25.1.15

Le metamorfosi di Cappuccetto Rosso (Francesca Lazzarato)

The trials and tribulations of Little Red Rifing Hood (Routledge) è il titolo di una corposa antologia curata nel 1993 da Jack Zipes, germanista illustre e grande studioso della fiaba popolare, che ha riunito in un unico volume dozzine di differenti Cappuccetto Rosso, fiaba nota soprattutto grazie alle versioni dei fratelli Grimm e di Charles Perrault, ma della quale esistono infinite varianti, raccolte dai folkloristi tanto all’interno di una medesima nazione quanto in luoghi lontanissimi tra loro. Le storie che Zipes commenta nel saggio di apertura, però, sono quasi tutte d’autore, e cioè rielaborate da scrittori più o meno noti, da Alphonse Daudet a Walter de la Mare, dall’umorista francese Pierre Cami all’inglese Angela Carter, dalla poetessa americana Anne Sexton a James Thurber, fino a famosi autori per l’infanzia come Tomi Ungerer, Gianni Rodari o Tony Ross. Il libro rappresenta, dunque, una storia letteraria delle tante trasformazioni subite nel corso da un racconto molto antico che è parte integrante dell’immaginario non solo occidentale, e che, oltre ad ammonire i bambini di altre epoche sul rischio oggettivo di avventurarsi in boschi pieni di belve affamate (come nota Marc Soriano nel suo bellissimo saggio Les contes de Perrault, Gallimard 1977), affronta attraverso simboli e metafore temi come la seduzione di fanciulline innocenti, lo stupro e le fantasie maschili e femminili al riguardo.
Quelle citate da Zipes sono però solo una minima parte delle manipolazioni, riscritture, adattamenti,
apocrifi e parodie di Cappuccetto Rosso, come testimonia, tanto per fare un esempio, il primo episodio di una nuova serie televisiva americana, Grimm, che prende spunto dalle fiabe più famose dei Kinder und Hausmärchen e le trasforma in racconti gotico-polizieschi. Tralasciando gli usi e riusi della pubblicità e dell’illustrazione, l’assunzione nell’Olimpo delle frasi celebri («Per mangiarti meglio!»), i rifacimenti cinematografici anche recentissimi e le interpretazioni psicoanalitiche, ci sarebbero da citare centinaia di scrittori e di re-teller… Ma per stavolta limitiamoci a un solo nome, quello di Carmen Martin Gaite (1925- 2000), grande voce della letteratura spagnola del periodo successivo alla guerra civile, di cui la editrice Siruela sta ripubblicando, da un anno a questa parte, l’intera opera.
Della Martin Gaite i lettori italiani conoscono alcuni bei romanzi pubblicati in passato da Giunti e dalla Tartaruga, gli stessi che i giovani autori spagnoli, come Marcos Giralt Torrent, riscoprono oggi
con grande interesse. E già noto da noi è anche Cappuccetto Rosso a Manhattan che Salani ripropone nella bella traduzione di Michela Finassi Parolo, corredato dai disegnini in bianco e nero eseguiti dall’autrice in persona: è la terza volta, infatti, che questo libro pensato per i piccoli come per i grandi (la collana di Siruela in cui fu a suo tempo pubblicato in lingua originale, si intitola non a caso Las tres edades) fa la sua apparizione a distanza di anni dopo essere transitato per La Tartaruga (1993) e Mondadori (1999).
E così, finalmente, le ragazzine dai dieci anni in su (e, si spera, anche i loro genitori), potranno conoscere questa deliziosa, allegrissima versione di Cappuccetto, la cui protagonista è la bambina Sara Allen che vive a Brooklyn con un padre idraulico e una madre ossessivamente dedita alla confezione di torte, veste di rosso e ha una nonna sistemata in un confortevole appartamentino nel cuore della città.
Di carattere intrepido e notevolmente incline all’avventura e alle fantasticherie, Sara dovrà attraversare una vero e proprio «bosco metropolitano» – ossia Manhattan, l’isola a forma di prosciutto che tanto la attira – per portare una torta alle fragole alla sua effervescente nonnetta. Ma invece di ritrovarsi a cogliere fiori sotto gli occhi di un lupo fintamente cortese, si perderà nella metropolitana e farà un’esperienza che si sposa alla sua parola preferita, la prima che ha imparato a scrivere e a compitare: libertà. La sua libertà, ma anche quella di Gloria Starr, la nonna, anziana ex cantante che non rinuncia alla passione e detesta le convenzioni, e quella di Miss Lunatic, la barbona misteriosa che vaga di notte per la città spingendo una carrozzina per neonati e assomiglia a una strega dai capelli arruffati e dall’abito cencioso. Sarà Miss Lunatic, figura chiave della storia, a mostrare a Sara quello che si nasconde dietro il sipario della realtà così come i «grandi» ce la presentano, e farle capire cosa significhi davvero essere liberi: per esempio darsi tempo, non avere fretta, osservare, prestare attenzione agli altri, permettersi il lusso della curiosità, della compassione, della sincerità, della memoria, non essere condizionati né dal lusso né dal bisogno. Accompagnata da questa aiutante magica la cui vera identità è una delle sorprese finali del libro (Miss Lunatic è in realtà il nume tutelare che veglia su Manhattan e sull’America, e che mantiene accesa una famosissima fiaccola) Sarà trascorrerà una notte di vagabondaggi e apparizioni, inclusa quella di una Kathleen Turner ancora bellissima che scende da una lucente limousine. E alla fine la Cappuccetto di Brooklyn, grazie alla torta galeotta, riuscirà ad attirare il lupo giusto, il triste e solitario mister Woolf, padrone di un grattacielo-pasticceria e pronto a innamorarsi perdutamente di nonna Gloria.
In questo modo la fiaba di Perrault e dei Grimm ribalta la sua minacciosa morale (non sempre si deve aver paura dei lupi, che anzi possono fare la felicità di qualche vecchia signora; non sempre bisogna rinunciare ai sogni in nome dell’obbedienza; non sempre conviene essere bambine modello) e la sua protagonista non viene né divorata né salvata da un aitante maschio di passaggio, ma impara a scegliere da sola: grazie al potere delle parole - prima fra tutte una che lei stessa ha inventato, «miranfù» – potrà esercitare fino in fondo la sua libertà.
E la libertà più grande, le ha appena insegnato Miss Lunatic, è quella di raccontare e raccontarsi («non ho mai trovato niente di più importante dell’ascoltare storie»), di imparare a usare il linguaggio in tutte le sue sfumature. Una lezione meravigliosa, che tutte le Cappuccetto dei nostri giorni dovrebbero imparare, visto che a loro toccherà attraversare boschi ben più pericolosi, abitati da lupi che le vogliono levigate e ritoccate, fuse in un medesimo stampo e issate su trampoli tacco dodici, pronte a candidarsi imparzialmente a un posto di valletta o a uno di deputata. Ma non è a queste bambole di gomma che appartiene il futuro, continua a dirci la Martin Gaite: è alle libere bambine come Sara Allen che non diffidano di streghe immortali come Miss Lunatic e imparano a leggere, scrivere, raccontare il proprio domani. A loro sarà il caso di regalare questo libro, con loro sarà bene leggerlo e commentarlo.


“il manifesto”, 29 novembre 2011

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