Che articolo commovente!
Beniamino Placido, che era stato alto funzionario della Camera, prima
di diventare “americanista” e divulgatore culturale, scrive di un
antico romanzo parlamentare e scherza sui deputati passati e
presenti, lasciando tuttavia trasparire un rispetto per la funzione e
una qualche umana comprensione per l'umanità che nei parlamenti
pulsa, nonostante tutto. Oggi non sarebbe più possibile, tanta è la
distruzione di etica, di credibilità che è intervenuta, e la cosa
rende la recensione ancora più lontana del romanzo di cui discorre,
un Petruccelli della Gattina del 1862. (S.L.L.)
Bettino Ricasoli |
Mai fidarsi dei titoli
dei libri, specie se si tratta di libri che non si sono letti. E meno
che mai dei ricordi vaghi, dei sentito dire, delle facili
associazioni di idee. E nemmeno delle introduzioni. O delle
recensioni (come questa).
I moribondi del
Palazzo Carignano di Ferdinando Petruccelli della Gattina, un
libro del 1862 che Rizzoli ripubblica adesso a distanza di
centovent'anni esatti passa per essere una descrizione anticipata e
veritiera della mediocrità perenne dell'ambiente parlamentare. E già
— si pensa (o si crede di ricordare, o si ha l'impressione di aver
letto da qualche parte) — Palazzo Carignano, a Torino, era la sede
del Parlamento subalpino. E se i suoi abitanti venivano definiti
«moribondi» già da Petruccelli della Gattinà, vuoi dire proprio
che il Parlamento...».
Ma è un pittoresco
equivoco. I fatti stanno in modo del tutto diverso.
Palazzo Carignano è, sì,
la sede del Parlamento piemontese: e vi si inaugura, il 18 febbraio
1861, l'VIII legislatura del Parlamento subalpino, la prima del
Parlamento italiano. Fra i 443 rappresentanti del popolo e 'è lui,
Petruccelli della Gattina.
Chi è questo estroso
personaggio («uno degli ingegni più originali e bizzarri del suo
tempo», come ebbe a definirlo Giustino Fortunato)? E' un patriota
meridionale. Un barone, che ha fermamente creduto, e coerentemente
operato per l'indipendenza e l'unità d'Italia.
Siccome i Borboni l'hanno
condannato a morte, lui — medico e giornalista — è vissuto a
lungo all'estero, soprattutto a Parigi. Adesso il collegio elettorale
(uninominale) di Brienza, in Lucania, lo elegge al primo Parlamento
italiano. Con una maggioranza schiacciante: ben 386 voti contro gli
87 del suo avversario.
Questo dovrebbe aiutarci
a ricordare che in quell'Italia appena liberata e unificata —
povera, agricola — votava solo il 2% della popolazione. E che in
quel primo Parlamento c'era di tutto — come si esprime il nostro —,
«il popolo eccetto».
A duello con
Nicotera
Come che sia, forte della
fiducia di ben 386 cittadini benestanti, Petruccelli della Gattina
entra in Palazzo Carignano, si guarda intorno — curioso —, e
manda una serie di corrispondenze al giornale parigino “La presse”.
Sono quelle corrispondenze che costituiscono questo libro, pubblicato
nel 1862.
I moribondi
provocò scalpore ed ebbe successo. Ma non per le ragioni
scandalistiche che si immaginano. E' vero: Depretis si offese e mandò
all'autore una sfida che non fu accolta. Nicotera si offese e mandò
all'autore una sfida a duello che fu raccolta. Ma quando Petruccelli
della Gattina definiva «moribondi» gli abitanti provvisori di
Palazzo Carignano — tutti — non intendeva insinuare che fossero —
tutti — degli infingardi morti di sonno e svuotati di energia.
Voleva dire semplicemente he quel Parlamento doveva sciogliersi e dar
luogo ad un altro, perché la corrente elettrica fra il popolo e i
suoi mandatari è rotta... Bisogna ristabilirla. Nuove elezioni sono
indispensabili...».
Eppure l'equivoco
perdura. Rischia (rischia grosso) di restarne prigioniero anche Folco
Portinari, quando attribuisce questo libro — di cui ha scritto una
eccellente introduzione — a quel «genere letterario del romanzo
antiparlamentare» che ha rappresentanti illustri (Fogazzaro, Oriani,
Verga, D'Annunzio) nel secondo Ottocento.
Ora, Folco Portinari è
un conoscitore finissimo ed attento di questa letteratura. Di
Petruccelli della Gattina, poi, è un curatore affettuoso. Qualche
anno fa pubblicò di lui, presso l'editore Fogola di Torino, un
curioso romanzo: Le Memorie di Giuda.
E poi, si sa tutto si può
dire, tutto si può sostenere, tutto si può attribuire. Ma per
attribuire I moribondi del Palazzo Carignano al genere
letterario antiparlamentare, bisogna tagliar via con le forbici — e
gettare nel fuoco, e aspettare che brucino — le ultime pagine, che
risuonano di un'apologia addirittura imbarazzante del Parlamento, («è
un corpo perfettamente organizzato, all'organismo forte, ai legami
potenti»...; «è il cuore che palpita ed indica che l'Italia una
vive, pensa, parla, vuole...»; «presi uno ad uno i deputati del
Parlamento italiano sono quanto l'Italia ha eletto fra i suoi figli
più eletti ed a niuno dei membri degli altri Parlamenti europei
secondi»...). E si potrebbe continuare, se non si temesse di
irritare il lettore.
Ma come si è potuto
creare questo equivoco? Com'è che I moribondi del Palazzo
Carignano è potuto diventare, nella nostra frettolosa memoria,
un testo esemplare del malumore antiparlamentare?
C'è un solo modo per
spiegarlo. Noi non amiamo tanto parlare del Parlamento, quanto
parlarne male. E non amiamo sentirne parlare se non per sentirne
parlar male. Questo pregiudizio deforma persino la memoria dei libri
che abbiamo letto. O che pensiamo di aver letto.
Tant'è vero che io
stesso temo — in questo preciso momento — di avere distolto più
di un lettore dall'idea di andare a cercare, a leggere il libro di
Petruccelli della Gattina. Peccato: è uno dei libri più divertenti
del nostro secondo Ottocento. Però posso — onestamente —
rincuorare il lettore. Si rassicuri. Se è così affezionato ai suoi
pregiudizi, qui c'è posto anche per quelli. Nei Moribondi del
Palazzo Carignano c'è anche una critica del mestiere
parlamentare. E dei parlamentari privilegi.
C'è una signora che
l'autore — neodeputato — incontra in treno, e che gli rinfaccia:
«Voi avete un palazzo principesco per andarvi a leggere i giornali,
parlare, fumare; senza parlare dell'acqua zuccherata a discrezione.
Voi siete ben riscaldati. Voi avete una biblioteca. Le ballerine del
Teatro Regio sono ghiotte di deputati, perché avete la riputazione
di gente ricca e non taccagna».
Come si vede, ci sono
tutte le accuse (meno quella dell'acqua zuccherata, che non risulta
venga somministrata gratuitamente ai deputati: non più) che vengono
sciorinate anche oggi nei confronti dei parlamentari (specialmente
sui treni).
Ricasoli gli piace
E l'autore — siamo
sempre sullo stesso treno — che risponde: Se sapesse, signora
mia... «Il mestiere di deputato, a farlo con coscienza, è un
mestiere da rendere ebete l'uomo lo più svegliato, a capo di tre
anni». E questo perché «il deputato è il domestico naturale, la
serva all'occorrenza dei suoi elettori».
Quindi la presa in giro
del Parlamento e dei parlamentari c'è, in questo libro «festevole e
sarcastico» (così lo definiva — ancora — Giustino Fortunato).
Ma il lettore che vuoi far festa con questo sarcasmo dovrà poi
andare oltre. Non se ne pentirà. Vedrà che la festa continua. Si
troverà in presenza di una delle descrizioni più colorite
dell'ambiente politico parlamentare di quel tempo.
E più sorprendenti,
anche. Petruccelli della Gattina arriva in Parlamento da sinistra:
per biografia, per cultura, per orientamento personale. Ma gli piace
la destra. Gli piace innanzitutto Cavour, che secondo lui ha salvato
Garibaldi e l'impresa dei mille, intervenendo al momento giusto.
Morto Cavour, dopo Cavour gli piace Ricasoli, che sembra uscire —
dice — da un ritratto di Dürer o di Giorgione.
Mentre non gli piace
Crispi («allorquando egli si alza per parlare, si direbbe che sia
per tirar fuori di tasca un paio di revolver»). Non gli piace
Depretis («è nato malfattore politico, come altri nasce poeta o
ladro»). Non gli piace — a quel punto — nemmeno Garibaldi
(«Garibaldi non è presente. Egli ha una capacità parlamentare
molto discutibile. E gli dispiace — nientedimeno — Francesco De
Sanetis, il grande storico della letteratura italiana. Di lui
riferisce: «L'ultima volta che parlò fece pietà. Si smarrì, perde
il filo dell'orazione mandata a memoria, bevve acqua zuccherata ad
anne-garvisi.....» (questa dell'acqua zuccherata è una componente
fissa di quel costume parlamentare. Dev' essere collegata
all'elezione per collegio uninominale).
I moribondi del
Palazzo Carignano è un libro divertito e divertente, pittoresco
sarcastico e festevole. Sul Parlamento. Ma non contro il Parlamento.
Meno che mai contro quel Parlamento risorgimentale.
Dai tempi di Petruccelli
della Gattina molti anni sono passati. E molta acqua (più o meno
zuccherata) è passata sotto i ponti. Ma i termini dell'eterna
diatriba sulla rappresentanza parlamentare sono rimasti pressappoco
gli stessi. La rappresentanza parlamentare è sempre migliore del
popolo che la esprime. La rappresentanza parlamentare è sempre
peggiore del popolo che la esprime. E infine: la rappresentanza
parlamentare è lo specchio esatto del popolo che la esprime.
Da che parte si
schiererebbe oggi Petruccelli della Gattinà? Credo che abbraccerebbe
quest'ultima tesi. Però potrebbe essere tentato anche da un'altra
ipotesi, di cui non so dare purtroppo le coordinate bibliografiche,
perché era accennata «en passant» in un romanzo giallo. Suonava
pressappoco cosi: il popolo tende sempre ad esprimere una
rappresentanza parlamentare leggermente al di sotto del suo livello.
Per potersi poi prendere il gusto di parlarne male. Specialmente sui
treni.
“la Repubblica”,
ritaglio senza data, ma 1982
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