18.4.15

Luigi Pintor quando liberarono Priebke (1996)

L'editoriale di Luigi Pintor qui postato fu pubblicato sulla prima pagina del “manifesto” il 3 agosto 1996. Il primo agosto Erich Priebke era stato prosciolto dal Tribunale militare di Roma al termine del processo per la strage delle Fosse Ardeatine. I giudici militari avevano riconosciuto all’imputato le attenuanti, ragione per cui il reato era stato dichiarato prescritto.Alla lettura della sentenza una folla in rivolta, in prima fila le famiglie delle vittime della strage, aveva assediato l’aula del Tribunale. Ma mi pare che l'articolo esca dai limiti della cronaca e del contingente, guardando lontano. (S.L.L.)
Priebke libero saluta i neonazisti che lo acclamano
Ragione e sentimento
Se reagisco emotivamente alla sentenza Priebke provo un senso di pianto. Penso alle vittime come a persone vive e incredule, come se le conoscessi tutte e non una soltanto. Se toccasse a me di informarle, portar loro la notizia nel fondo delle cave, che parole troverei? Più che sofferenza sento però vergogna personale. Che cosa ho fatto in questi cinquant'anni? Sono uno di quelli che debbono a un certo punto domandarsi, secondo Thomas Mann, se gli resti il diritto di noverarsi tra le persone rispettabili. Provo anche dell'odio e altri pessimi sentimenti.
So che non si deve. Ma se alla fine di quel processo, qualcuno si fosse abbandonato a un gesto estremo, l'avrei compreso come un fratello.
So che non si deve. Se invece reagisco alla sentenza Priebke razionalmente, con un criterio politico, allora resto freddo e persuaso. La trovo logica, e contro la logica si indignano i farisei. La trovo un segno dei tempi, e perciò un segno di verità.
Da molti anni i fascismi, tutti i fascismi, sono stati rivalutati. Sottilmente nelle accademie europee, nelle nostre aule parlamentari, nel senso comune. Ora grossolanamente anche nei tribunali. Norimberga non fu che un'ipocrisia dei vincitori.
Non è una rivalutazione storica, è una rivalutazione politica. Non riguarda il passato, riguarda il presente. Non è una memoria cancellata, è una memoria ritrovata. I fascismi sono stati un'incarnazione del potere e una teoria del dominio a cui si riconosce un merito e si restituisce un onore. Perché su di essi si può fare assegnamento futuro. Così ci parla nella sua miseria la sentenza Priebke, anche se preferiamo non sentire. E ci dice coerentemente che ogni strage, ogni crimine contro l'umanità, ogni guerra, trova legittimità e giustificazione in quanto è un esercizio del potere. Questo esercizio insindacabile non è più un'eccezione ma una consuetudine, è la nostra normale frequentazione televisiva. Se condannassimo quel passato, come potremmo assolvere questo presente?
Lasciamo dunque che il buon soldato muoia nel suo letto con la donna che gli ha scritto lettere d'amore. E apriamo subito anche noi, come ad Auschwitz, un supermercato esemplare al posto dell'ossario in disuso, anticipando giubilei e nuove costituzioni.

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