14.8.14

Barcellona 1909. Fucilate il maestro Ferrer (Claudio Venza)

REVOLUCIÓN O SEMANA TRÁGICA?
1. Il contesto urbano e sociale
A Barcellona esistono, all'inizio del Novecento, due città conflittuali. Da un lato si esibisce la Città dell 'Ordine, ispirata alla grandeur di Parigi. Qui borghesi, intellettuali modernisti e Chiesa sognano
sconvolgenti riforme urbanistiche per collegare i quartieri ricchi, relativamente lontani, al porto sventrando i rioni centrali abitati da proletari e sottoproletari. E in effetti, nel 1908 si inaugura la via Layetana con la distruzione di almeno un migliaio di case popolari del centro storico. Dall'altro lato vive la Città Proletaria, simile a quella dei vicoli di Napoli e di Genova, costituita da case insalubri in un reticolo di strade strette e senza sole. Qui è radicato uno spirito di rivolta contro le classi dirigenti e i ceti privilegiati che si è concretizzato in frequenti barricate e scontri con le forze repressive dello Stato.
Nel 1900 la città ha poco più di mezzo milione di abitanti, di cui circa un terzo sono lavoratori salariati, in maggioranza analfabeti, che lavorano nelle fabbriche, soprattutto tessili, per quindici ore al giorno e sei o sette giorni alla settimana. I bambini entrano in fabbrica, in laboratorio o in bottega già a sette anni abbandonando ogni possibilità di gioco o istruzione. Le malattie, spesso le epidemie,
falcidiano questa popolazione povera e affamata e la rendono potenziale base della ribellione violenta. Anarcosindacalisti e repubblicani radicali, su posizioni ideologiche diverse, hanno consolidato nei rioni proletari i loro centri organizzativi di iniziativa e di lotta.

2. Il sentimento antimilitarista e anticlericale
Il desastre della guerra contro gli USA del 1898, con la morte o le gravi ferite di molti giovani barcellonesi delle classi oppresse (i ricchi pagavano per evitare il servizio militare dei figli), ha rafforzato la coscienza popolare antimilitarista da tempo presente specialmente in Catalogna. La proliferazione degli ordini religiosi, in rapida espansione dalla fine del secolo precedente, e i loro privilegi ostentati sono alla base di un diffuso anticlericalismo sia di radici proletarie che piccolo borghesi.
Il terreno dell'educazione è l'epicentro del conflitto: le scuole cattoliche hanno il quasi monopolio dell 'istruzione, peraltro inaccessibile ai bambini delle famiglie povere, e i timidi progetti municipali di scuole laiche suscitano l'opposizione dura degli ambienti religiosi conservatori.

3. L'esplosione della "guerra sociale" nella metropoli mediterranea
L'avventura coloniale in Marocco per difendere gli interessi dei proprietari di miniere è la causa di nume rosi eccidi di soldati spagnoli, tutti proletari, che cadono negli scontri con le tribù insorte. Nella primavera del 1909 il governo decreta il richiamo alle armi di migliaia di riservisti barcellonesi che spesso sono un sostegno indispensabile per le famiglie a basso reddito. Al grido di "Abbasso la guerra!" la protesta dilaga nelle strade della Città Proletaria e porta il lunedi 26 luglio allo sciopero generale proclamato dal sindacato libertario Solidaridad Obrera e da socialisti, repubblicani e radicali.
Sparatorie, assalti e saccheggi, barricate e duri scontri con le "forze dell'ordine" si verificano già nelle prime ore dello sciopero che blocca la vita dell'intera città. Il governo dichiara lo stato d'assedio e fa giungere molte truppe dalle altre regioni spagnole. Nei rioni popolari per vari giorni il potere dello Stato è soppresso di fatto e il movimento si dirige contro l'altra istituzione nemica: la Chiesa cattolica . Sono incendiati molti edifici religiosi (tra i 60 e gli 80 a seconda delle fonti) ma la
violenza si dirige contro simboli e strutture del potere clericale risparmiando monache, preti e frati. Gli incendi e gli atti di profanazione di edifici di culto durano quasi una settimana. Vengono esposti i cadaveri di monache seppellite nelle chiese in quanto è diffusa la convinzione che esse siano state uccise per celare stupri e gestazioni inconfessabili.

4. La repressione delle istituzioni politiche, militari ed ecclesiastiche
Ai primi di agosto del 1909 le organizzazioni operaie e laiche sono sciolte manu militari con la chiusura di giornali, sedi, scuole, luoghi di incontro. Migliaia di arresti e altrettanti esili forzati stroncano ogni possibilità di rispondere alla repressione statale. Il clima di vendetta è sostenuto dai giornali più conservatori: si scatena la caccia al sovversivo e si riempiono tutte le carceri della città . I processi, condotti da giudici militari, sono una tappa della restaurazione della supremazia, apparentemente definitiva, della Città dell'Ordine sulla Città Proletaria.
Dal canto loro le autorità ecclesiastiche negano le radici sociali della rivolta per attribuirla esplicitamente a manovre e complotti diabolici. Per contro la ricostruzione delle strutture edilizie incendiate richiederà molti anni e renderà tangibile la paura deUe gerarchie ben al
di là del 1909.

5. La Scuola Moderna e il maestro laico Francisco Ferrer
La Scuola Moderna è fondata nel 1901 e resta in funzione fino al 1906, quando viene chiusa in seguito all'attentato compiuto da Mateo Morrai, suo bibliotecario. Il progetto di Ferrer è di sviluppare un'educazione antiautoritaria basata su valori come la scienza, la natura, il progresso sociale e sulla centralità del singolo bambino e bambina e della loro volontà di apprendere. Con un impegno anche a livello internazionale ottiene molte simpatie dagli ambienti progressisti e laici, talvolta massoni, scontrandosi subito con il quasi monopolio clericale del sistema scolastico spagnolo. I giornali conservatori e reazionari filo clericali lo indicano di frequente come un "pericolo pubblico" e propongono più volte alle autorità di bloccare la sua attività educativa, come avviene in effetti nel 1906. Restano in funzione le Publicaciones de la Escuela Moderna che resistono, fino al 1920, diffondendo testi divulgativi in ambienti educativi laici e libertari.
La vita del pedagogo libertario Ferrer, nato nel 1859, attraversa periodi diversi sia lavorativi che politici: tra l'altro fa parte del personale viaggiante nelle ferrovie ed è un attivo militante repubblicano . Nel 1886 deve esiliarsi in Francia in seguito al fallimento di una rivolta repubblicana e qui stabilisce rapporti stretti con personaggi e ambienti sensibili alla sua proposta educativa. É animato dalla convinzione di dover diffondere la cultura, a tutti i livelli, per la trasformazione della società in senso egualitario e libero.
Nel corso del tempo approfondisce la conoscenza del pensiero anarchico e si impegna in campo anarcosindacalista fiancheggiando il movimento operaio barcellonese. La sua coscienza rivoluzionaria coniuga l'attività educativa alla lotta di classe: per lui entrambi sono strumenti per abbattere il sistema capitalista nel quale industriali e vescovi, militari e poliziotti sfruttano, opprimono e tengono nell'ignoranza buona parte della popolazione.

6. La fucilazione di Ferrer e le proteste internazionali (anche a Trieste)
Francisco Ferrer i Guàrdia è indicato come il responsabile principale della insurrezione anticoloniale e anticlericale del luglio 1909 che sconvolge l'intera Barcellona. Il tribunale militare non concede alcuna seria garanzia alla difesa del pedagogo, peraltro assente nelle infuocate giornate della Semana Tragica. Il processo si svolge sotto la pressione dell'opinione pubblica borghese, formata sui giornali reazionari, che chiede punizioni esemplari per stroncare altre possibili rivolte proletarie. In pochi giorni sono condannati a morte quasi una ventina di imputati e varie centinaia a lunghe pene detentive. In molte città d'Europa i movimenti laici e anticlericali manifestano ripetutamente per la salvezza di Ferrer che viene comunque fucilato il 13 ottobre 1909 nella tetra fortezza di Montjuic.
Le proteste internazionali investono decine di grandi centri abita ti, non solo europei, si accompagnano, come a Trieste, a scioperi generali che coinvolgono in totale milioni di lavoratori e cittadini. Molto frequenti sono gli assalti ai Consolati spagnoli, considerati rappresentanti della "Nuova Inquisizione" trionfante nella Spagna dominata dal potere clericale oscurantista e antimoderno.
Nella Trieste asburgica, già allora laica e sensibile al progresso sociale e alla scienza, anarchici e repubblicani, massoni e socialisti sono accomunati dalla difesa del libero pensatore spagnolo e fanno sentire la propria indignazione. Stando a ricerche storiche (da articolare meglio) circa 2.000 persone si staccano dalla chiesa cattolica rifiutando il battesimo con un atto ufficiale di apostasia. Più di qualche bambino nato a ridosso dell'"assassinio legale" di Ferrer assumerà il nome del maestro fucilato. Un caso relativamente noto è quello di Ferrer Visentini, nato nel 1910, poi volontario antifascista in Spagna durante la guerra civile. Una sorta di filo rosso collega la lotta del 1909 per salvare Ferrer alla mobilitazione per difendere la libertà e la rivoluzione nella Spagna repubblicana e libertaria. Nelle sue memorie, l'anarchico triestino Umberto Tommasini ricorda che nel febbraio 1937, mentre la polizia stalinista lo arresta vicino a Valencia e lo minaccia di morte, egli rivendica di aver partecipato, da apprendista tredicenne, allo sciopero generale e al combattivo corteo contro la fucilazione di Ferrer. Fu la sua prima manifestazione di protesta di settanta anni di attività militante.


Supplemento a: Umanità nova, a. 89, n. 34, 4 ottobre 2009.

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