21.8.14

1966. Il ragazzo triste di Patty Pravo (Nanni Balestrini, Primo Moroni)

Patty Pravo in una foto del 1967
…. Ma c'è anche il bisogno di sottolineare la propria «diversità», di esibirla con orgoglio: i capelli lunghi, i jeans, le minigonne, gli indumenti di tipo militare opportunamente modificati per ridicolizzare i simboli dell'autorità, sono tutti segnali di rivolta e di rifiuto del perbenismo e delle regole scritte. Quella che molti anni dopo, parlando dei punk, i sociologi definiranno «la rivolta dello stile», ha le sue lontane origini in quegli anni. Il rigetto così improvviso degli standard di costume provoca, com'è ovvio, reazioni contrastanti a partire dalla famiglia e dal mondo della scuola (all'inizio molti giovani, non potendo portare i capelli lunghi né in famiglia né a scuola, optano per delle parrucche che tolgono e mettono prima di entrare e uscire dalle due istituzioni).
Ma il processo è ormai innescato, e da queste prime scelte di tipo simbolico si passa rapidamente alla critica di tutte le istituzioni. A partire dalla più prossima e individuale che è la famiglia. Inizia così il fenomeno delle «fughe» dall'autorità dei genitori, anche se si tratta di «fughe» che coesistono conflittualmente nell'ambito familiare.
Altre fughe, con funzione di avanguardia, si dirigono verso il fascino della metropoli, alla ricerca di esperienze diverse. Minoranze intelligenti cominciano a praticare la «cultura del viaggio», in Olanda dove ci sono i Provos (che si ispirano ai beat e agli hippies americani), in Inghilterra che è il punto di riferimento della rivolta giovanile. Quando tornano riportano giornali controculturali, dischi, abbigliamenti e la pratica dell'uso di droghe leggere (all'inizio quasi esclusivamente marijuana) come dilatazione della sensibilità.
Nel rapporto tra i sessi si comincia a mettere in discussione, sia pure in modo confuso, la cultura del maschile e del femminile — in questo campo le ragazze sono, com'è ovvio, molto più impegnate — e un prodotto tutto italiano come Patty Pravo (amatissima cantante del Pi-per di Roma) con la sua spregiudicatezza diventa il simbolo dell'emancipazione ma anche dell'inquietudine giovanile. La sua canzone Ragazzo triste centra molte emozioni reali.

Ragazzo triste
Ragazzo triste come me ah, ah
che sogni sempre come me ah, ah
non c'è nessuno che ti aspetta mai,
perché non sanno come sei.
Ragazzo triste sono uguale a te:
a volte piango e non so perché. 
Altri son soli come me eh, eh
ma un giorno spero cambierà.

Nessuno può star solo,
non deve stare solo.
Quando si è giovani così
dobbiamo stare insieme,
parlare tra di noi,
scoprire il mondo che ci ospiterà.

Ragazzo triste come me ah, ah
che sogni sempre come me ah, ah
altri son soli come noi ah, ah
ma un giorno spero cambierà, vedrai... vedrai.,

Non dobbiamo stare soli mai.
Non dobbiamo stare soli mai.
Non dobbiamo stare soli mai.

Da L'orda d'oro 1968-1977, Sugar, 1988



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