7.8.14

Furibondo. Una poesia di Dino Campana

Abbracciata io l'aveva.
Mentre affannoso delle cieche ebbrezze
Sul limitare cieco brancolavo
E accelerati colpi replicavo
Sopra la porta di eterne dolcezze:
All'improvviso sopra la mia schiena
S'alzò e ricadde martellando sordo
E ritmico il suo piede. Fu il ricordo
Dell'attimo fuggente, nella piena
Fantastica l'appello della morte.
Ardendo disperatamente allora
Raddoppiai le mie forze a quell'appello
Fatidico e ansimando la dimora
Varcai del nulla e dell'ebbrezza, fiero
Penetrai, nel fervore alta la fronte
Impugnando la gola della donna
Vittorioso nel mistico maniero 
Nella mia patria antica del gran nulla.

dal Quaderno in CAMPANA, Opere e contributi, a cura di E.Falqui, Vallecchi, 1973

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