Noi siamo fatti delle
nostre memorie, cioè di situazioni, persone e cose che si sono
depositati nel nostro cervello fin dalla più giovane età. Ciò che
siamo noi adesso, in questo momento, è un insieme di ricordi che ci
fanno sentire noi stessi, che producono quell’esperienza unica e
individuale che ci fa dire “Io sono”. Senza queste memorie la
nostra stessa soggettività non esisterebbe. Solo noi, dentro di noi,
comprendiamo realmente il legame fra ricordi lontani e ricordi più
recenti. Solo noi, dentro noi stessi, cogliamo la reale continuità
di eventi appartenenti ai primi anni della nostra vita, agli anni più
recenti, e a quello che abbiamo fatto ieri. Insomma, in una sola
parola si potrebbe dire che noi siamo la nostra memoria.
Nel nostro cervello ci
sono aree responsabili di tutto ciò. Da quando siamo nati fino a
questo momento il nostro cervello ha ricevuto un numero incalcolabile
di stimoli che ha acquisito, elaborato, depositato in precise
strutture. Una di queste è l’ippocampo, così chiamato per la sua
forma di cavalluccio marino, da tempo conosciuto come uno dei
principali artefici dell’elaborazione delle nostre memorie. Da
quelle visive a quelle uditive, e dai ricordi tattili a quelli
olfattivi e gustativi. Per esempio, spesso associamo un odore
sgradevole o un profumo piacevole ad un’epoca della nostra vita, ad
un luogo, ad una persona. E sono proprio queste esperienze e memorie
personali e private che danno origine al nostro Io.
Immaginiamo allora che
fosse possibile trapiantare i ricordi da un individuo ad un altro,
cioè che le memorie di una persona fossero trasferite al cervello di
un’altra persona. Per esempio, si potrebbe trapiantare l’ippocampo
di un mio amico nel mio cervello, e con esso tutte le sue memorie.
Dopo un trapianto di questo tipo, sarei ancora io? La risposta più
logica è “no”. Se io sono la mia memoria, dopo il trapianto io
diventerei la memoria del mio amico. Cioè, in altre parole, sarei il
mio amico, con i suoi ricordi lontani e vicini, con le esperienze
sensoriali della sua infanzia e della sua adolescenza, con quella
continuità di memorie che caratterizzano tutta la sua vita
personale.
Diversi film di
fantascienza si sono cimentati in questo avveniristico scenario,
nelle situazioni e storie più disparate. Tuttavia, oggi non sembra
sia più necessario fare ricorso alla fantascienza per una
prospettiva del genere. Un gruppo di neuroscienziati francesi ha
recentemente creato memorie artificiali nei cervelli di topo. Alcuni
neuroni dell’ippocampo responsabili della navigazione, cioè
dell’esplorazione dell’ambiente, sono stati identificati e
registrati con elettrodi durante il sonno. Mentre gli animali
dormivano, i ricercatori hanno associato l’attività di questi
neuroni rappresentanti luoghi specifici dell’ambiente circostante
con la stimolazione dei centri del piacere. In tal modo sono state
prodotte memorie artificiali in cui un determinato luogo era
associato con una sensazione piacevole. Quando gli animali si sono
svegliati, i primi luoghi verso cui si sono diretti sono stati
proprio quelli che erano stati stimolati durante il sonno. Perciò,
l’ippocampo contiene neuroni che rappresentano le memorie
dell’ambiente circostante, e tali memorie possono essere inserite
artificialmente nell’ippocampo durante il sonno. Il punto centrale
è che ai topi sono state inserite false memorie o, in altre parole,
è stata creata una falsa associazione fra un determinato luogo e una
sensazione piacevole. In realtà, un’esperienza piacevole di questo
tipo i topi non l’avevano mai vissuta.
Le ricadute scientifiche,
pratiche ed etiche di questo nuovo approccio sperimentale possono
essere enormi. Nonostante questo studio sia stato effettuato in topi,
dal punto di vista strettamente scientifico e filosofico appare
chiaro come in linea di principio sia possibile creare un altro Io,
con nuove memorie, falsi ricordi e comportamenti artificiali. Sebbene
per ovvie ragioni etiche non sarà certamente facile effettuare
simili studi nell’uomo, le ricadute pratiche possono essere
facilmente intuibili, come per esempio la sostituzione di memorie
negative con memorie positive.
È facile anche intuire
la possibile ricaduta etica, nonché legale, della creazione di nuove
memorie in un individuo. Sebbene la manipolazione dei ricordi sia
oggi un tema di gran moda delle neuroscienze, per esempio con
l’identificazione dei neuroni responsabili dei ricordi negativi,
questo nuovo studio è il primo a creare false memorie in un cervello
di topo che influenzano direttamente un comportamento conscio, cioè
quello di dirigersi verso il luogo creato artificialmente durante il
sonno. La creazione del nuovo Io può quindi produrre effetti
concreti, come l’attuazione di comportamenti artificiali, nonché
ricordi e testimonianze di vita in realtà inesistenti, con
implicazioni legali facilmente intuibili.
Come al solito, sia la
scienza di base che quella applicata dovranno fare i conti con gli
aspetti positivi e quelli negativi di questo nuovo possibile
scenario. Starà alla saggezza di noi uomini la corretta applicazione
di queste scoperte, sperando che il trapianto di memorie possa essere
usato a scopo terapeutico in malattie neuropsichiatriche e non per
manipolare cervelli a scopi criminali e bellici.
Il Sole 24 Ore Domenica,
29 marzo 2015
Qui ci sarebbe andata bene una citazione de "I labirinti della memoria" di Philiph K. Dick.
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