29.8.15

Il comandante Petralia. Un partigiano di Mazara del Vallo (S.L.L.)

Il comandante partigiano Vincenzo Modica. Nome di battaglia Petralia
Vincenzo Modica nacque a Mazara del Vallo (le mie fonti oscillano tra 1918 e 1919) da una famiglia di piccoli imprenditori agricoli. Studente universitario a Napoli, nel 1941 volle arruolarsi volontario, per fervore nazionalistico, effetto della propaganda fascista così efficace tra i giovani.
Dopo una breve permanenza come sottufficiale in Sicilia, nel 1942 entrò nella Scuola dell’Arma di Cavalleria a Pinerolo, dove diventò ufficiale. Lì avvenne un incontro che gli cambiò la vita, quello col Tenente Pompeo Colajanni, già da qualche tempo legato al movimento comunista. Il rapporto con l'ufficiale conterraneo, di undici anni più vecchio, favorì una presa di coscienza e la fiducia in Mussolini venne rapidamente meno. In particolare Modica non sopportava che i militari italiani subissero umiliazioni da parte dell'alleato tedesco, cosa che cominciava ad accadere un po' dappertutto, già prima del 25 luglio.
L’otto settembre del 1943 Vincenzo Modica non esitò a seguire Colajanni entrando nelle file partigiane e fu Colajanni (il famoso comandante Barbato) a scegliere il nome di battaglia di Modica. Fu ribattezzato con nome di battaglia Petralia, come la località delle Madonie, dove il piccolo Colajanni era stato condotto a curarsi la pertosse. Il grado di tenente e il coraggio dimostrato nelle prime azioni di guerriglia, fecero sì che Barbato gli assegnasse subito il comando di un gruppo di partigiani.

Poco a poco, grazie al suo coraggio, e al rispetto e la fiducia che godeva, divenne il vice di Barbato. Quando, nel novembre 1944, fu costituita per il crescere del numero dei combattenti la Prima Divisione d’assalto Garibaldi Leo Lanfranco, Petralia ne divenne il comandante. In questo suo grado di responsabilità Vincenzo Modica corse i maggiori pericoli per la vita. Racconta nel suo libro "Dalla Sicilia al Piemonte, storia di un Comandante Partigiano" di una sua missione in val Luserna, a mettere concordia tra le forze partigiane, vestito in borghese, rasato e munito di documenti falsi che lo designavano come Pietro Ferrero e come dipendente dell'industria tedesca Todt inviato per ragioni commerciali in quelle zone.
Torino, 6 maggio 1945. Il comandante Petralia sfila con un
braccio fasciato, portando con l'altro la bandiera del CVL
Partito con un piccolo gruppo di compagni da Castelnuovo Don Bosco non poté raggiungere la val Luserna… Nel paese di Campiglione Fenile, dove sostava per il riposo notturno, forse in seguito a una delazione, ebbe luogo un rastrellamento da parte di tedeschi e fascisti. Mentre fuggiva per la campagna, dopo essersi liberato in una chiesa della pistola, fu colpito da una raffica di mitragliatrice e in più parti del corpo ferito. I fascisti, credendolo moribondo, volevano finirlo, ma l'ufficiale tedesco che guidava la pattuglia volle prima guardare i suoi documenti. Vedendo i timbri tedeschi, si convinse di che era stato commesso un errore: Petralia fu ricoverato in Ospedale a Pinerolo, donde riuscì a fuggire grazie al fratello di un partigiano che lo aveva riconosciuto e a Suor Felicita, una monaca infermiera antifascista. Il primo gennaio 1945, in condizioni ancora molto precarie, Petralia poté raggiungere Barbato in calesse.
Si riprese in alcune settimane, in tempo per dare un contributo importante nelle fasi decisive della liberazione. Fu appunto al comando della 1ª Divisione Garibaldi "Leo Lanfranco" che "Petralia", una settimana prima dell'insurrezione generale, diresse l'attacco dei partigiani contro i brigatisti neri asserragliati a Chieri, liberando la cittadina. Aveva ancora una spalla fasciata. Ciò non gli impedì, la sera del 25 aprile 1945, di portarsi con le sue unità a dar man forte, agli ordini di Barbato, agli insorti di Torino. Le immagini della sfilata nella città della Mole, in piazza Vittorio, il 6 maggio 1945, lo ritraggono col braccio fasciato al collo mentre regge il vessillo del Corpo Volontari della Libertà.
Dopo un breve rientro in Sicilia, Petralia (il nome di battaglia era quello con cui era conosciuto) tornò in Piemonte e fu imprenditore di successo in varie attività, pur continuando a partecipare agli incontri e ai raduni della Resistenza e talora intervenendo con personali testimonianze. Una parte di questi scritti fu utilizzata per la redazione del libro di memorie resistenziali, il resto delle sue carte fu affidata al suo comune d'origine, Mazara del Vallo, perché le conservasse, ma fu un pessimo affidamento giacché di questa documentazione si sono rapidamente perse le tracce. 
Qualche anno dopo la sua morte, avvenuta nel 2003, il Comune, su sollecitazione dell'ANPI del Piemonte, presieduta da Diego Novelli, dedicò a Modica una via cittadina, quella che può vedersi nelle foto.

Fonti
Sito ANPI
Sito “La bottega del ciabattino” curata da Franco Senestro

Sito Tele.IBS – Articolo di Ignazio Bascone, autore del volume Petralìa, il picciotto di Mazara del Vallo che diventò comandante partigiano in Piemonte.

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