E' l'inizio
dell'intervento di Alberto Mario Cirese a un convegno nuorese sul
cibo del 2002, in concomitanza con una rassegna di film etnografici.
Cirese, scomparso a 90 anni nel 2011, fu un valoroso antropologo
della scuola di Ernesto De Martino e collaborò strettamente col
Nuova Canzoniere Italiano negli anni Sessanta del '900. (S.L.L.)
Alberto Mario Cirese |
Ricordo – cos’altro
mai si fa, cogli anni, se non questo? – ricordo che il mio primo
incontro col cibo come tema fu in Molise, metà Anni cinquanta,
quando mi dedicai a scrivere una parte della storia di quella terra.
La memoria in verità andrebbe assai più indietro se si volgesse al
cibo come cibo, mangiato, cioè, e non solo parlato o pensato: le
grandi fette di pane della mia Marsica nativa, di acqua e di farina e
di patate, e quelle gialle di uova a Pasqua, e dolci, sulle pendici
del Monte Salviano, verso la Madonna di Pietraquaria; o anche, negli
stessi anni d’infanzia, le grandi tazze estive di latte di capra in
Molise, e la pizza de rantìnie, la focaccia di farina di
granturco cotta sotto la cenere nel camino di nonna Rosina a
Castropignano. Sotto la cenere, proprio come la focaccia detta
appunto cinerìcia di cui più tardi lessi nelle pagine del
grande illuminista settecentesco molisano Giuseppe Maria Galanti: vi
si diceva che quel cibo che mi era familiare dall’infanzia era dei
poveri ed era nato per sfuggire alle tasse feudali sui forni. Vidi
pure che quella pizza, con quel suo modo di cottura, torna altre
volte negli scritti quasi a emblema della miserrima vita del mondo
popolare molisano, assieme però alla menzione delle grandi mangiate
in talune feste o in tempo di mietitura; onde nella sua bella
inchiesta sulle condizioni economiche del Basso Molise, pubblicata
nel 1907, Errico Presutti acutamente assunse come “terribile indice
di miseria” “la grande elasticità” dello stomaco dei molisani
che, “come quello di tutti i miseri", era capace di resistere
così “al digiuno invernale”, come “agli abbondanti pasti
dell’estate”.
Questo accostamento
iniziale al tema del cibo, in chiave “sociale”, non ebbe seguito,
anche se mi è accaduto di rammentarlo (con qualche commozione) quasi
ogni volta che sono tornato ad occuparmi di cose molisane.
dall'Archivio in Rete di Alberto M. Cirese
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