26.9.14

Palermo. La doppia vita della mummia Rosalia (Laura Anello)

Una malattia misteriosa la consumò nel giro di una settimana, lei che era la cocca di casa, con le guance di pesca e i riccioli sempre raccolti in nastri colorati. Adesso Rosalia, la bambina morta a nemmeno due anni nel 1920, oggi diventata la mummia meglio conservata del mondo in quelle catacombe dei Cappuccini che sono una sfida titanica alla morte e ai suoi sfregi, riposerà in una culla hi-tech di vetro e acciaio. Una capsula avveniristica satura di azoto per distruggere i microrganismi, brevettata per mantenere al suo interno venti gradi di temperatura e il 65 per cento di umidità: il secondo «lettino eterno» realizzato al mondo per una mummia umida (cioè ancora piena di liquidi) dopo quella di Otzi, l'uomo preistorico di Bolzano. Intervento che è il culmine di una campagna di ricerca durata tre anni sulle catacombe di Palermo che ospitano quasi duemila mummie, appese alle pareti, distese, custodite nelle bare.
Un'incursione nella sicilianità profonda, quella che odora di mistero, di incenso, di muffa, di luce e di lutto. Frati, nobili, alto-borghesi, ma anche il cappellaio, il giardiniere, il pianista, l'artista, una Spoon River palermitana lunga quattro secoli, dal 1500 al 1900, che è stata ricostruita nell'inventario appena concluso sulle salme grazie a un progetto dell'Eurac di Bolzano diretto da Albert Zinkn - grande studioso di Tutankhamon - della Cassa di Risparmio della stessa città altoatesina, del National Geographic.
Sono 1.852 in tutto, come gli abitanti di una piccola città dei defunti: i nomi vergati sui cartellini sbiaditi sono stati incrociati con quelli dei registri delle catacombe e con i documenti dell'Archivio di Stato, lo scrigno di memoria della città di Palermo. «Una straordinaria mappa della società dell'epoca», spiega Dario Piombino Mascali, l'antropologo coordinatore del progetto che è conservatore scientifico delle catacombe e che con ogni mummia parla come si fa con i vecchi amici. Lei, Rosalia Lombardo, scomparsa il 6 dicembre del 1920, è la gemma più preziosa e coccolata. E, proprio come una bambina viva, è oggetto di sentimenti viscerali, contesa in una guerra appena scoppiata. Da un lato, la «famiglia di sangue»: l'unica sorella superstite, oggi 86 anni, cui i genitori diedero lo stesso nome della morta, e la nipote Rosanna La Ferla, pronte a lanciare accuse di speculazione sul corpo del «nostro angioletto» parlando di «vilipendio di tomba, di cadavere» e chiedendo lauti risarcimenti. Dall'altro lato, la famiglia di adozione, cioè i frati cappuccini e l'équipe di ricercatori che ha sottoposto la mummia a una serie di indagini scientifiche per carpirne tutti i segreti e per trovare la strada migliore per la sua conservazione.
Per i parenti quella è la salma di un congiunto («Rosalia fa parte della nostra famiglia e il fatto che il suo corpo sia stato imbalsamato per volere di mio padre non esime nessuno a doverle il rispetto che si deve a chiunque sia morto», dice la sorella), per gli scienziati parte di una collezione tutelata dalla Soprintendenza come bene etno-antropologico. Sullo sfondo, la guerra per i diritti sull'immagine della bambina, che - rimasta decenni a dormire nell'ombra, riprodotta timidamente su cartoline fatte stampare dai frati - è salita adesso, grazie ai nuovi studi, sulla ribalta internazionale.
Accuse che rimbalzano sui blog, che si nutrono di opposte testimonianze, e che riguardano anche presunte manomissioni del corpicino. «Rosalia - dice la nipote - all'inizio aveva un abito blu, ciuffetti raccolti in due fiocchi azzurri, i calzettoni bianchi, la vestì mia nonna in persona. Poi l'abbiamo vista con un vestitino rosa pesca, poi di nuovo blu, con un fiocco giallo e senza alcun fiocco. Ma quante volte è stata aperta la sua bara?».
I registri, in realtà, parlano soltanto della rottura del vetro negli Anni Sessanta, e anche anziani testimoni sono pronti a giurare che niente è cambiato in quasi un secolo. Lui, Dario Piombino Mascali, sventola l'autorizzazione firmatagli dalla sorella della defunta («Non ce ne sarebbe stato neanche bisogno, ma ho voluto coinvolgere la famiglia in ogni passaggio») ed elenca i nomi di prestigio del progetto: la culla avveniristica realizzata da Marco Samadelli con la consulenza del professor Maekawa del Getty Museum di Los Angeles (quello che ha realizzato le teche per le mummie secche egiziane), lo studio sulle condizioni ambientali delle catacombe svolto in collaborazione con l'e'quipe di Katja Sterflinger-Gleixner dell'Università di Vienna. E la benedizione del ministro provinciale dei Cappuccini di Palermo, Vincenzo Marchese. «Noi non toccheremo la mummia, che sarà collocata nella nuova teca con tutta la sua bara - dice il ricercatore -. Quanto alle speculazioni, sfido chiunque a dimostrare che questa non è un'operazione disinteressata, di esclusivo interesse scientifico e storico». Lui fa visita a Rosalia ogni 6 dicembre, il giorno del compleanno della bambina. «E in tutto questo tempo - dice - non ho mai visto un parente».


“La Stampa”, 6 luglio 2011

Nessun commento:

Posta un commento