14.9.15

La fine dell'Inquisizione in Sicilia (Leonardo Sciascia)

Palermo, il Palazzo Chiaromonte detto Steri,
a lungo sede del Tribunale dell'Inquisizione.  
Don Francesco Maria Emanuele e Gaetani, marchese di Villabianca, era un fanatico. Nei tanti e grossi in-quarto del suo diario, che corrono a filo della sua lunga vita, e fino all’immediata vigilia della morte, non si scorge una sola crepa nella sua devozione al passato, alla Chiesa, al diritto divino dei re, alla legittimità di ogni istituzione e di ogni privilegio. A tutti i mali s’inchina come ad imperscrutabili segni o precise e dirette punizioni della volontà divina: anche quando cadono su di lui («A dì 17 luglio 1763, comeché debitore di gravi peccati verso Dio, ho perduto l’occhio destro»). Monacare una figlia, e ne monacò più di una, è per lui pregustazione del gaudio celeste. Assistere ad una esecuzione, della giustizia ordinaria o di quella inquisitoriale, gli dà senso di serenità e sicurezza. Al contrario, il veder tramontare una istituzione, abolire una consuetudine, mettere in dubbio un privilegio, lo sgomenta fino alla disperazione, gli fa intravedere oscuro il domani, tragicamente confuso il destino degli uomini in quel diciannovesimo secolo sulla cui soglia Dio misericordiosamente a sé lo chiama.
Una delle più accorate pagine del suo diario è quella che descrive e commenta la cerimonia dell’abolizione del Sant’Uffizio. Una malinconia, un rimpianto, una pena ad un certo punto incontenibili: e gli traboccano in due versi di saluto alle insegne dell’Inquisizione che il viceré aveva ordinato di scalpellare dalla facciata del palazzo. «Croci gigliate addio, spade addio e ulivi; / non conto fate più, nulla voi or siete».
Era il 27 marzo del 1782: giornata nera per il marchese di Villabianca, radiosa per il viceré marchese Caracciolo. «Je me réserve à la fin, pour la bonne bouche, de vous dire, — scriveva Caracciolo a D’Alembert - avec un peu de vanité de ma part, l’abolition de l’Inquisition: le jour 27 du mois de mars, mercredi saint, jour mémorable à jamais dans ce pays, pour le roi Ferdinando IV, on a abattu ce terrible monstre». Pour la bonne bouche -, e per il marchese di Villabianca era stato invece un boccone amarissimo.
Quel giorno, tutto che ricordasse l’Inquisizione, gli inquisitori, gli inquisiti, fece rogo nel cortile del palazzo: a compiacenza della nobiltà, che voleva sparisse ogni traccia della sua secolare connivenza con una così tremenda istituzione; ma non senza piacere da parte del viceré Caracciolo, che vedeva una specie di contrappasso in quel rogo che distruggeva il ricordo dei tanti e più atroci roghi che l’Inquisizione aveva acceso.


Da Cronachette, Sellerio, 1985

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