Ti tuccavu li minni e
'cchi l'ha belli!
L'ha muddricuti comu
li 'ngiambelli.
Ti li tuccavu finu a
li spalli.
Luci di l'uocchi mia,
quantu l'ha belli!
Ti
toccato i seni, come li hai belli!
Li
hai mollicosi come le ciambelle.
Li ho
toccati fino alle spalle.
Luce
degli occhi miei, quanto l'hai belli.
Postilla
Questa poesiola fu raccolta sul finire degli anni 60 da Peppino
Smiraglia per la sua tesi di laurea dedicata ai canti e alle poesie
popolari del nostro paese, Campobello di Licata.
La ciambella o, più
precisamente, 'ngiambella, nel dialetto di oggi come in quello di
50 anni fa, non è quella sorta di pandolce morbido con o senza buco
che si produce in altre regioni e località e neanche la rotellina
morbida detta anche krapfen che ha lo stesso impasto dei “bomboloni”
del centro Italia; è un biscotto a base di uova molto simile al
savoiardo, a forma di disco allungato.
Ci sono – come spesso accade
– due scuole di pensiero sulle ciambelle: c'è chi fa in modo che
si formi nella parte superiore una sottile crosta croccante e chi
invece ama far lievitare il biscotto per effetto dell'uovo, in modo
che nonostante la sua piccola altezza - 7 millimetri, un centimetro
al massimo - produca al tatto un effetto di morbido, di “mollicoso”.
Così dovevano essere le mammelle amate dal poeta, morbide ma
consistenti (e non scrocchianti come le ciambelle con la crosticina
sopraelevata). Il riferimento al biscotto suggerisce, peraltro,
una dolce commestibilità di quei seni, da mordicchiare e suggere.
(S.L.L.)
Ottima lettura, grazie. Volevo segnalare che il concorso Ilmioesordio dedicato alla poesia è aperto fino al 30 ottobre! ilmiolibro.kataweb.it/articolo/partecipare/181144/ilmioesordio-e-il-momento-della-poesia/
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