1.7.15

"Oh che bel castello". Il vescovo Paglia incriminato ("micropolis")

Nell'Umbria dei primi anni del secondo millennio tre figure sembravano essere al vertice del potere: la presidente folignate della Regione Lorenzetti, che taluno chiamava Zarita; Colaiacovo, l'industriale eugubino del cemento, che guidava Confindustria e la più dotata delle fondazioni bancarie; Paglia il gerarca ciociaro della Chiesa cattolica, l'assistente spirituale della Comunità di Sant'Egidio che faceva il Vescovo a Terni, ma sembrava avere entrature dappertutto. Una sorta di trinità che la presenza del vescovo santificava.
Tutti e tre, dopo, sono incappati in disavventure giudiziarie. Ne è uscito relativamente bene Colaiacovo; è sotto processo per storie di corruzione la Lorenzetti; Vincenzo Paglia ha ricevuto a fine maggio un comunicato di conclusione di indagini. I magistrati prospettano più di un reato in relazione alla tentata compravendita, avvenuta circa quattro anni fa, del castello di san Girolamo a Narni: le accuse vanno dall’associazione per delinquere alla turbata libertà degli incanti, dalla truffa ai danni del Comune di Narni all'abusivo esercizio del credito e all'appropriazione indebita. Il Paglia, trasferito a Roma con l'incarico di presidente del Pontificio consiglio per la famiglia, era già sotto accusa da parte di numerosi cattolici del ternano per la voragine di bilancio che aveva lasciata per le tante costose iniziative prese in più campi. Il buco era di circa venti milioni di euro e per diversi anni la diocesi dovrà sopportare le durezze di un piano di rientro, messo a punto dal Vaticano come condizione per ripianare il disavanzo. La scoperta che, insieme al vicario episcopale della diocesi Francesco De Santis e al presidente dell'Istituto diocesano per il sostentamento del clero, Giampaolo Cianchetta, Paglia ha tentato di usare i depositi della Curia destinati agli stipendi dei preti per acquistare il castello, non gioverà certo a migliorarne l'immagine.
Su Paglia, quand'era vescovo a Terni, ci toccò di discorrere spesso: metteva il naso dappertutto, trattative sindacali, fondazione per le cellule staminali, Università, chiamava a rapporto i politicanti in pubblici convegni su temi di politica e di economia rivendicando una sorta di primato ecclesiastico e ne otteneva la genuflessione. La sua azione mostrava a nostro avviso un doppio aspetto: da una parte rientrava in una più generale offensiva clericale e neoguelfa, dall'altra mostrava eccessi di personalizzazione e deliri di onnipotenza che lo avvicinavano al berlusconismo. I fatti sembrano darci ragione e ora quasi tutti quelli che lo adulavano fanno finta di non averlo mai conosciuto. Sic transit gloria mundi.
Una postilla. Quando nel carcere di Vocabolo Sabbione a Terni arrivò il boss mafioso Bernardo Provenzano, Paglia gli fece recapitare come dono una Bibbia e si disse disposto a incontrarlo per convertirlo. Se accadesse a Paglia di essere condannato al carcere (cosa altamente improbabile), andremo a visitarlo e gli porteremo – insieme alle arance - il Manifesto del Partito Comunista. E' un impegno solenne.

"micropolis" - giugno 2015 

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