Sfinge etrusca (Cerveteri) |
FIRENZE - Il secondo Congresso
internazionale etrusco è terminato, e una cosa si può dire con
certezza: gli etruschi devono tutto alle loro colline metallifere.
Sono emersi sulla scena della storia in modo improvviso e clamoroso
nel lontano settimo secolo avanti Cristo (quando Roma era soltanto un
villaggio) grazie, per l'appunto, alla fortuna di possedere
inesauribili miniere di ferro, un metallo ricercatissimo dai greci
che stavano allora colonizzando l'Italia meridionale. Il ferro fece
la ricchezza di quelli che ne possedevano i giacimenti. O, come dice
con un'immagine moderna Jacques Heurgon, "anche l' oro etrusco
fu un oro nero: il ferro dell'Elba, di Populonia, di Vetulonia, di
Campiglia è stato per i "lucumoni" etruschi quello che è
oggi il petrolio per gli emiri arabi".
Dal benessere nasce la
città con i suoi mercanti e i suoi artigiani. Spesso nella stessa
località si passa bruscamente dalla capanna rotonda di paglia e di
fango alla casa rettangolare in muratura, allineata alle altre lungo
una strada. "Non è solo un cambiamento del tipo di abitazione",
sottolinea Guido Mansuelli; "è molto di più: è mutato il
concetto stesso dell' abitare". La capanna rotonda è autonoma,
mentre le case rettangolari si condizionano l'un l'altra e
costringono a ragionare in termini diversi: è l'inizio della
mentalità cittadina.
La nascita della città chiama in causa i
rigorosi riti di fondazione, cioè la religione, questo è l'argomento principe quando si parla di etruschi: pochi popoli sono
vissuti come loro nel desiderio ossessivo d'interpretare la volontà
degli dei; la loro esistenza quotidiana era una foresta di simboli
attraverso la quale gli aruspici avevano la missione di guidare i
loro inquieti passi. La religione etrusca è, insieme a quella
ebraica, l'unica religione "rivelata" del bacino del
Mediterraneo; ed è l'unica "religione del libro" del
mondo classico pagano. La rivelazione non avvenne però in modo
solenne, su un monte, come accadde a Mosè. Tutt'altro! Un giorno,
un contadino di Tarquinia che aveva scavato un solco molto profondo
vide balzar fuori uno strano essere che sembrava un bambino ma
parlava come un vecchio saggio. Il suo nome era Tagete. Accorse il re
Tarconte, al quale la strana creatura svelò i segreti dell'universo; e Tarconte mise per iscritto le sue parole. Disse Tagete:
"Dio creatore di tutte le cose ha assegnato al mondo dodici
millenni. Nei primi sei ha creato il cielo e la terra, il mare e i
fiumi, il sole, la luna e le stelle, gli uccelli, i rettili e tutti
gli animali. Nel sesto millennio ha creato l'uomo. Al genere umano
ha assegnato sei millenni, trascorsi i quali il tempo dell' uomo sarà
finito". Sembra la Genesi!
Le profezie di Tagete e di altri
esseri semidivini, raccolte nei libri sacri, costituirono l'"etrusca
disciplina", che - dice Marta Sordi - "è, insieme,
cosmogonia, cioè storia del mondo; profezia, cioè divinazione degli
avvenimenti; e azione sulla storia, cioè atto rituale teso a
scongiurare, con l' espiazione della colpa e con la preghiera, le
punizioni divine che incombono sui popoli, sulle città, sugli
individui". La base ideologica è questa: una volta sconfitto il
caos, il mondo è sottoposto a potenze divine che ne garantiscono l'ordine e la razionalità. Nulla avviene a caso, ogni avvenimento ha
una sua precisa collocazione e, quindi, una sua relativa
prevedibilità. Tutto ciò che accade preannuncia un avvenimento
futuro, oppure è l' attuazione di un segno che gli dei avevano già
mandato. Per gli etruschi, dice Seneca, i fatti non hanno un
significato per il fatto d'essere accaduti, ma avvengono per avere
un significato. Quindi la storia è sempre storia sacra. Gli etruschi
si differenziano da greci e romani anche per un altro aspetto
fondamentale: non hanno mai avuto la nostalgia di un' età dell'oro,
di un' età in cui i frutti nascevano spontaneamente. L'inizio della
loro storia, i loro ricordi più antichi si saldavano con l'inizio
della storia dell'umanità, quando, subito dopo la fine del caos,
con l'avvento di Tinia (Giove), nacque la legge che regola il
diritto di proprietà e i rapporti tra gli uomini. Dice la ninfa
Vegoia al re Arruns di Chiusi: "Sappi che, quando il mare è
stato separato dalla terra, Tinia ordinò che le terre e i campi
etruschi fossero misurati e limitati da confini", e stabilì
terribili punizioni per chi avesse violato la proprietà fondiaria,
sia quella dei ricchi sia quella dei poveri.
Questo spiega perchè,
al tempo della riforma dei Gracchi, gli etruschi vi si opposero con
tutte le loro forze: i romani pretendevano di sconvolgere una legge
divina. A Congresso finito, l'immagine dell'etrusco ne esce
cambiata: un grande dinamismo negli affari, un deciso gusto per la
"bella vita", una mentalità fortemente legalitaria, una
credenza cieca nel destino dell'uomo e dei popoli. I romani ne
ammiravano molto la cultura; anzi, nei loro riguardi avevano un forte
senso di inferiorità: all'epoca della monarchia e nei primi tempi
della repubblica gli aristocratici romani usavano mandare i loro
figli in Etruria per istruirsi. Poi, con la conquista romana, l'"etrusca disciplina" cadde in discredito: a tutti gli
angoli delle strade o nei pressi degli accampamenti si potevano
incontrare aruspici che predicevano la sorte, e Catone li considerava
una manica d'imbroglioni.
Tuttavia il prestigio della sapienza
etrusca sopravvisse fino alla caduta dell'impero, visto che il papa
Innocenzo I, quando i Goti assediavano Roma, si rivolse agli aruspici
etruschi perché creassero uno sbarramento di fulmini attorno alla
città. Non pare che avessero successo.
la Repubblica 6 giugno 1985
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