10.10.14

Onorevole, lei beve troppa acqua zuccherata (Beniamino Placido)

Che articolo commovente! Beniamino Placido, che era stato alto funzionario della Camera, prima di diventare “americanista” e divulgatore culturale, scrive di un antico romanzo parlamentare e scherza sui deputati passati e presenti, lasciando tuttavia trasparire un rispetto per la funzione e una qualche umana comprensione per l'umanità che nei parlamenti pulsa, nonostante tutto. Oggi non sarebbe più possibile, tanta è la distruzione di etica, di credibilità che è intervenuta, e la cosa rende la recensione ancora più lontana del romanzo di cui discorre, un Petruccelli della Gattina del 1862. (S.L.L.)
Bettino Ricasoli
Mai fidarsi dei titoli dei libri, specie se si tratta di libri che non si sono letti. E meno che mai dei ricordi vaghi, dei sentito dire, delle facili associazioni di idee. E nemmeno delle introduzioni. O delle recensioni (come questa).
I moribondi del Palazzo Carignano di Ferdinando Petruccelli della Gattina, un libro del 1862 che Rizzoli ripubblica adesso a distanza di centovent'anni esatti passa per essere una descrizione anticipata e veritiera della mediocrità perenne dell'ambiente parlamentare. E già — si pensa (o si crede di ricordare, o si ha l'impressione di aver letto da qualche parte) — Palazzo Carignano, a Torino, era la sede del Parlamento subalpino. E se i suoi abitanti venivano definiti «moribondi» già da Petruccelli della Gattinà, vuoi dire proprio che il Parlamento...».
Ma è un pittoresco equivoco. I fatti stanno in modo del tutto diverso.
Palazzo Carignano è, sì, la sede del Parlamento piemontese: e vi si inaugura, il 18 febbraio 1861, l'VIII legislatura del Parlamento subalpino, la prima del Parlamento italiano. Fra i 443 rappresentanti del popolo e 'è lui, Petruccelli della Gattina.
Chi è questo estroso personaggio («uno degli ingegni più originali e bizzarri del suo tempo», come ebbe a definirlo Giustino Fortunato)? E' un patriota meridionale. Un barone, che ha fermamente creduto, e coerentemente operato per l'indipendenza e l'unità d'Italia.
Siccome i Borboni l'hanno condannato a morte, lui — medico e giornalista — è vissuto a lungo all'estero, soprattutto a Parigi. Adesso il collegio elettorale (uninominale) di Brienza, in Lucania, lo elegge al primo Parlamento italiano. Con una maggioranza schiacciante: ben 386 voti contro gli 87 del suo avversario.
Questo dovrebbe aiutarci a ricordare che in quell'Italia appena liberata e unificata — povera, agricola — votava solo il 2% della popolazione. E che in quel primo Parlamento c'era di tutto — come si esprime il nostro —, «il popolo eccetto».

A duello con Nicotera
Come che sia, forte della fiducia di ben 386 cittadini benestanti, Petruccelli della Gattina entra in Palazzo Carignano, si guarda intorno — curioso —, e manda una serie di corrispondenze al giornale parigino “La presse”. Sono quelle corrispondenze che costituiscono questo libro, pubblicato nel 1862.
I moribondi provocò scalpore ed ebbe successo. Ma non per le ragioni scandalistiche che si immaginano. E' vero: Depretis si offese e mandò all'autore una sfida che non fu accolta. Nicotera si offese e mandò all'autore una sfida a duello che fu raccolta. Ma quando Petruccelli della Gattina definiva «moribondi» gli abitanti provvisori di Palazzo Carignano — tutti — non intendeva insinuare che fossero — tutti — degli infingardi morti di sonno e svuotati di energia. Voleva dire semplicemente he quel Parlamento doveva sciogliersi e dar luogo ad un altro, perché la corrente elettrica fra il popolo e i suoi mandatari è rotta... Bisogna ristabilirla. Nuove elezioni sono indispensabili...».
Eppure l'equivoco perdura. Rischia (rischia grosso) di restarne prigioniero anche Folco Portinari, quando attribuisce questo libro — di cui ha scritto una eccellente introduzione — a quel «genere letterario del romanzo antiparlamentare» che ha rappresentanti illustri (Fogazzaro, Oriani, Verga, D'Annunzio) nel secondo Ottocento.
Ora, Folco Portinari è un conoscitore finissimo ed attento di questa letteratura. Di Petruccelli della Gattina, poi, è un curatore affettuoso. Qualche anno fa pubblicò di lui, presso l'editore Fogola di Torino, un curioso romanzo: Le Memorie di Giuda.
E poi, si sa tutto si può dire, tutto si può sostenere, tutto si può attribuire. Ma per attribuire I moribondi del Palazzo Carignano al genere letterario antiparlamentare, bisogna tagliar via con le forbici — e gettare nel fuoco, e aspettare che brucino — le ultime pagine, che risuonano di un'apologia addirittura imbarazzante del Parlamento, («è un corpo perfettamente organizzato, all'organismo forte, ai legami potenti»...; «è il cuore che palpita ed indica che l'Italia una vive, pensa, parla, vuole...»; «presi uno ad uno i deputati del Parlamento italiano sono quanto l'Italia ha eletto fra i suoi figli più eletti ed a niuno dei membri degli altri Parlamenti europei secondi»...). E si potrebbe continuare, se non si temesse di irritare il lettore.
Ma come si è potuto creare questo equivoco? Com'è che I moribondi del Palazzo Carignano è potuto diventare, nella nostra frettolosa memoria, un testo esemplare del malumore antiparlamentare?
C'è un solo modo per spiegarlo. Noi non amiamo tanto parlare del Parlamento, quanto parlarne male. E non amiamo sentirne parlare se non per sentirne parlar male. Questo pregiudizio deforma persino la memoria dei libri che abbiamo letto. O che pensiamo di aver letto.
Tant'è vero che io stesso temo — in questo preciso momento — di avere distolto più di un lettore dall'idea di andare a cercare, a leggere il libro di Petruccelli della Gattina. Peccato: è uno dei libri più divertenti del nostro secondo Ottocento. Però posso — onestamente — rincuorare il lettore. Si rassicuri. Se è così affezionato ai suoi pregiudizi, qui c'è posto anche per quelli. Nei Moribondi del Palazzo Carignano c'è anche una critica del mestiere parlamentare. E dei parlamentari privilegi.
C'è una signora che l'autore — neodeputato — incontra in treno, e che gli rinfaccia: «Voi avete un palazzo principesco per andarvi a leggere i giornali, parlare, fumare; senza parlare dell'acqua zuccherata a discrezione. Voi siete ben riscaldati. Voi avete una biblioteca. Le ballerine del Teatro Regio sono ghiotte di deputati, perché avete la riputazione di gente ricca e non taccagna».
Come si vede, ci sono tutte le accuse (meno quella dell'acqua zuccherata, che non risulta venga somministrata gratuitamente ai deputati: non più) che vengono sciorinate anche oggi nei confronti dei parlamentari (specialmente sui treni).

Ricasoli gli piace
E l'autore — siamo sempre sullo stesso treno — che risponde: Se sapesse, signora mia... «Il mestiere di deputato, a farlo con coscienza, è un mestiere da rendere ebete l'uomo lo più svegliato, a capo di tre anni». E questo perché «il deputato è il domestico naturale, la serva all'occorrenza dei suoi elettori».
Quindi la presa in giro del Parlamento e dei parlamentari c'è, in questo libro «festevole e sarcastico» (così lo definiva — ancora — Giustino Fortunato). Ma il lettore che vuoi far festa con questo sarcasmo dovrà poi andare oltre. Non se ne pentirà. Vedrà che la festa continua. Si troverà in presenza di una delle descrizioni più colorite dell'ambiente politico parlamentare di quel tempo.
E più sorprendenti, anche. Petruccelli della Gattina arriva in Parlamento da sinistra: per biografia, per cultura, per orientamento personale. Ma gli piace la destra. Gli piace innanzitutto Cavour, che secondo lui ha salvato Garibaldi e l'impresa dei mille, intervenendo al momento giusto. Morto Cavour, dopo Cavour gli piace Ricasoli, che sembra uscire — dice — da un ritratto di Dürer o di Giorgione.
Mentre non gli piace Crispi («allorquando egli si alza per parlare, si direbbe che sia per tirar fuori di tasca un paio di revolver»). Non gli piace Depretis («è nato malfattore politico, come altri nasce poeta o ladro»). Non gli piace — a quel punto — nemmeno Garibaldi («Garibaldi non è presente. Egli ha una capacità parlamentare molto discutibile. E gli dispiace — nientedimeno — Francesco De Sanetis, il grande storico della letteratura italiana. Di lui riferisce: «L'ultima volta che parlò fece pietà. Si smarrì, perde il filo dell'orazione mandata a memoria, bevve acqua zuccherata ad anne-garvisi.....» (questa dell'acqua zuccherata è una componente fissa di quel costume parlamentare. Dev' essere collegata all'elezione per collegio uninominale).
I moribondi del Palazzo Carignano è un libro divertito e divertente, pittoresco sarcastico e festevole. Sul Parlamento. Ma non contro il Parlamento. Meno che mai contro quel Parlamento risorgimentale.
Dai tempi di Petruccelli della Gattina molti anni sono passati. E molta acqua (più o meno zuccherata) è passata sotto i ponti. Ma i termini dell'eterna diatriba sulla rappresentanza parlamentare sono rimasti pressappoco gli stessi. La rappresentanza parlamentare è sempre migliore del popolo che la esprime. La rappresentanza parlamentare è sempre peggiore del popolo che la esprime. E infine: la rappresentanza parlamentare è lo specchio esatto del popolo che la esprime.
Da che parte si schiererebbe oggi Petruccelli della Gattinà? Credo che abbraccerebbe quest'ultima tesi. Però potrebbe essere tentato anche da un'altra ipotesi, di cui non so dare purtroppo le coordinate bibliografiche, perché era accennata «en passant» in un romanzo giallo. Suonava pressappoco cosi: il popolo tende sempre ad esprimere una rappresentanza parlamentare leggermente al di sotto del suo livello. Per potersi poi prendere il gusto di parlarne male. Specialmente sui treni.


“la Repubblica”, ritaglio senza data, ma 1982

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