30.9.15

L'altra faccia di Philip Marlowe. I taccuini di Chandler (Romano Giachetti)

"Per me, Marlowe è la mente americana: una dose abbondante di grezzo realismo, un tocco di buona volgarità, un amore sviscerato per la battuta, la presenza altrettanto forte di puro sentimentalismo, un oceano di slang, e una sensibilità tanto vasta quanto inattesa".
E' così che Raymond Chandler vedeva il suo eroe, e l'annotazione si ritrova in un piccolo volume appena uscito in America, The Notebooks of Raymond Chandler (Ecco Pres, pagg. 113, dollari 9,95). Per i suoi "fans" è una scoperta. Per il suo biografo maggiore, Frank MacShane, "il vivace disordine di questi inediti" crea un singolare equilibrio tra la "sentimentalità" dello scrittore e gli atteggiamenti duri di Philip Marlowe.
Chandler tenne questi "taccuini" come pro-memoria per il proprio lavoro: affidava loro idee, frasi, annotazioni autobiografiche, aneddoti, osservazioni particolari, abbozzi di articoli, titoli possibili. Ne riempì un numero imprecisato ma notevole, e la selezione che MacShane pubblica qui è tratta dai due soli che si sono salvati dopo che, alla morte della moglie, Cissy, Chandler fece distruggere tutti gli altri. È un peccato, perché queste note personali coprivano l' arco di tempo che va dai sui inizi come collaboratore della rivista “Black Mask” alla stesura di The Long Goodbye. Erano l'altra faccia di Marlowe.
L'"uomo senza nazionalità", come Chandler - nato a Chicago, educato in Inghilterra, affermatosi in America e rifugiatosi di nuovo a Londra - amava definirsi, scrive a se stesso (con l' intenzione di scrivere un saggio mai scritto): "La chiave della civiltà americana è una specie di volgarità dal cuore d' oro. Gli americani non hanno l' ironia degli inglesi, né la loro elegante freddezza, né i loro modi. Ma ti sono amici. Mentre un inglese ti dà il suo biglietto da visita, un americano ti dà la camicia". Lo stesso anno (1938), conserva un brano apparso sul primo numero di “Time”, in cui si legge: "... il pensiero greco e romano è l' essenza della nostra cultura... Se le grandi università non offrono corsi sulla storia della nostra razza, laureeranno uomini e donne che in comune avranno solo i loro abiti". La difesa dei classici lo impegnava quasi quanto la detective story, ma era tutt'altro che dotta speculazione: se ne armava per poi esplorare uno dei due capisaldi della sua narrativa, il linguaggio (l' altro era il personaggio).
In alcune Note (molto brevi, per favore) sullo stile inglese e americano si rilevano queste osservazioni: "I meriti dello stile americano sono meno numerosi dei suoi difetti, ma sono più potenti... Il suo impatto è sensazionale più che intellettuale... E' un linguaggio di massa che viene impiegato da certi scrittori per esprimere cose delicate ma alla portata di gente istruita superficialmente". D' altra parte, annota, "il suo slang, inventato da scrittori ma affidato a piccoli criminali e giocatori di baseball, suona spesso falso... In mano a un genio come Hemingway funziona, ma solo perché rileva particolari che parlando nessuno noterebbe". E finalmente: "E' ovvio che la scuola americana è un disastro... Gli americani, che posseggono la civiltà più complessa che il mondo abbia mai visto, continuano a considerarsi un popolo semplice... Dato che il potere politico domina ancora la cultura, gli americani domineranno gli inglesi ancora per un bel pezzo".
La sua ammirazione per Hemingway, tuttavia, non gli impedisce di esibirsi (come tanti altri) in una gustosa parodia dello stile dell'autore de Il sole sorge ancora. La intitola Birra nel cappello del sergente maggiore (o Il sole starnutisce ancora), e la dedica "senza nessuna ragione al più grande narratore americano vivente, Ernest Hemingway". Il raccontino contiene tra l' altro una dozzina di volte la stessa battuta di dialogo: "Al diavolo. Non avrebbe dovuto farlo".
Nei taccuini finirono anche due raccontini scritti "per scioccare i vicini di casa". Uno, intitolato Più veloce, più lento, né l' uno né l' altro, è una perla anglofoba di deliziosa fattura, un dialogo serrato tra un uomo e una donna, in cui il soggetto - giudicato dalla terminologia - è l'esecuzione di un brano musicale (la donna chiede con estrema cortesia che il ritmo sia ora più veloce, ora più lento, fino al perfetto "presto ma non agitato", mentre l'uomo vorrebbe "impiegare l' intero pomeriggio piovoso"; e la donna replica: "Sì, ma ci sono anche le repliche"); ma, naturalmente, i due stanno facendo l' amore. Alla fine Chandler scrive: "Nota dell'autore: che Dio aiuti gli uomini nei pomeriggi piovosi".
Tra i "chandlerismi" si notano: "La lasciai con la virtù intatta, ma dopo una gran lotta. Aveva quasi vinto lei", "La sola differenza tra te e una scimmia è che tu porti un cappello più largo", "Tutto il vecchio fascino di un poliziotto che bastona un ubriaco", "Se non te ne vai, un altro che si levi dai piedi lo trovo", "Nulla mi rispose, nemmeno controfigura di un'eco", "I ragazzi che parlano e sputano senza disturbare le sigarette che vivono sulla loro faccia", "Buona notte, addio, e non vorrei essere te". Mentre poi, sul versante più serio, si trovano "grandi pensieri" ("La verità dell'arte impedisce alla scienza di diventare inumana, e la verità della scienza aiuta l' arte a non essere ridicola"), una trama mai elaborata (un uomo che vorrebbe essere invisibile per non essere costretto a imbarazzare e umiliare se stesso, la propria moglie e l' amante di lei quando li sorprende a letto insieme), e alcune parole di Somerset Maugham di cui Chandler faceva tesoro ("I critici mi accusano di scrivere scendendo al livello del pubblico; non è questo che ho fatto; avevo solo euforia, un dialogo divertente e un occhio per la situazione comica e gaia; c'era ben altro in me, ma per il momento lo tenevo da parte e scrivevo... per piacere"), di maggior spicco sono le Note sulla mystery story, un vero "vademecum" dello scrittore di "gialli". Si tratta di dodici regole: "Il racconto deve avere una motivazione credibile. Assassinio e scoperta dell'assassino devono essere tecnicamente plausibili. Deve essere onesto verso il lettore. Personaggi, ambienti e atmosfera devono essere realistici, parlare di gente vera in un mondo reale. La trama, a parte il mystery, deve essere buona. Deve esserci una qualche suspense, anche se di tipo soltanto intellettuale. Deve avere colore, mordente, e una dose ragionevole di audacia. Deve essere abbastanza semplice da poter essere spiegato facilmente se se ne presenta la necessità. Deve dar da pensare a un lettore abbastanza intelligente. La soluzione deve sembrare inevitabile. Non deve fare tutto allo stesso tempo. In un modo o nell' altro, il criminale deve andare punito". Più incisive ancora sono le regole supplementari: "La perfetta detective story non si può scrivere. Un mystery va nascosto dietro un altro mystery. Non è vero che 'il cadavere non interessa a nessuno'. L'amore indebolisce sempre una mystery story. L' eroe è il detective, che non può essere il colpevole. Lo stesso vale se il criminale narra in prima persona. L'assassino non può essere un pazzo".
Di squisita fattura è poi English Summer, un "romanzo gotico" inedito (splendidamente illustrato da Edward Gorey), circa 25 pagine di un delitto che resta impunito (un uomo, innamorato della moglie dell'amico che lo ospita, l'aiuta a occultare l'omicidio del marito, che le attribuisce, e che invece è stato commesso da un'altra donna, con cui il protagonista e marito, per motivi diversi, sono andati a letto lo stesso giorno; gabbata resta Scotland Yard). Chandler intendeva ampliarlo, farne un romanzo tout court; ma non ce la fece mai a "passare il Rubicone della letteratura". In questa direzione si riversò tutto sui saggi, di cui questo volume ne contiene uno su Hollywood che sembra scritto oggi. Per l' uomo secondo il quale "nessuno scrittore che non può imparare da solo è inutile che vada a scuola", i taccuini furono la sua lavagna e il suo abbecedario.


“la Repubblica”, 31 luglio 1991

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