Nei giorni scorsi
c'eravamo assuefatti a vedere politicanti televisivi, con Salvini in
testa, che imputavano all'immigrazione le schifose e criminali
speculazioni di quella che è stata definita “Mafia Capitale”. Da
veri e propri “canazzi di vuccirìa” mettevano a carico
degli “invasori” lo sviluppo del grande giro di affari loschi e
corruzione politico-amministrativa che l'indagine prospetta. Ora vedo
su “L'Espresso” un articolo di Lirio Abbate che denuncia gli
agganci del clan Buzzi-Carminati tra politicanti e burocrati alti e
medi non solo a Roma e fa intravedere il progetto di estendere ad
altre contrade il raggio d'azione. Da qui il titolo allarmato e
allarmante: VOLEVANO TUTTA L'ITALIA.
Qualcosa
tuttavia non quadra. Ad illustrare quel titolo è stata utilizzata
una foto dell'intervento di soccorso Mare Nostrum, con
lo sbarco a terra di donne afroasiatiche sopravvissute al naufragio.
La didascalia, svelando la superficialità del nesso con i contenuti
dell'articolo, così recita: “Immagine dell'operazione Mare
Nostrum. I profughi per il clan erano business”. E nondimeno quel
titolo piazzato lì, su quella foto (e non, per esempio, con la foto
della celebre cena, emblematica del diffuso “magna magna”),
suggerisce – certo involontariamente – che a volersi prendere
tutta l'Italia siano, tra gli altri, gli immigrati.
Non
voglio attribuire razzismi e xenofobie inconsce a titolisti e impaginatori del
settimanale romano (l'autore dell'articolo in questi casi non
c'entra), ma sono temi delicati e una maggiore attenzione e
professionalità non guasterebbe. Tanto più che della
polemica leghista fa parte la
denuncia di quanti milioni ci costa l'accoglienza di naufraghi e
profughi, considerati parassiti e approfittatori. Con quelle risorse
– dicono – si potrebbero fare tante buone cose per gli italiani.
E'
vero che l'accoglienza costa. Chiedere all'Unione Europea di pagare
la sua parte per la gestione del problema (che talora diventa
“emergenza” per le tragedie economiche e militari che continuano
a funestare molti paesi d'Asia e d'Africa) è cosa che i governi
italiani dovrebbero fare di più e meglio; ma l'accoglienza resta un
dovere di un paese civile ove arrivano masse di disperati. In ogni
caso, i soldi spesi per offrire tetto, cibo e assistenza ai profughi
valgono per il prestigio internazionale assai più di quelli sprecati
nel potenziamento degli armamenti o in missioni militari “umanitarie”
inutili, quando non dannose.
In
verità – così mi dicono i competenti – la spesa impegnata
dall'Italia nelle attività di soccorso, di accoglienza e di
controllo non è affatto alta, se si considera il numero delle
persone che arrivano e la mancanza di strutture adeguate. Il problema
è che l'esternalizzazione di queste attività e il loro affidamento
a organizzazioni che restano private, anche quando sono cooperative e
si dichiarano senza fini di lucro, ha favorito il malaffare e la
penetrazione mafiosa. Se codeste attività fossero state gestite in
proprio dallo Stato, ci sarebbero state molte meno ruberie e
sarebbero state svolte con maggiore efficienza. Si poteva affidarle, per esempio, ai carabinieri, addestrando alla bisogna
gruppi specializzati nell'assistenza; o, se si temeva la
“militarizzazione”, si poteva costruire una struttura civile “ad
hoc”. Ma non si doveva usare la disperazione per alimentare illegali mangiatoie.
Occorre
in ogni caso dirlo e gridarlo: dei crimini della Mafia Capitale gli
immigrati e i profughi sono le principali vittime. L'affare d'oro che
i farabutti festeggiano nelle emergenze lo realizzano proprio derubando questi poveracci, sul loro alloggio, sul loro vitto, sulla
loro assistenza sanitaria. I sovraffollamenti, la sporcizia e e altre
sofferenze dei profughi accolti nei centri sono in gran parte
imputabili alla rapacità dei Carminati e di altri
consimili individui.
Da ultimo va aggiunto che anche le persone provenienti da categorie disgraziate che lavorano nelle “cooperative sociali”, ex carcerati, ex drogati o altri emarginati, da qualcuno accusati di “togliere il lavoro alle persone perbene”, sono quasi sempre dei supersfruttati, delle cui condizioni di debolezza si approfitta. Con loro i mafiosi a capo delle strutture spesso non rispettano i contratti, non curano la sicurezza, non pagano gli straordinari, sottraendo reddito e diritti a più non posso. In alcune di codeste “imprese senza fini di lucro” è d'uso addirittura il pizzo: quando i lavoratori ricevono l'assegno, versano ai capi una percentuale in contanti. Occorrerebbe far tacere la canea che vorrebbe approfittare dell'inchiesta romana per mettere fine a ogni progetto di reinserimento nel lavoro. Gli ex carcerati, i drogati eccetera della Mafia Capitale sono vittime. Esattamente come i profughi e gli immigrati. E come tutti gli onesti cittadini.
Da ultimo va aggiunto che anche le persone provenienti da categorie disgraziate che lavorano nelle “cooperative sociali”, ex carcerati, ex drogati o altri emarginati, da qualcuno accusati di “togliere il lavoro alle persone perbene”, sono quasi sempre dei supersfruttati, delle cui condizioni di debolezza si approfitta. Con loro i mafiosi a capo delle strutture spesso non rispettano i contratti, non curano la sicurezza, non pagano gli straordinari, sottraendo reddito e diritti a più non posso. In alcune di codeste “imprese senza fini di lucro” è d'uso addirittura il pizzo: quando i lavoratori ricevono l'assegno, versano ai capi una percentuale in contanti. Occorrerebbe far tacere la canea che vorrebbe approfittare dell'inchiesta romana per mettere fine a ogni progetto di reinserimento nel lavoro. Gli ex carcerati, i drogati eccetera della Mafia Capitale sono vittime. Esattamente come i profughi e gli immigrati. E come tutti gli onesti cittadini.
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