31.8.14

Grandi amori. Anna Proclemer e Vitaliano Brancati (Paolo Di Stefano)

La ricostruzione dell'amore tra Anna Proclemer e Vitaliano Brancati fatta da Paolo Di Stefano per il “Corsera” è documentata, convincente e ben costruita. La “storia” si chiude quando il complicato sentimento s'avvia a morire, nell'autunno del 53. All'improvviso, nel luglio del 1954, muore anche Brancati. Non ho mai capito se ci sia rapporto tra le due morti.
Una piccola osservazione. La storia della lettera strappata e ricostruita con lo scotch non è credibile. Lo scotch nel 41, con la guerra e l'autarchia, mi pare anacronistico. Con la colla, forse. (S.L.L.)
Anna Proclemer e Vitaliano Brancati con la figlia Antonia
Lo scrittore è già famoso e ha 34 anni, la ragazza è un'attrice diciottenne. È la fine del 1941 quando si conoscono al Teatro dell'Università di Roma, durante una prova. Anna Proclemer guarda Vitaliano Brancati con ammirazione e indifferenza. La ragazza ha già letto Don Giovanni in Sicilia. Di nascosto dai genitori, che lo consideravano un libro osceno. «Mi sembrava un maturo signore ormai avviato alla vecchiaia», avrebbe scritto. Al contrario di tutti gli altri, lo scrittore la tratta con deferenza e la chiama «signorina». 
Una sera vanno al Teatro delle Arti. C'è l'Histoire du soldat di Stravinski, ma Brancati guarda un altro spettacolo, ignora il palcoscenico e fissa le mani di Anna: «Non è possibile avere delle mani così - sussurra per vincere l'imbarazzo - Queste sono le mani di un ragazzino di collegio!». La dichiarazione d'amore arriva poco dopo. Con due pensieri rivelati per lettera: «E il primo è che tu sei la più dolce, bella, intelligente, candida ragazza del mondo, e il secondo che sei tanto giovane e io no».
Con quei pensieri in testa, lo scrittore non riesce più a lavorare e si affumica il cervello fumando la pipa. Rimprovera a sua madre di averlo concepito troppo presto: «Che fretta c'era di mettere al mondo un balordo personaggio?». Confessa che senza tutti quegli anni di differenza chiederebbe ad Anna di sposarlo. Si sposeranno nel '46. Ma intanto la ragazza rimane stordita dalla dichiarazione d'amore. Gli risponde dandogli del Lei: non c'è spazio nel suo giovane cuore se non per il teatro, dove sta muovendo i primi passi già quasi trionfali. Lo scrittore straccia la lettera, poi se ne pente e la ricompone con lo scotch. Non molla, continua a scriverle da Catania, parla di un esaurimento nervoso, diventa ossessivo.
A Roma, occupata dai tedeschi, Anna ha una relazione sentimentale con il regista Gerardo Guerrieri, ma non dimentica lo scrittore e gli racconta di essere sfiduciata: «Vorrei piantare tutto e rassegnarmi a fare la ragazza oca e civetta e basta. Mi è difficile saper guardare lontano». Le lettere scritte da Brancati nel '44 non arrivano in genere a destinazione, quella del 31 dicembre sì: c'è la nostalgia del loro primo incontro, la neve su Roma e l'immagine della ragazza che, con il viso legato da una cuffia bianca, sedeva «imbacuccata in mezzo a una fila di poltrone vuote». La conforta: «Questi Suoi dubbi mi sembrano un ottimo segno».
Nell'agosto dell'anno dopo, la Proclemer va a Catania per girare un film: «Rividi B. dopo più di due anni. Non ho più amato la Sicilia come in quei giorni. Anzi in quelle notti». Racconterà le passeggiate e gli strani amici di Vitaliano, «straordinari personaggi di provincia pieni di manie, di tic!». La città è «magica e astratta». Brancati le parla di Chopin, Bellini, Keats, Leopardi. Soprattutto le insegna «ad amare la possibilità di una vita insieme».
La ragazza riparte in ottobre «felicissima, infelicissima, confusa, turbata». Speranze e timori. Lui le scrive subito da Zafferana Etnea il dolore, lo sgomento, la tortura di ritrovarsi senza «la più bella, la più nobile, la più dolce, la più intelligente e più sensibile ragazza del mondo». Il pensiero fisso di lei lo tormenta: «Nessuno ama la felicità quanto me e nessuno ne è meno adatto. Mi manchi in modo intollerabile». Anche Anna è innamorata di Vitaliano, detto Nusso, ma evita i toni palpitanti: «Lavora, promettimelo. Pensa che mi farebbe soffrire il pensiero che anche una sola ora inconcludente tu passassi per causa mia. Lavora, e io lo sentirò e sarò accanto a te». Lui vorrebbe baciarla, stringerla al petto «con una certa furia». Lei non ama quei suoi toni di ironica o patetica amarezza, quella troppo «acre esibizione di sofferenza». E lui: «Ho bisogno di non pensarti per un'ora sola, e non ci riesco!».
Nella primavera 1946 Brancati è a Roma per una quindicina di giorni per chiarire i dubbi e gli equivoci: Anna è stanca, snervata, esaurita dal lavoro ma è attratta dal pensiero di legarsi a un «artista vero, un uomo complesso, ambiguo, segreto, vulnerabile». Sa bene che la aspetta una vita «tutt'altro che armoniosa e riposante», ma ci vuole provare. A Roma sono stati giorni felici, pieni di fiducia e di speranze. Nel tardo pomeriggio del 22 luglio si sposano nella cripta della chiesa ancora in costruzione di piazza Euclide.
«Amore mio, Annina, pecorella». Tante altre lettere partono da Catania quando l'attrice è in tournée. Il 28 novembre arriva un telegramma in cui Anna comunica al marito di essere incinta. Il 6 maggio 1947 nascerà Antonia, una bimba allegrissima, che non piangeva mai: «B. ed io - scriverà la Proclemer - ci illudemmo di essere riusciti miracolosamente a evitarle di ereditare le nostre nevrastenie, ansie, depressioni, angosce». Illusione, appunto. 
Il matrimonio comincia a scricchiolare quando Annina, il 18 giugno 1953, scrive al suo Nusso: «L'era della "pecorella" è finita. Mi sento molto più matura e sicura di me». Due mesi dopo i due coniugi cominciano ad arredare la casa appena acquistata in via Fleming. Fingono di non sapere che il loro matrimonio, dopo sette anni, si sta avviando al termine: «Avevo trent'anni e dovevo cominciare a scoprire chi ero. Per fare questo avevo bisogno di essere sola. Cercai goffamente di spiegare. Era inevitabile che B. sospettasse che fossi innamorata di qualcun altro. Dissi la verità: che non era vero. Non fui creduta. Allora, per essere creduta, mentii».


Corriere della Sera, 22 agosto 2013

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