Natal’ja
Gončarova, Aeroplano sulla città (1913), Museo nazionale Kazan
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Le finestre frantumarono l'infernaccio
della città
in minuscoli infernucci succhianti con
le luci.
Rossicci diavoli, si impennavano le
automobili,
facendo esplodere le trombe proprio
sull'orecchio.
E là, sotto l'insegna con le aringhe
di Kerc,
un vecchietto stravolto cercava tastoni
i suoi occhiali
e ruppe in lacrime quando, nel tifone
del vespro,
un tram di rincorsa sbatté le pupille.
Nei buchi dei grattacieli, ove ardeva
il minerale
e il ferro dei treni ingombrava il
passaggio,
un aeroplano lanciò un grido e cadde
là dove al sole ferito colava
l'occhio.
E allora ormai - sgualcite le coltri
dei lampioni -
la notte si diede al piacere, oscena e
ubriaca,
mentre dietro i soli delle vie in
qualche luogo zoppicava,
non necessaria a nessuno, la flaccida
luna.
Da Poesia russa del Novecento,
Feltrinelli – Traduzione di Angelo Maria Ripellino
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