9.10.15

Cibotto (S.L.L.)

Credo di non aver letto nulla di Gian Antonio Cibotto prima d'ora. Ho appena cominciato le Cronache dell'alluvione – Polesine 1951, un libretto che ho trovato a prezzo d'occasione, nella riedizione tascabile di Marsilio (2001); e fin dalle prime pagine credo di aver incontrato un grande scrittore. Al nitore del racconto o della descrizione corrisponde una scrittura classica, senza un aggettivo in più e senza un aggettivo in meno. Se ne avrò voglia ne scriverò a libro finito. Qui mi accontento di copiare, da quelle prime pagine, alcuni lacerti di scrittura e comunicare l'emozione che mi hanno trasmesso.

Eccoli:
Niente più della voce tradisce le emozioni. Con il volto si riesce a dissimulare, ma con la voce quasi mai. Magari è un impaccio appena percettibile, un'inflessione brevissima, un'esitazione...”

Negli incubi ci si aggrappa a qualsiasi pretesto, anche il più illusorio, il più assurdo. In fondo c'è una tale carica di mistificazione in noi stessi, per cui i pretesti calmano sempre. E non importa se per un attimo. Mai infatti l'uomo è così diabolico come nel trovarsi delle giustificazioni, nel mentire formalmente a se stesso.”

Alla fattoria padronale ci rispondono che non hanno né macchine né biciclette, ma in realtà non si fidano. I padroni non si smentiscono mai. Aggiungi che questi sono latifondisti, gente abituata per tradizione atavica a non credere nell'uomo, alla possibilità di un gesto disinteressato, altruista.”

Mattinata chiara, squillante, d'un sole che si diverte a far ridere ogni cosa: prati tetti, strade, case, investendoli di luce. Perfino la malinconia delle vecchie mura piagate dall'umidità, nelle vie fuori mano, sembra rianimata. Basta infatti un alito di vento sui ciuffi d'erba sporgente, perché baleni come un presentimento di primavera.”

Per comunicare l'emozione mi viene in mente una sola parola: Manzoni.

Lo vedo che qui c'è tanta più paratassi, quasi il rifiuto della frase lunga, ma a me viene in mente Manzoni.  

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