8.11.14

La libertà di papa Pecci

I brani che seguono sono tratti da un'Enciclica di Leone XIII, pontefice romano dal 1878 al 1903, il Pecci che era vescovo a Perugia al tempo delle stragi compiute dai mercenari papalini (giugno 1859). Qualche ardito esponente cattolico perugino gli attribuisce, insieme alle aperture sociali (la Rerum novarum), un peculiare liberalismo. A giudicare da quanto qui si può leggere codesto liberalismo doveva essere molto, molto peculiare. (S.L.L.)

In primo luogo notiamo nelle singole persone un atteggiamento che è profondamente contrario alla virtù religiosa, ossia la cosiddetta libertà di culto. Questa libertà si fonda sul principio che è facoltà di ognuno professare la religione che gli piace, oppure di non professarne alcuna… La stessa libertà, se considerata nell’ambito della società, pretende che lo Stato non faccia propria alcuna forma di culto divino e non voglia professarlo pubblicamente; pretende che nessun culto sia anteposto ad un altro, ma che tutti abbiano gli stessi diritti, senza tener conto della volontà popolare, se il popolo si dichiara cattolico…
[è invece] necessario che la società civile, proprio in quanto società, riconosca Dio come padre e creatore suo proprio, e che tema e veneri il suo potere e la sua sovranità. Pertanto, la giustizia e la ragione vietano che lo Stato sia ateo o che – cadendo di nuovo nell’ateismo – conceda la stessa desiderata cittadinanza a tutte le cosiddette religioni, e gli stessi diritti ad ognuna indistintamente.
Dunque, dal momento che è necessaria la professione di una sola religione nello Stato, è necessario praticare quella che è unicamente vera e che non è difficile riconoscere, soprattutto nei Paesi cattolici, per le note di verità che in essa appaiono suggellate…


Leone XIII, Enciclica Libertas (1888)

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