Maria Romanelli è una
mia simpatica conoscenza telematica, con cui scambio tramite fb
scampoli di dialogo, saluti, auguri, link. L'altro giorno - era il
suo compleanno – ho scoperto che i più intimi la chiamano “Pina”,
il che (come sotto spiego) mi ha riportato alla mente immagini della primissima infanzia. Le ho perciò dedicato le righe che ho
scritto e qui ripropongo lievemente rimaneggiate. (S.L.L.)
Conobbi, bimbo, una
sorella di mia bisnonna di nome Maria. Vedova, senza figli, coperta
da un antico scialle, nero, veniva a trovare la mia giovanissima
mamma. La cosa che più ricordo, oltre all'abito nero e allo scialle,
è che, quando ero malato (ai bambini capita), mi teneva in braccio
infagottato per farmi sudare, convinta che così si combattesse la
febbre e la malattia.
Al mio paese c'è un modo
affettuoso di chiamare gli zii e le zie (e anche i prozii e le
prozie): si dice pinu e pina. E la cosa non ha alcun
rapporto con il nome di Giuseppe o Giuseppina: lo zio Melchiorre è
pinu Marsioni, la zia
Elisabetta è pina Sabé. Ziu o il tronco zì,
zia o il tronco zà, come
apposizione, spesso non hanno invece il valore di zio, ma sono
appellativi di rispetto, che si estendono a persone senza alcun
legame di parentela. Accadeva così che si chiamasse zì Totò
il cartolaio di nome Salvatore dove acquistavi inchiostro e pennini,
e pinu Totò il proprio zio paterno che portava lo stesso
nome. Quella vecchissima zia, dunque, da mia madre, mia nonna e anche
da me era chiamata pina Marì.
Ho scoperto, qui sul tuo
diario, che qualcuno chiama Pina anche te, cara Maria Romanelli.
L'accostamento di Pina e Maria ha fatto riaffiorare in me questo ricordo,
uno dei più lontani. Te ne ringrazio e te lo regalo per il
compleanno. Tante cose belle a te e a tutti i tuoi cari.
Da fb, 24 novembre 2014
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