29.8.15

Così i partigiani hanno liberato Torino (Pompeo Colajanni - “Barbato”)

Pompeo Colajanni, il comandante Barbato
Sembrava che il Po ci guidasse verso Torino. Il nostro itinerario cominciò a delinearsi fin dai combattimenti di Pian del Re, di Crissolo e dal primo attacco all’aeroporto di Murello; poi da Staffarda a Trofarello si intensificò l’azione in pianura. Ci dividemmo dai compagni di lotta che poi avrebbero liberato Cuneo e spostammo definitivamente il Comando, con la I Divisione Garibaldi, nel Monferrato. Nominato comandante della Zona, con sei Divisioni, fui affiancato da Luigi Masciadri, «Marelli», come commissario per le formazioni G.L.; e per le Matteotti e le Autonome da «Cadetto» e «René». Il G.L. «Renato» Vanzetti divenne ispettore con compiti particolari, dati i suoi legami con le missioni alleate. Capo di stato maggiore, Michele Mussa Ivaldi, fratello di Carlo, anch’egli del Comando G.L. Aveva fatto parte con me della cospirazione antifascista nell’esercito, l’Alleanza militare Italia libera: dalla Sicilia eravamo riusciti a estenderla fino alla Scuola di Cavalleria di Pinerolo, coinvolgendo il suo comandante generale Cadorna.
Il 18 febbraio firmai con «Marelli» un ordine del giorno dove tra l’altro era scritto questo invito: «Combattere tutto ciò che divide. Favorire tutto ciò che unisce. Ogni formazione abbia una sola ambizione: superare le formazioni sorelle in spirito di concordia, in inflessibile volontà di lotta, in
iniziativa e valore nel combattimento». Le sei Divisioni combatterono con questo spirito.
Il 18 aprile, con lo sciopero generale, Torino si preparava all'insurrezione. Proprio in appoggio allo sciopero, decidemmo ai liberare Chieri: una sfida ai nazifascisti che con oltre tredicimila uomini e potenti mezzi corazzati occuavano il capoluogo piemontese, attacco, diretto dal comandante della prima Divisione Garibaldi, «Petralia», che portava ancora al collo un braccio ferito in un’azione precedente, si svolse secondo i piani: Chieri era libera.
Si attendeva l’ordine finale per entrare a Torino, e intanto di giorno e di notte i reparti si spostavano attraverso le colline del Monferrato e le Langhe. La liberazione di Chieri e questa manovra di avvicinamento ci consentirono di sventare una pericolosa manovra sabotatrice. Era già giunto un ordine da Torino: «Aldo dice 26 X 1. Realizzate Piano E 27». Ma alle ore 21 del 25 aprile il capitano Pautasso consegnò a me, quale comandante dell’ottava Zona, questo contr’ordine: «...non procedere verso gli obiettivi in città se non dietro ordine specifico del Comando Piazza, cui compete la responsabilità dell’azione».
Il messaggio mi apparve gravido di pericoli, anche se formalmente ineccepibile, perché intorno a Torino si concentravano imponenti forze tedesche al comando del gen. Schlemmer. Con «Marelli» accertai che l’ordine era stato emanato non collegialmente dal C.M.R.P.: manifestava l’incrinata unità, dopo le pressioni esercitate dal colonnello inglese Stevens perché gli eventi prendessero un altro corso.
Era una situazione molto pericolosa e delicata. Mi assunsi allora le mie responsabilità di comandante garibaldino. Diedi ordine al garibaldino «Petralia» di far proseguire l’attacco anche oltre gli obiettivi periferici. Con «Petralia» l’intesa fu immediata, posso dire «alla siciliana»: eravamo certi di disubbidire solo formalmente, ma di ubbidire invece alla volontà di lotta dei combattenti e all’ansia di libertà delle popolazioni.
Alle ore 12 del 26 aprile comunicavo al C.M.R.P. di aver trasmesso gli ordini, ma «consigliando alle Divisioni di fare delle azioni di pattuglia in profondità anche dentro la cinta militare» e di aver «deciso di intensificare al massimo queste azioni di alleggerimento». Veniva sventata cosi l’insidiosa manovra ispirata dal colonnello Stevens.
Intanto Osvaldo Negarville, «Valerio», aveva informato Scotti, che riuscì a ristabilire la piena collegialità ed unità del C.M.R.P. Così alle 14.45 partì l’ordine giusto, che ci venne portato da Marcella Balconi, nipote di mamma Pajetta. Ma già dall’alba le formazioni partigiane compivano le «azioni di pattuglia» e entravano in città. Così i partigiani hanno liberato Torino.


Da Liberi. 25 aprile 1945-1985, supplemento a “l'Unità”, 25 aprile 1985

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