esseri umani era anche percepito in maniera negativa. Così il satiro, anch'esso originato da un'inquietante commistione sessuale, non è mai stato una figura dai tratti accettabili», osserva Eva Cantarella che ha dedicato molte ricerche all'immagine della donna nell'antichità greca e romana e che discuterà con molti altri esperti di eros e seduzione nell'ambito del Festival del mondo antico che si terrà a Rimini dal 15 al 18 giugno (vedi riquadro qui sopra n.d.r.). «La storia della libertà sessuale degli antichi greci, è una favola, c'erano regole precise che non bisognava violare, pena l'esclusione dal contesto sociale».
Quali? «Intanto la seduzione. Difficile corteggiare le future mogli dal momento che i matrimoni
erano combinati fin dall'infanzia. Avere rapporti extramatrimoniali non era poi così né facile né permesso, nemmeno alle vedove. Il corteggiamento avveniva secondo le modalità di sempre, biglietti, poesie, doni, ma l'ambito in cui veniva esercitato più di frequente era quello del rapporto tra adulti e ragazzi. Ma anche in questo caso c'erano paletti. Il ragazzo poteva essere concupito da un partner dai 12 ai 17 anni. Doveva successivamente cambiare ruolo, da soggetto passivo e desiderato diventava attivo e desiderante di altri ragazzi o di donne. Così, per esempio, Aristofane fa dell'aspra ironia sui rapporti maschili che duravano oltre il limite di età stabilita».
E per le donne? «Le seduttrici avevano scarse possibilità di manovra. Ma la strada maestra per un'evasione volendo si trovava. La moglie di Eufileto, come le altre donne assai poco autonoma e molto controllata, incontra il futuro amante una delle rare volte che esce, al funerale della suocera».
Ma nell'antichità sdrammatizzare l'eros, renderlo libero da tante pastoie, era l'obiettivo delle provocazioni dei filosofi cinici: così Onfray interpreta il gesto di Diogene che sulle pubbliche piazze si dedicava coram populo al piacere solitario, rendendolo una contraddizione in termini; o quello di Cratete che, sempre in contesti affollati, si dedicava amorosamente agli organi sessuali di Ipparchia. Tutte esibizioni che dimostrano un bisogno di "liberalizzare" il discorso d'amore?
«Il discorso sull'amore nell'antichità classica permea tutta la vita intellettuale. Da Piatone in poi scrivere sull'amore è importante quasi quanto scrivere sulla guerra» - osserva Luciano Canfora, filologo di fama internazionale, anch'egli ospite del festival di Rimini - Un esempio è l'Ars Amandi di Ovidio che offre tutte le indicazioni di comportamento necessarie per concupire e corteggiare. Nella democratica Atene le donne, che non erano né prostitute né etere, erano confinate tra le pareti domestiche mentre a Roma e Sparta, assai meno democratiche negli ordinamenti, il sesso debole contava invece molto di più e aveva un peso sociale notevole».
E la seduzione libertina, esisteva? «Le donne di solito uscivano molto coperte e velate e un piede elegantemente calzato poteva essere oggetto di ammirazione e simbolo di seduzione - spiega il classicista Maurizio Bettini, autore di fondamentali saggi sul mito di Elena e di Narciso (a Rimini proporrà una sua lettura del Vangelo di Marco) -. In età tardo repubblicana e imperiale, però, molte fanciulle cominciarono ad abbigliarsi con pepli trasparenti. Sono le donne, comunque, che gestiscono sempre il discorso d'amore con abbandoni e tradimenti». I latini, poi, definivano diversamente i baci seduttivi e quelli "familiari". Era anche questo un modo di simboleggiare i vari codici di comportamento? «A volte lo ius osculi, il duitto di bacio riservato ai parentit diventava ben altro - osserva Bettini -, Properzio per disapprovare la leggerezza di Cynthia, la sua amante, rea di sbaciucchiare a destra e a manca, l'apostrofava: "Ma quanti parenti hai"? Agrippina, nipote di Claudio, lo seduce a colpi di baci familiari che si trasformano in baci libidinosi. Assai diversi poi dai nostri, i modi di interpretare il tradimento. Non si discute mai in termini moderni di "corna". Quello che preoccupa è l'inquinamento della progenie con figli di padri incerti. Questo vale anche per la figura del dongiovanni. Non era certo il romantico eroe moderno ma uno squallido figuro, un poveretto costretto dalla sorte a rintanarsi, a mascherarsi, ad amare in angoli bui».


“Tuttolibri – La Stampa”, 10 giugno 2006

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