25.1.15

L'Eros del ricco è sempre più bello (Nicola Tranfaglia)

Museo del Louvre, Gabrielle d'Estrées et una delle sue sorelle (la Duchessa de Vilars?)
Ha scritto Paul Valéry nei suoi Cahiers: «L'amore, indubbiamente, val la pena di farlo... Ma come occupazione intellettuale, o soggetto di romanzi o di analisi, è tradizionale e irritante, tanto più che non ci si dimentica mai di legarlo alla fecondazione. Della quale è un incidente, un episodio, un diversivo...». Gli storici occidentali sembrano essere stati, negli ultimi due secoli, della medesima opinione. Quantunque pittori e letterati ci abbiano lasciato, dal Medioevo ad oggi, testimonianze sterminate sulla storia del sesso e dell'amore, il problema è stato completamente rimosso. Del passato sono stati diffusi aneddoti, episodi strani o emozionali; e si è lasciato alla letteratura d'evasione il compito di ricordare ai contemporanei differenze e ricorsi nelle vicende sessuali e sentimentali dei tempi trascorsi, con una netta prevalenza (come è ovvio) dei fatti legati a protagonisti della scena politica o letteraria, o di racconti poco fondati, ma capaci di catturare, per qualche particolare straordinario, l'attenzione.
Poi, lentamente, sono apparse le prime ricerche attendibili. Se ne sono occupati, quasi di straforo, studiosi della Chiesa e della vita, religiosa (e lo testimonia da ultimo l'interessante numero monografico di Quaderni storici, dedicato alle religioni delle classi popolari.), storici della magistratura, storici della mentalità collettiva, soprattutto in Ftoameia e nei paesi anglosassoni. E' arrivata poi l'applicazione dei metodi quantitativi ala storia sociale: nascite, morti, matrimoni, rapporti sessuali. L'irruzione della psicoanalisì, della sua influenza (diretta e indiretta) nella ricerca storica ha infine accelerato il proccisso di appropriazione da parte degli storici di un problema a lungo snobbato o rimosso. Nella stessa direzione hanno operato a loro volta il femminismo, la questione omosessuale, la crisi delle ideologie rigide e teleologiche (a cominciare dal marxismo). Così nell'ultimo ventennio, soprattutto fuori d'Italia, si sono moltiplicate le indagini e le ipotesi su sesso e amore in una prospettiva storica.
Gli interrogativi si sono precisati. Che rapporto esiste tra l'organizzazione della repressione sessuale e lo sviluppo dello Stato moderno? In che senso, e in quali limiti, le differenze di classe hanno pesato sulla sfera individuale che racchiude la concezione e la pratica dell'amore? Quale ruolo eserccitano l'eroitismo e la prostituzione organizzata un una società caratterizzata appunto dalla repressione sessuale? A queste e ad altre domande si è incominciato a rispondere con una serie di ricerche.
Siamo già in grado di fornire una sintesi soddisfacente di questi studi, un'interpretazione dei problemi tale da sostituire o precisare le ipotesi lanciate da Freud e sviluppate, ad esempio, da Reich in una direzione affascinante? Personalmente ho qualche dubbio, ma tdi diverso avviso è Jacques Solé, autore di una Storia dell'amore e del sesso nell' età moderna, che l'editore Latarza pubblica in questi giorni.
Non gli si può dare del tutto torto. Il libro che Solé ha messo insieme, sorvendosi di fonti lettenarie e artistiche (dando peraltro un peso eccessivo a quelle francesi rispetto alle altre), ma anche di tutti gli studi apparsi in questi anni sulle “Annales” e sulle riviste inglesi o tedesche dedicate alila storia sociale, suscita più problemi di quanti ne risolva, su più di una questione è oscillante o contraddittorio, si perde spesso nell'enumerazione di episodi di per sé poco significativi. Tuttavia esso ha due meriti indiscutibili. Anzitutto, è uno stimolo notevole all'allargamento e allo sviluppo di queste ricerche in un paese come il nostro, dove la rimozione del tema è ancora dominante, i pregiudizi nel mondo accademico sono forti, il lavoro da fare immenso. Poi, l'autore scrive per tutti: una scrittura chiara, limpida, non di rado piacevole, conduce il lettore all'interno di una narrazione che copre l'arco di sei o sette secoli, passando dalla Normandia all'Italia centrale, dalla Svezia alla Spagna cattolica, dalla Germania contadina all'Inghilterra puritana.
Le conclusioni sono necessariamente parziali: ma vale la pena di fermarsi su alcune di esse per la luce che gettano sull'uno o l'altro interrogativo cui ho accennato prima.
Solé è convinto, ad esempio, che l'estrema giovinezza degli sposi, agli albori dell'età moderna, sia un mito sociologico: in lealtà, egli afferma, i matrimoni erano tardivi. Lo provano le ricerche più recenti condotte sull'argomento; e le fonti letterarie e memorialistiche lo confermano, soprattutto per quanto riguarda le classi popolari. «Ciò che la nobiltà trovava di stupendo nel matrimonio tardivo riservato ai poveri», scrive lo studioso francese, «era il fatto ch'esso ne limitasse a un tempo il numero e i piaceri; unito alla repressione della sessualità illegittima, mediante un sottilissimo gioco di rapporti di classe, esso infatti condannava i poveri ad amare meno, meno presto e meno a lungo dei ricchi».
Anche su altri aspetti, l'opera di Solé appare utile e interessante. Manca invece (e forse non poteva essere altrimenti) un'ipotesi complessiva capace di offrire una spiegazione articolata del processo storico che, dal Medioevo ad oggi, ha caratterizzato il ruolo del sesso e dell'amore nella società occidentale Solé sottolinea a ragione l'influenza esercitata sia dalle chiese cristiane, sia dallo Stato moderno, sia, ancora, dall'ideologia borghese-capitalistica nell'irrigidire l'ordinamento sessuale, limitare e addirittura vanificare la libertà dei singoli, fondare quei miti dell'erotismo che agiscono come elementi sostitutivi e compensativi di quel che la repressione generalizzata vieta. Ma non s'avventura a porre questi fattori in una connessione tale da trarne indicazioni per un modello comprensivo, ammesso e non concesso che a un simile modello si possa un giorno arrivare.
Si preoccupa piuttosto di sfatare leggende e luoghi comuni consolidati nei secoli e di comunicare al lettere una nostalgia singolare, a volte un vero e proprio rimpianto, per la società contadina e per quella medioevale. Anche a Solé, come ad altri storici legati in qualche modo alle “Annales”, la società del capitalismo e dell'etica protestante piace assai poco.


“la Repubblica”, 19 ottobre 1979

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