4.5.15

La Grande Guerra e l'Umbria. Una mostra inutile (S.L.L.)

Non dev'essere costata molto alle Fondazioni Cassa di Risparmio di Perugia e Cariperugia Arte, che l'hanno finanziata e allestita, la mostra che, inaugurata il 25 febbraio scorso, sarà visitabile a Perugia nel palazzo Baldeschi di corso Vannucci fino al 2 giugno: non ci sono – per quel che è dato di capire – pezzi unici il cui affitto e la cui assicurazione comportino ingenti esborsi, né l'allestimento, sobrio, sembra tale da richiedere somme importanti. Il nucleo centrale – proveniente da archivi pubblici – è stato ripreso dalla mostra allestita a Roma al Vittoriano nel maggio 2014. Tale materiale è stato integrato da una sezione umbra con la collaborazione di molte istituzioni locali.
All'inizio del percorso, nella prima sala, si trova soprattutto materiale bellico, baionette, bombe a mano, elmetti, scarponi. Spicca un pezzo di aereo austriaco il cui abbattimento è ascritto a Francesco Baracca, che contese a D'Annunzio il ruolo di aviatore più eroico e popolare. Nella seconda sala la proiezione di filmati aspira a restituire un alcunché della trincea, mentre nella terza un manichino, dei cimeli e delle stampe son lì a rievocare l'esperienza di massa della prigionia. La quarta sala è dedicata alla propaganda di guerra che mai era stata usata così massicciamente.
La quinta sala è dedicata all'Umbria: i fascicoli dei caduti umbri, tanti ritratti fotografici, specie di graduati, e le lettere di Enzo Valentini, interventista e volontario, figlio del sindaco dell'epoca, morto a 19 anni nel 1915.
Nella sesta sala proiettano Terramatta, un documentario di Costanza Quatriglio, ispirato al diario di un contadino del ragusano, in Sicilia, tal Vincenzo Rabito, che nel 2000 vinse il Premio Diaristico di Pieve Santo Stefano. La settima sala è quella dei suoni, un grammofono che suona musiche d'epoca e Armando Diaz che legge il proclama della vittoria. Nell'ottava sala sono esposte opere dei pittori-soldato, ma soprattutto le acqueforti sulla Grande Guerra che parteciparono al concorso a tema indetto dal regime fascista nel 1937. Domina un tono lugubre, la tematica del martirio e della bella morte.
Tutto qui. Insomma non c'è quasi niente sull'Umbria e pochissimo sul resto. Di Caporetto, delle diserzioni di massa, delle fucilazioni, del fronte interno non c'è nulla. Degli effetti della guerra sulla vita familiare, su rapporti fra i sessi, sull'organizzazione produttiva, in Umbria e altrove, non c'è nulla. La prima guerra mondiale divise profondamente gli italiani prima, durante e dopo il suo svolgimento, ma del conflitto tra interventisti e neutralisti come del reducismo non c'è traccia. Sì compaiono in tutte le sale brani di autori noti (da Serra a Marinetti) o di meno noti combattenti, da cui promanano visioni diverse o anche opposte, ma sono citazioni poste là a una a una, senza correlazione tra l'una e l'altra. Credo che non sia casuale. Promotori e curatori dicono di aver voluto seguire una nuova linea storiografica, una visione diversa dall’approccio tradizionale che “vuole andare a conoscere la guerra vissuta dai singoli, l’esperienza personale di ciascun soldato”. Si tratta in verità di un approccio assolutamente ideologico, una sorta di atomizzazione che, negando la divisione della società in classi, pretende di restituire di quella guerra e di tutto il resto della storia una visione non tanto pacificata (“siamo tutti italiani”), quanto neutralizzata (“ognuno per sé e Dio per tutti”). Si possono e si devono raccontare, anche nelle mostre, le storie individuali, ma le citazioni, sottratte ai contesti da cui nascono e prese a sé, non dicono nulla. Io ricordo una mostra fotografica dell'anno scorso a Palazzo Penna - credo che si intitolasse Perugia in cammino. Storie che fanno la storia e che fosse curata da Alberto Mori -; una sua piccola sezione era dedicata al soldato Burini nella Grande Guerra e metteva insieme le sue foto, le sue lettere e i documenti sulla sua prigionia e sulla sua morte, ma in quella storia c'era il mondo mezzadrile con i suoi lavori, c'erano il signore e “il signorino”, c'era la gerarchia dell'esercito, c'era la follia burocratica. Sull'Umbria nella prima guerra mondiale si apprendevano tante cose. Qui niente.

Una mostra inutile.

micropolis, aprile 2015

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