Una malattia misteriosa
la consumò nel giro di una settimana, lei che era la cocca di casa,
con le guance di pesca e i riccioli sempre raccolti in nastri
colorati. Adesso Rosalia, la bambina morta a nemmeno due anni nel
1920, oggi diventata la mummia meglio conservata del mondo in quelle
catacombe dei Cappuccini che sono una sfida titanica alla morte e ai
suoi sfregi, riposerà in una culla hi-tech di vetro e acciaio. Una
capsula avveniristica satura di azoto per distruggere i
microrganismi, brevettata per mantenere al suo interno venti gradi di
temperatura e il 65 per cento di umidità: il secondo «lettino
eterno» realizzato al mondo per una mummia umida (cioè ancora piena
di liquidi) dopo quella di Otzi, l'uomo preistorico di Bolzano.
Intervento che è il culmine di una campagna di ricerca durata tre
anni sulle catacombe di Palermo che ospitano quasi duemila mummie,
appese alle pareti, distese, custodite nelle bare.
Un'incursione nella
sicilianità profonda, quella che odora di mistero, di incenso, di
muffa, di luce e di lutto. Frati, nobili, alto-borghesi, ma anche il
cappellaio, il giardiniere, il pianista, l'artista, una Spoon
River palermitana lunga quattro secoli, dal 1500 al 1900, che è
stata ricostruita nell'inventario appena concluso sulle salme grazie
a un progetto dell'Eurac di Bolzano diretto da Albert Zinkn - grande
studioso di Tutankhamon - della Cassa di Risparmio della stessa città
altoatesina, del National Geographic.
Sono 1.852 in tutto, come
gli abitanti di una piccola città dei defunti: i nomi vergati sui
cartellini sbiaditi sono stati incrociati con quelli dei registri
delle catacombe e con i documenti dell'Archivio di Stato, lo scrigno
di memoria della città di Palermo. «Una straordinaria mappa della
società dell'epoca», spiega Dario Piombino Mascali, l'antropologo
coordinatore del progetto che è conservatore scientifico delle
catacombe e che con ogni mummia parla come si fa con i vecchi amici.
Lei, Rosalia Lombardo, scomparsa il 6 dicembre del 1920, è la gemma
più preziosa e coccolata. E, proprio come una bambina viva, è
oggetto di sentimenti viscerali, contesa in una guerra appena
scoppiata. Da un lato, la «famiglia di sangue»: l'unica sorella
superstite, oggi 86 anni, cui i genitori diedero lo stesso nome della
morta, e la nipote Rosanna La Ferla, pronte a lanciare accuse di
speculazione sul corpo del «nostro angioletto» parlando di
«vilipendio di tomba, di cadavere» e chiedendo lauti risarcimenti.
Dall'altro lato, la famiglia di adozione, cioè i frati cappuccini e
l'équipe di ricercatori che ha sottoposto la mummia a una
serie di indagini scientifiche per carpirne tutti i segreti e per
trovare la strada migliore per la sua conservazione.
Per i parenti quella è
la salma di un congiunto («Rosalia fa parte della nostra famiglia e
il fatto che il suo corpo sia stato imbalsamato per volere di mio
padre non esime nessuno a doverle il rispetto che si deve a chiunque
sia morto», dice la sorella), per gli scienziati parte di una
collezione tutelata dalla Soprintendenza come bene
etno-antropologico. Sullo sfondo, la guerra per i diritti
sull'immagine della bambina, che - rimasta decenni a dormire
nell'ombra, riprodotta timidamente su cartoline fatte stampare dai
frati - è salita adesso, grazie ai nuovi studi, sulla ribalta
internazionale.
Accuse che rimbalzano sui
blog, che si nutrono di opposte testimonianze, e che riguardano anche
presunte manomissioni del corpicino. «Rosalia - dice la nipote -
all'inizio aveva un abito blu, ciuffetti raccolti in due fiocchi
azzurri, i calzettoni bianchi, la vestì mia nonna in persona. Poi
l'abbiamo vista con un vestitino rosa pesca, poi di nuovo blu, con un
fiocco giallo e senza alcun fiocco. Ma quante volte è stata aperta
la sua bara?».
I registri, in realtà,
parlano soltanto della rottura del vetro negli Anni Sessanta, e anche
anziani testimoni sono pronti a giurare che niente è cambiato in
quasi un secolo. Lui, Dario Piombino Mascali, sventola
l'autorizzazione firmatagli dalla sorella della defunta («Non ce ne
sarebbe stato neanche bisogno, ma ho voluto coinvolgere la famiglia
in ogni passaggio») ed elenca i nomi di prestigio del progetto: la
culla avveniristica realizzata da Marco Samadelli con la consulenza
del professor Maekawa del Getty Museum di Los Angeles (quello che ha
realizzato le teche per le mummie secche egiziane), lo studio sulle
condizioni ambientali delle catacombe svolto in collaborazione con
l'e'quipe di Katja Sterflinger-Gleixner dell'Università di Vienna. E
la benedizione del ministro provinciale dei Cappuccini di Palermo,
Vincenzo Marchese. «Noi non toccheremo la mummia, che sarà
collocata nella nuova teca con tutta la sua bara - dice il
ricercatore -. Quanto alle speculazioni, sfido chiunque a dimostrare
che questa non è un'operazione disinteressata, di esclusivo
interesse scientifico e storico». Lui fa visita a Rosalia ogni 6
dicembre, il giorno del compleanno della bambina. «E in tutto questo
tempo - dice - non ho mai visto un parente».
“La Stampa”, 6 luglio
2011
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