20.8.15

L'antica arte della ceramica. I “Cannatari” di Caltagirone (Franco Barbagallo)

L'altissima scalinata di S. Maria del Monte (foto Franco Barbagallo)
Recupero il brano che segue da un ritaglio, il cui testo è di Franco Barbagallo, eccellente giornalista e fotografo di Acireale, specializzato in reportage geografici, naturalistici e di viaggio, ma non trovo traccia della “testata” (quasi certamente “Bellitalia”) come del periodo di pubblicazione (probabilmente ultimi anni '80 del Novecento). (S.L.L.)
Un dettaglio della scalinata (foto Salvatore Lo Leggio)
Cal’at ghiran”, il “castello dei vasi”. Così, durante la dominazione araba della Sicilia, veniva chiamata l’odierna Caltagirone. La cittadina siciliana, a quel tempo, era difesa da un munito castello e si stendeva arroccata in cima al più alto di tre colli attigui, in una posizione strategicamente molto importante che dominava le pianure di Catania e di Gela. Il borgo era ben conosciuto per i suoi artigiani, capaci di realizzare laterizi e vasi di ottima qualità lavorando sapientemente l’argilla che abbondava nel territorio circostante. Plasmata dalle loro abili mani, cotta per 13-14 ore in grandi forni alimentati dal legno della vicina ed immensa foresta di Santo Pietro, la loro terracotta veniva utilizzata in tutta la val di Noto.
Caltagirone - Il muro di cinta della caserma dei Carabinieri (foto Franco Barbagallo)
Questa tradizione artigiana calatina, giunta fino ai nostri giorni evolvendosi continuamente, affonda le sue radici fino a raggiungere le fasi più antiche dello sviluppo della città. Sul fianco della collina di S. Ippolito, abitata dal V millennio fino al VII sec. a.C., sono stati ritrovate tracce di antiche fabbriche di ceramica e tutta una serie di vasi e cocci appartenenti ai periodi più remoti della storia dell’isola. Nella contrada di S. Mauro sono state rinvenute le fornaci siciliane più antiche e meglio conservate. Già nel periodo ellenico mattoni, embrici, tegole di ottima fattura, venivano realizzati in quantità quasi “industriali” e fu così per buona parte degli otto secoli della dipendenza da Roma. Poi le successive invasioni barbariche e le sanguinose vicende che condussero alla conquista della Sicilia da parte degli arabi fecero letteralmente crollare la richiesta, e quindi la produzione, di ceramiche. Fu quello il periodo più nero della storia calatina. Con gli arabi giunsero nuove tecniche di lavorazione e di colorazione che diedero nuovo impulso alla produzione ceramicola e al suo commercio, ripreso a espandersi grazie al periodo di pace che seguì la presa di possesso araba della Sicilia.
Nel 1030 i liguri capitanati da Giorgio il Maniace e, nel 1090, i normanni del Conte Ruggero, espugnano e conquistano definitivamente il Castello di Caltagirone e assoggettano l’intero territorio. La città prospera, aumenta la popolazione e cresce la sua importanza politica ed economica fino ad avere, con gli Svevi, persino suoi rappresentanti al Parlamento di Foggia (anno 1240). Nel contempo si affinano le tecniche di produzione della ceramica. Non si utilizzano più vernici per la colorazione ma nuovi e rivoluzionari procedimenti di invetriatura a piombo ed a stagno. Il numero dei “Cannatari”, così venivano chiamati i produttori di ceramiche, cresce fino ad avere nel XVII secolo, su una popolazione di poco meno di 20 mila abitanti, più di mille addetti, occupati in oltre cento laboratori. Dal XV al XVII secolo Caltagirone ha il suo periodo d’oro. Le sue ceramiche vengono richieste da tutta l’isola e la città acquista nuova ricchezza e prestigio. A quel tempo vivono a Caltagirone i migliori architetti e artisti della Sicilia orientale, la città ha università, teatri, palazzi nobiliari, chiese e si pone quasi al centro della cultura e dell’arte siciliana.
Caltagirone - Una bottega  (foto Salvatore Lo Leggio)
Poi si scatena il sisma del 1693. Caltagirone viene in gran parte distrutta e i danni più gravi si hanno proprio nel quartiere della “Cannataria”, quello dove erano concentrate gran parte delle botteghe ceramicole. Alla ricostruzione seguì lo sviluppo della ceramica decorata plasticamente che diede nuovo impulso qualitativo alla produzione calatina. Il nuovo centro urbano venne abbellito da nuovi palazzi e chiese che vennero ornati da splendide decorazioni ceramiche policrome e da pavimenti in maiolica. L’artigianato della ceramica superò in breve il difficile momento e tornò a rifiorire.

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