10.10.14

Gli Etruschi. Profeti o imbroglioni? (Clara Valenziano)

Sfinge etrusca (Cerveteri)
FIRENZE - Il secondo Congresso internazionale etrusco è terminato, e una cosa si può dire con certezza: gli etruschi devono tutto alle loro colline metallifere. Sono emersi sulla scena della storia in modo improvviso e clamoroso nel lontano settimo secolo avanti Cristo (quando Roma era soltanto un villaggio) grazie, per l'appunto, alla fortuna di possedere inesauribili miniere di ferro, un metallo ricercatissimo dai greci che stavano allora colonizzando l'Italia meridionale. Il ferro fece la ricchezza di quelli che ne possedevano i giacimenti. O, come dice con un'immagine moderna Jacques Heurgon, "anche l' oro etrusco fu un oro nero: il ferro dell'Elba, di Populonia, di Vetulonia, di Campiglia è stato per i "lucumoni" etruschi quello che è oggi il petrolio per gli emiri arabi". 
Dal benessere nasce la città con i suoi mercanti e i suoi artigiani. Spesso nella stessa località si passa bruscamente dalla capanna rotonda di paglia e di fango alla casa rettangolare in muratura, allineata alle altre lungo una strada. "Non è solo un cambiamento del tipo di abitazione", sottolinea Guido Mansuelli; "è molto di più: è mutato il concetto stesso dell' abitare". La capanna rotonda è autonoma, mentre le case rettangolari si condizionano l'un l'altra e costringono a ragionare in termini diversi: è l'inizio della mentalità cittadina. 
La nascita della città chiama in causa i rigorosi riti di fondazione, cioè la religione, questo è l'argomento principe quando si parla di etruschi: pochi popoli sono vissuti come loro nel desiderio ossessivo d'interpretare la volontà degli dei; la loro esistenza quotidiana era una foresta di simboli attraverso la quale gli aruspici avevano la missione di guidare i loro inquieti passi. La religione etrusca è, insieme a quella ebraica, l'unica religione "rivelata" del bacino del Mediterraneo; ed è l'unica "religione del libro" del mondo classico pagano. La rivelazione non avvenne però in modo solenne, su un monte, come accadde a Mosè. Tutt'altro! Un giorno, un contadino di Tarquinia che aveva scavato un solco molto profondo vide balzar fuori uno strano essere che sembrava un bambino ma parlava come un vecchio saggio. Il suo nome era Tagete. Accorse il re Tarconte, al quale la strana creatura svelò i segreti dell'universo; e Tarconte mise per iscritto le sue parole. Disse Tagete: "Dio creatore di tutte le cose ha assegnato al mondo dodici millenni. Nei primi sei ha creato il cielo e la terra, il mare e i fiumi, il sole, la luna e le stelle, gli uccelli, i rettili e tutti gli animali. Nel sesto millennio ha creato l'uomo. Al genere umano ha assegnato sei millenni, trascorsi i quali il tempo dell' uomo sarà finito". Sembra la Genesi! 
Le profezie di Tagete e di altri esseri semidivini, raccolte nei libri sacri, costituirono l'"etrusca disciplina", che - dice Marta Sordi - "è, insieme, cosmogonia, cioè storia del mondo; profezia, cioè divinazione degli avvenimenti; e azione sulla storia, cioè atto rituale teso a scongiurare, con l' espiazione della colpa e con la preghiera, le punizioni divine che incombono sui popoli, sulle città, sugli individui". La base ideologica è questa: una volta sconfitto il caos, il mondo è sottoposto a potenze divine che ne garantiscono l'ordine e la razionalità. Nulla avviene a caso, ogni avvenimento ha una sua precisa collocazione e, quindi, una sua relativa prevedibilità. Tutto ciò che accade preannuncia un avvenimento futuro, oppure è l' attuazione di un segno che gli dei avevano già mandato. Per gli etruschi, dice Seneca, i fatti non hanno un significato per il fatto d'essere accaduti, ma avvengono per avere un significato. Quindi la storia è sempre storia sacra. Gli etruschi si differenziano da greci e romani anche per un altro aspetto fondamentale: non hanno mai avuto la nostalgia di un' età dell'oro, di un' età in cui i frutti nascevano spontaneamente. L'inizio della loro storia, i loro ricordi più antichi si saldavano con l'inizio della storia dell'umanità, quando, subito dopo la fine del caos, con l'avvento di Tinia (Giove), nacque la legge che regola il diritto di proprietà e i rapporti tra gli uomini. Dice la ninfa Vegoia al re Arruns di Chiusi: "Sappi che, quando il mare è stato separato dalla terra, Tinia ordinò che le terre e i campi etruschi fossero misurati e limitati da confini", e stabilì terribili punizioni per chi avesse violato la proprietà fondiaria, sia quella dei ricchi sia quella dei poveri. 
Questo spiega perchè, al tempo della riforma dei Gracchi, gli etruschi vi si opposero con tutte le loro forze: i romani pretendevano di sconvolgere una legge divina. A Congresso finito, l'immagine dell'etrusco ne esce cambiata: un grande dinamismo negli affari, un deciso gusto per la "bella vita", una mentalità fortemente legalitaria, una credenza cieca nel destino dell'uomo e dei popoli. I romani ne ammiravano molto la cultura; anzi, nei loro riguardi avevano un forte senso di inferiorità: all'epoca della monarchia e nei primi tempi della repubblica gli aristocratici romani usavano mandare i loro figli in Etruria per istruirsi. Poi, con la conquista romana, l'"etrusca disciplina" cadde in discredito: a tutti gli angoli delle strade o nei pressi degli accampamenti si potevano incontrare aruspici che predicevano la sorte, e Catone li considerava una manica d'imbroglioni. 
Tuttavia il prestigio della sapienza etrusca sopravvisse fino alla caduta dell'impero, visto che il papa Innocenzo I, quando i Goti assediavano Roma, si rivolse agli aruspici etruschi perché creassero uno sbarramento di fulmini attorno alla città. Non pare che avessero successo.


la Repubblica 6 giugno 1985

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