I
brani che seguono sono tratti da un'Enciclica di Leone XIII,
pontefice romano dal 1878 al 1903, il Pecci che era vescovo a
Perugia al tempo delle stragi compiute dai mercenari papalini (giugno 1859). Qualche ardito esponente cattolico perugino gli
attribuisce, insieme alle aperture sociali (la Rerum
novarum), un peculiare
liberalismo. A giudicare da quanto qui si può leggere codesto
liberalismo doveva essere molto, molto peculiare. (S.L.L.)
In primo luogo notiamo
nelle singole persone un atteggiamento che è profondamente contrario
alla virtù religiosa, ossia la cosiddetta libertà di culto. Questa
libertà si fonda sul principio che è facoltà di ognuno professare
la religione che gli piace, oppure di non professarne alcuna… La
stessa libertà, se considerata nell’ambito della società,
pretende che lo Stato non faccia propria alcuna forma di culto divino
e non voglia professarlo pubblicamente; pretende che nessun culto sia
anteposto ad un altro, ma che tutti abbiano gli stessi diritti, senza
tener conto della volontà popolare, se il popolo si dichiara
cattolico…
[è invece] necessario
che la società civile, proprio in quanto società, riconosca Dio
come padre e creatore suo proprio, e che tema e veneri il suo potere
e la sua sovranità. Pertanto, la giustizia e la ragione vietano che
lo Stato sia ateo o che – cadendo di nuovo nell’ateismo –
conceda la stessa desiderata cittadinanza a tutte le cosiddette
religioni, e gli stessi diritti ad ognuna indistintamente.
Dunque, dal momento che è necessaria la professione di una sola religione nello Stato, è necessario praticare quella che è unicamente vera e che non è difficile riconoscere, soprattutto nei Paesi cattolici, per le note di verità che in essa appaiono suggellate…
Dunque, dal momento che è necessaria la professione di una sola religione nello Stato, è necessario praticare quella che è unicamente vera e che non è difficile riconoscere, soprattutto nei Paesi cattolici, per le note di verità che in essa appaiono suggellate…
Leone XIII, Enciclica
Libertas (1888)
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