31.10.14

NONOSTANTE LA CGIL. UN MACIGNO SUI PIEDI DI RENZI (S.L.L. - Stato di fb)

Roma, La manifestazione CGIL del 25 ottobre 2014. Alcuni perugini
Facciamo a capirci. La manifestazione di Roma della Cgil è stata convocata da una confederazione riluttante non per un dissenso radicale sull'insieme dei provvedimenti sul lavoro, che sarebbero stati tranquillamente criticati e assorbiti, ma per un articolo sui licenziamenti che - dopo l'abolizione dell'articolo 18 - tende a renderli ancora più facili. Si trattava di un provvedimento del quale nessuno in Italia sembrava sentire il bisogno, emanato dal governo Renzi con l'evidente scopo di provocare e sfidare un sindacato per tante ragioni impopolare, insomma per crearsi un "nemico" di comodo, secondo una tecnica politica antica e da molti collaudata.
Per rendere più evidente la sfida il leader del Pd e capo del governo, nello stesso giorno della manifestazione romana indetta dalla Cgil, aveva programmato alla Leopolda di Firenze uno "Spezzeremo le reni alla Grecia!", che non a caso aveva tra finanziatori e protagonisti diversi esponenti del capitalismo finanziario e manageriale.
Al di là delle stramberie di alcuni interventi, il messaggio da Firenze è stato esplicito: per i "leopoldi" non c'è ragione per cui il lavoro sia un soggetto politico e sociale; per loro non è altro che una merce, sottoposta come tutte le altre alle leggi del mercato. Per Renzi e i suoi la stessa esistenza del lavoro è anzi un effetto dell'azione del capitale e dell'impresa, che devono perciò essere aiutati dal governo perché possano crearne. Per i “leopoldi” nella produzione della ricchezza sociale il lavoro è fattore assolutamente secondario e la sua remunerazione può essere mantenuta a livelli di sopravvivenza. La "centralità dell'impresa" che i berlusconidi rampanti volevano costituzionalizzare, cancellando lo scandalo della "repubblica fondata sul lavoro", viene per questa via posta alla base della nuova "costituzione materiale". Il Pd in questo modo cessa di essere un "partito della nazione" che come la migliore Dc programmaticamente mediava tra interessi sociali diversi e tra loro a volte contrapposti, o un partito democratico all'americana, articolata coalizione sociale ed etnica, ma il "partito del capitale e dell'impresa", considerati i primattori, anzi i mattatori di uno sviluppo a cui si chiede assai più quantità che qualità. Sono capitale ed impresa la guida naturale dell'intero corpo sociale e ai loro interessi deve essere piegata l'intera legislazione.
Ma stavolta al presidente del consiglio e comandante in capo del Pd non è andata bene. Il successo della manifestazione di Roma, l'ampiezza e la varietà delle partecipazioni dicono con chiarezza che Renzi ha sollevato un macigno per farselo ricadere sui piedi. Egli si aspettava un fallimento della giornata romana, una manifestazione di apparato e di pensionati (di nonni, diceva qualcuno) a testimoniare la residualità dell'opposizione "lavorista" alla nuova ideologia e alla nuova prassi e invece si è trovato davanti a tanti di quei giovani che hanno consigliato ai collaboratori del premier qualche segnale di moderazione (gli sberleffi arriveranno, ma solo stasera nell'intervento del capo, secondo lo stile di Mussolini e Bossi). Il successo della manifestazione non si deve affatto, a mio avviso, alle capacità e alla tenuta dei gruppi dirigenti Cgil, Camusso inclusa, che l'hanno decisa con riluttanza, come trascinati dalla provocazione governativa. Tantissimi manifestanti sono andati a Roma "nonostante la CGIL": lo hanno detto e lo hanno dichiarato. In ogni caso il successo carica di responsabilità la dirigenza sindacale, specie quella della FIOM, a cui tanti chiedono qualcosa di più di una dignitosa sconfitta, cioè la promozione - in forme tutte da inventare - di una forza politica di sinistra ampia e responsabile, capace di dare rappresentanza e voce al lavoro e di ottenere qualche vittoria, una sinistra molto rinnovata nei metodi, nello stile e nelle figure di rappresentanza, visto lo scarso credito di cui godono, a buona ragione e ad ogni livello centrale e locale, i gruppi dirigenti dei partitini dell'estrema e le correnti antirenziane del Pd.
E' già accaduto in molti paesi d'Europa e in Italia nel 1892, anno di costituzione del partito socialista, che fossero le Camere del Lavoro e i dirigenti delle organizzazioni operaie di mestiere mestiere a premere perché il lavoro avesse una diretta rappresentanza politica, di modo che i sindacati avessero una sponda nelle assemblee legislative. Credo che il problema si riproponga oggi, con molta forza.


Stato di fb, 26 ottobre 2014    

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