25.4.15

L'Inquisizione Spagnola (Bartolomé Bennassar)

In occasione della pubblicazione per Rizzoli della Storia dell'Inquisizione spagnola di Bartolomé Bennassar “la Repubblica” pubblicò come anticipazione le pagine conclusive del saggio, che qui riprendo. (S.L.L.)

L'Inquisizione non aveva il compito, come i tribunali civili, di tutelare le persone e i beni dalle molteplici aggressioni che essi potevano subire. Fu creata per impedire una credenza e un culto; col tempo, essa perseguitò altre credenze ed altri culti. Imprigionò, spogliò, rovinò, disonorò migliaia di uomini e di donne perché le loro credenze e i loro riti non erano conformi al solo modello riconosciuto dalla società cristiana occidentale e di cui il Concilio di Trento, alla metà del secolo XVI, aveva dato una definizione completa e precisa. Per estensione, l'Inquisizione perseguitò e punì i comportamenti che sembravano mettere in causa, direttamente o indirettamente, i dogmi e la disciplina della Chiesa romana, si trattasse di parole, di gesti o di comportamenti sessuali che infrangevano le regole del celibato ecclesiastico o del matrimonio cristiano.
Beninteso, l'Inquisizione spagnola non è figlia di padre ignoto. Essa è l'espressione di una società. I dogmi e la morale che difendeva erano propri di altri paesi dell'Occidente cristiano dove non vi furono Inquisizioni, anche se è vero che questi paesi conobbero violente persecuzioni religiose, condanne a morte per credenze religiose eterodosse, per stregoneria o per omosessualità.
Non a caso l'Inquisizione spagnola ha condannato al rogo alcune migliaia di giudeizzanti e qualche centinaio di musulmani. Le altre categorie hanno pagato un tributo molto più basso alla morte legale, benché i condannati a morte per peccati «abominevoli» di sodomia e di bestialità dai tre tribunali di Aragona (Barcellona, Saragozza e Valentia) devono aver superato il centinaio, e forse anche i condannati per stregoneria, dato il rigore dei primi anni del Cinquecento. Ma questo non è certo.
Così l'Inquisizione fu dapprima l'espressione dell'ostilità dei Vecchi Cristiani contro i giudeizzanti e i musulmani, che suscitavano la gelosia per le loro ricchezze e il loro impegno. Non è una semplice coincidenza se i famigli della prima generazione sono stati reclutati fra le classi popolari urbane dove più forte era l'antisemitismo. I Re Cattolici si sono serviti di questa ostilità come di un'arma politica. Ciò è comprensibile nel caso di Ferdinando d'Aragona ansioso di limitare i fueros. E' più difficile capire nel caso di Isabella, perché i conversos facevano parte delle classi dirigenti castigliane. Ma Isabella subiva l'influenza dei monaci la cui profonda solidarietà col popolo Vecchio Cristiano è indubbia.
Quando ebbe creato, costituito, organizzato, quando i conversos spagnoli furono eliminati o assimilati, quando i moriscos furono posti sotto sorveglianza, l'Inquisizione si dedicò ai Vecchi Cristiani per plasmarli secondo gli ideali definiti e le regole dettate dal Concilio di Trento, come confermano in particolare le nuovissime ricerche di Jean-Pierre Dedieu. Incominciò con la caccia ai libri, agli ecclesiastici audaci, agli studenti vagabondi, così numerosi nell'Europa rinascimentale. Contemporaneamente offrì alla monarchia un popolo omogeneo, con credenze e riflessi concordi, facile strumento contro l'eretico che si identificava spesso con lo straniero. Essa assunse, in caso di necessità, il ruolo di una polizia politica abile nel seguire e nell'interpretare le dicerie, nello scoprire le spie.
Tuttavia, l'Inquisizione non ha saputo assicurare alla Spagna l'unità spirituale, questo è molto evidente oggi. Invece, con la sua presenza e la sua perseveranza, con la paura che ispirava, ha fatto della Spagna e per lungo tempo il regno della conformità. Intendo dire della conformità politica e intellettuale. Eliminando i giudeizzanti, braccando i conversos, l'Inquisizione ha soffocato una borghesia spagnola creatrice di idee e di ricchezze, di cui gli ebrei erano il lievito: medici, finanzieri, scienziati, come ha dimostrato recentemente Ricardo Garcìa Carcel nel caso di Valentia. Ha inaridito le sorgenti vitali della ricerca e della speculazione teorica, del che la teologia ha sofferto tanto quanto le altre attività spirituali, al punto che la Spagna, ardente focolaio di teologi nel Cinquecento, non ne generò quasi più nel Seicento. Ha creato una diffidenza verso il libro di cui gli illuministi constateranno gli effetti negativi nel Settecento, e che perdurerà quasi fino ai giorni nostri. Ha sostituito la riflessione, la meditazione religiosa con l'affermazione.
I difensori dell'Inquisizione credono di avere una risposta. Se l'Inquisizione ha esercitato questa funzione, ha soffocato la vita spirituale, come spiegare il siglo de oro spagnolo? Perché e pur vero che il massimo splendore della letteratura, del teatro, della pittura e della scultura spagnoli coincidono col massimo potere dell'Inquisizione. Mateo Alemàn, Cervantes, Lope de Vega, Quevedo, Gongòra, Calderon de la Barca, Tirso de Molina, Alonso Berruguete, Miguel Montanés, El Greco, Velàsquez, Zurbaràn, e qualche altro sono contemporanei del periodo d'oro del Tribunale e, se non di Torquemada, di Fernando de Valdés o di Antonio Zapata de Mendoza.
Questo è incontestabile. Ma vale la pena di soffermarsi un momento sulla natura delle creazioni del siglo de oro spagnolo. Dopo il 1560-1580, cioè a partire dal periodo in cui l'Inquisizione rivolge la sua vigilante attenzione ai Vecchi Cristiani, queste creazioni sono di natura estetica: mirano alla bellezza formale della scrittura, come nel caso di Gongòra, o alla bellezza plastica. Esse esaltano spesso gli ideali della Controriforma, anche se sono opere di autori di origine conversa. Le opere più profonde, quelle di Cervantes o di Calderon, anche se esprimono un «sentimento tragico della vita» non rimettono in discussione, almeno esplicitamente, 1'ordine del mondo. Al contrario, la Spagna, benché nel Medioevo avesse avuto un ruolo di grande rilievo culturale grazie ai suoi contatti con l'Oriente musulmano depositario del pensiero antico e a sua volta creatore, e assente o quasi dal grande movimento scientifico e filosofie» del secolo XVII, in cui si rinnovano le strutture del pensiero, come sarà quasi assente dalle «applicazioni» del secolo XVIII. Pensare è diventato pericoloso e migliaia di spagnoli l'hanno imparato a proprie spese.
Il peccato contro lo spirito non si limita a questo soffocamento della riflessione creatrice. E' anche di natura religiosa. La Chiesa cattolica del Rinascimento, poi il Concilio di Trento hanno affermato contro Lutero il libero arbitrio dell'uomo, la maggiore libertà dell'uomo, quella di salvarsi o di perdersi, per l'eternità. L'Inquisizione, imponendo un unico modello di fede, sottoponendo ogni individuo alla sorveglianza permanente di un'opinione pubblica condizionata, ha distrutto le possibilità autentiche di esercitare il libero arbitrio, ha fatto morire in Spagna l'idea stessa della libertà religiosa.

Non so quale sia l'opinione intima dei miei collaboratori. Non ho voluto nemmeno conoscerla. Per me che non ho più il tempo per pesare le persone o le idee, e che voglio credere all'esistenza di un Dio personale, riconosciuto nella libertà, la storia dell'Inquisizione spagnola è l'illustrazione affascinante del dramma che minaccia gli uomini ogni volta che si stabilisce un legame organico fra Stato e Chiesa. Inutile dire che il termine Chiesa dev'essere inteso in senso ampio e che può facilmente essere sostituito con quello di ideologia. La coincidenza esatta fra lo Stato e un'ideologia unica, sia essa proclamata apertamente, incarnata in un partito, o sottilmente emanata dai mass-me-dia, sia essa di natura religiosa, «scientifica» o economica, è questo il vecchio sogno, sempre incombente, di Leviatano.

"la Repubblica", 3 dicembre 1980

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