4.5.15

A dormire, a svegliarsi. Una favola di Gianni Rodari

Le Favole al telefono che Gianni Rodari dedicò nel 1962 A Paoletta Rodari (la figlia) e ai suoi amici di tutti i colori sono un capolavoro.
La cornice in cui sono inserite è l'obbligo contratto dal ragionier Bianchi di Varese, rappresentante di commercio in giro per l'Italia, di raccontare per telefono, alle nove in punto di ogni sera, una favola alla propria bambina, storie “tutte un po' corte” perché “il ragioniere pagava il telefono di tasca sua”. A quel tempo non c'era ancora la teleselezione e i numeri telefonici li connettevano tra loro le benemerite centraliniste le quali compensavano la scarsa retribuzione con la possibilità di ascoltare qualche brandello di conversazione. Scrive Rodari che “quando il signor Bianchi chiamava Varese le signorine del centralino sospendevano tutte le telefonate per ascoltare le sue storie”. Come si vede lo scrittore era pienamente cosciente del valore del suo prodotto e dell'attrattiva che è capace di esercitare anche verso chi non è più bambino. Le invenzioni di Rodari in questo libro e le tecniche per realizzarle sono varie e meritano di essere oggetto di studio. Questa favola che riporto mi pare – per averla sperimentata - in grandissima sintonia con l'immaginazione infantile, specie femminile: sta qui il suo fascino, secondo me grande. (S.L.L.)

C'era una volta una bambina che ogni sera, al momento di andare a letto, diventava piccola piccola:— Mamma, — diceva, — sono una formica.
E la mamma capiva che era ora di metterla a dormire. Allo spuntare del sole la bambina si svegliava, ma era ancora piccolissima, ci stava tutta sul cuscino e ne avanzava un pezzo.
— Alzati, — diceva la mamma.
— Non posso, — rispondeva la bambina, — non posso, sono ancora troppo piccola. Adesso sono come una farfalla. Aspetta che ricresca.
E dopo un po' esclamava: — Ecco, ora sono ricresciuta.
Con uno strillo balzava dal letto e cominciava la nuova giornata.


da Favole al telefono, 1962

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