13.8.15

Addio Lugano bella. Anarchia tra storia e arte (Franco Buncunga)

Gustave Courbet - Proudhon e le sue figlia
Da “A-Rivista anarchica” riprendo la prima parte della recensione di due mostre (a Mendrisio, in Svizzera, e a Lecco) purtroppo già concluse. Lo scritto di Buncunga è comunque utilissimo a suggerire piste sui rapporti tra arte e anarchia. (S.L.L.)
Paul Signac - Au temps d'harmonie
Au temps de l'Anarchie, l'age d'or n'est pas dans le passé, il est dans l'avenir”: questo il titolo originale che Paul Signac, anarchico e componente del gruppo dei neo-impressionisti diede originariamente alla sua opera forse più rappresentativa realizzata nel 1895 - poi ribattezzata più prudentemente “Au temps d'harmonie” - nel corso dei suoi soggiorni insieme agli altri esponenti della sua corrente nei pressi di Saint Tropez. La visione di un futuro liberato dallo sfruttamento, un tempo di armonia in cui coltivare le arti e godere del tempo libero, l'utopia anarchica di una società futura fu la base del programma pittorico neo-impressionista. Come ci ricorda Aurora Scotti Tosini nel suo bel saggio Intrecci di arte e anarchia, presente nel ricco catalogo della mostra Addio Lugano bella. Anarchia tra storia e arte. Da Bakunin al Monte Verità, da Courbet ai dada, realizzata a Mendrisio (Museo d'arte, 22 marzo-5 luglio 2015): “Elisée Reclus ritrovava nei villaggi della Francia meridionale le tracce di un tempo in cui dominava l'armonia e quindi i valori che il pensiero anarchico pensava di far rivivere”.
Camille Pissarro
Fortemente influenzati dalle teorie di Petr Kropotkin e dallo stesso Reclus i neo-impressionisti furono uno dei gruppi più coerentemente orientati in modo anarchico, affiancati anche dal vecchio nume tutelare di Camille Pissarro, fervente kropotkiniano ed amico di Jean Grave, che per un periodo, soprattutto per affinità ideale, si staccò dagli impressionisti.
Forse Pissarro può essere considerato l'archetipo dell'artista anarchico nella sua accezione più alta ed anche il più coerente e longevo degli impressionisti. Inizia la sua carriera con influenze realiste, sopratutto nel suo soggiorno in Venezuela, e sin dall'inizio si interessa del mondo degli esclusi e degli oppressi. Nato nelle Antille proseguirà gli studi in Francia dove si stabilirà poi definitivamente tranne che nel periodo della guerra Franco-Prussiana quando emigra provvisoriamente in Inghilterra. Espone sin dai primi tempi con gli impressionisti e diventa il cuore anarchico ed il legante del gruppo composto da artisti di vario orientamento politico e provenienza sociale, in qualche modo il vecchio saggio a cui rivolgersi per un consiglio o un supporto materiale in qualsiasi momento. È anarchico il connotato fondamentale del gruppo impressionista: la creazione di un'insieme di individui, legati da un progetto comune di affinità artistica e contemporaneamente storie individuali che prenderanno nel tempo vie diverse, senza la presenza di leader o una struttura gerarchica definita. Progetto che Pissarro difenderà sino all'ultimo, anche dopo lo scioglimento degli Impressionisti. Trasmetterà le tecniche e le idee impressioniste anche a Van Gogh al suo arrivo a Parigi e seguirà il percorso pittorico di Gauguin, da buon anarchico non trasmettendo ricette ma aiutando i due artisti ad esprimere la propria individualità. Anche spesso con grandi delusioni, come l'allontanamento di Gauguin, suo discepolo preferito, dal realismo per approdare al simbolismo ed allo spiritualismo, molto in voga all'epoca. Sarà l'unico amico di tutta una vita del solitario Paul Cezanne con il quale scambierà sino all'ultimo esperienze e tecniche e spesso anche il pennello sullo stesso quadro. Crederà di vedere rivivere le sue idee nel movimento neo-impressionista, politicamente orientato in senso anarchico, ma alla fine si allontanerà anche da questo, troppo scientifico ed in qualche modo accademico per i suoi gusti. Darà, tutta la vita, collaborando con tutti e contemporaneamente mantenendo la sua precisa individualità.
Nell'esposizione compaiono alcune delle sue opere più rappresentative, tra le quali notevoli le incisioni per le Turpitudes sociales, per educare le nipotine Esther ed Alice agli orrori della moderna società capitalista. Forse Pissarro mantenne nella sfera privata queste sue incisioni che davano un netto segno delle sue idee anarchiche anche per evitare denunce e ritorsioni delle quali era stato oggetto più volte insieme ai suoi figli in quanto anarchico prima e poi ebreo in una delle tante epoche di montante anti-semitismo ricorrenti in Francia. È sporadico l'impegno politico diretto nelle opere di Pissarro, così come negli altri esponenti impressionisti e neo-impressionisti che spesso, chiamati ad illustrare le riviste satiriche ed anarchiche, oppongono la motivazione che l'arte non debba essere strumento di pura propaganda, ma essere un mezzo di liberazione in sé e ricerca di armonia. Pissarro spesso rifiuta di produrre tavole illustrative anche all'amico Jean Grave che lo sollecita per la sua rivista militante “La Révolte”.

Gustave Courbet - Gli spaccapietre
Ma la nascita organica di un forte rapporto tra l'arte ed il pensiero anarchico nasce nel fecondo rapporto tra Goustave Courbet, l'artista ribelle autodidatta, capostipite del Realismo in pittura ed il filosofo anarchico Pierre-Joseph Proudhon. Entusiasta delle prime opere realiste di Courbet, in primis Gli spaccapietre del 1849, Proudhon si propone di scrivere un breve pamphlet sul lavoro dell'artista che finirà per coinvolgerlo per diversi anni sino a divenire un tomo di quasi cinquecento pagine e finire per essere editato, quasi completato, solo pochi mesi dopo la sua morte nel 1865 con il titolo Du principe de l'art et de sa destination sociale. In quest'opera Proudhon sostanzialmente sostiene che l'opera d'arte debba essere strumento di denuncia sociale e possa collaborare alla costruzione di una nuova società più libera. Abolire ogni accademia e descrivere la società in cui si vive con uno schietto realismo e senza preconcetti idealistici o classici sarà l'intento di Courbet e degli artisti che aderiranno al movimento. Courbet parteciperà attivamente ai moti che culmineranno nella Comune di Parigi durante la quale sarà il responsabile della politica artistica, ruolo che gli procurerà in seguito il carcere e poi l'esilio.
Di questa amicizia la mostra di Mendrisio ci da un'ottima testimonianza nel ritratto di Proudhon eseguito da Courbet nel 1865 a poca distanza della morte del filosofo.
Dal realismo in poi i legami tra il mondo dell'arte e le teorie e le pratiche anarchiche non verranno mai meno ed arrivano sino ad oggi con alterne fortune ed attraverso mille rivoli che in maniera carsica scompaiono improvvisamente per riapparire nei modi più insospettati.
Mi piace ricordare che il tentativo di ricostruire questi profondi ed intricati rapporti tra il pensiero anarchico e il mondo dell'arte nasce verso la fine degli anni Settanta grazie ad alcuni compagni tra i quali vorrei ricordare almeno Fabio Santin, Dario Bernardi e il sottoscritto. Il nostro interesse poi sfociò nell'allestimento della mostra Arte e Anarchia in occasione del Convegno internazionale del settembre del 1984 a Venezia promosso dal Centro Pinelli, in tempi in cui accostare i due mondi sembrava un'opera velleitaria e di mera propaganda che lasciava perplessi molti militanti. Ricordo i contributi importanti di Arturo Schwarz e di Pietro Ferrua a quell'esposizione ed in seguito anche di Enrico Baj.
La Mostra di Mendrisio e quella di Lecco (dedicata ai disegnatori satirici anarchici) in questo panorama sono una bella sorpresa. Mi aspettavo qualcosa di più sotto-tono o una presentazione folkloristica della presenza anarchica, come spesso succede, sono invece rimasto piacevolmente sorpreso dalla quantità e dalla qualità delle opere esposte e dal rigore dell'esposizione e delle ricerche storiche testimoniate in un catalogo, assolutamente necessario per chiunque si interessi dell'argomento...


A-Rivista anarchica anno 45 n. 399 giugno 2015

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