15.10.15

Il neo di Dio e quello di Marilyn (Piero Bianucci)

Marilyn aveva un piccolo neo sulla guancia sinistra. Una asimmetria. In alcune fotografie della diva non si vede: è stato ritoccato. Qual è la Marilyn più bella? I fisici delle particelle risponderebbero quella con il neo (poi vedremo perché), e probabilmente, anche senza conoscere la fisica, quasi tutti sarebbero di quest’opinione.
La simmetria è bellezza ma perché la bellezza sia davvero tale è necessaria una piccola violazione: una asimmetria pressoché impercettibile dà risalto alla simmetria dominante. Se è perfetta, la simmetria è stucchevole, insipida, algida, astratta. Marilyn, per fortuna, era una donna vera, in carne e ossa. Quindi con le sue piccole asimmetrie: oltre a essere lievemente strabica, ne aveva una anche nel camminare. Una asimmetria, questa, che dava al suo passo uno sbilanciamento delizioso. A chi ci vedeva una malizia replicava candidamente: “Che possofarci se ho un difetto all’anca?”
E’ tortuoso, ma si potrebbe analizzare più a fondo la questione del viso di Marilyn. La posizione che il neo occupa sulla sua guancia è all’incirca equidistante dalla narice e dal punto di congiunzione delle labbra e con essi forma un triangolo equilatero. Marilyn sarebbe stata ugualmente bella se il neo fosse stato quasi a contatto con la narice o con il taglio delle labbra?
In questo caso direi di no, e la prova ce la dà Cindy Crawford: che è bellissima, certo, ma un po’ guastata da quel neo così vicino alle labbra. L’asimmetria del neo di Marilyn, dunque, era apprezzabile perché stava inscritta in una ulteriore simmetria.
Non è finita. Ho detto, guadando una fotografia del 1956 che compare nel libro su Marilyn di Norman Mailer pubblicato nel 1973, che il triangolo tra neo, narice e giunzione delle labbra è all’incirca equilatero. All’incirca, appunto. E ciò significa che l’asimmetria è inscritta in una simmetria che però è a sua volta approssimativa, cioè lievemente violata.
L’astrofisico Marcelo Gleiser è autore di un libro intitolato Il neo del Creatore appena pubblicato in Italia da Rizzoli. Il “neo” attribuito addirittura a Dio è la violazione di simmetria che i fisici (e poi anche i biologi) hanno incontrato nelle loro ricerche, è il filo conduttore del libro.
C’è una asimmetria del tempo, che scorre in una sola direzione, come (purtroppo) ben sappiamo. C’è una asimmetria tra materia e antimateria: dovrebbero essersi formate in pari quantità, ma dell’antimateria originaria non c’è traccia; l’universo intero sarebbe ciò che è sopravvissuto di una piccola asimmetria primordiale.
C’è nelle particelle elementari e nell’interazione debole che interviene nei fenomeni radioattivi una asimmetria destra/sinistra e di carica elettrica: la si afferra in una minima parte dei decadimenti del mesone K neutro e della sua antiparticella; la scoprirono nel 1964 James Cronin e Val Fitch e per questo ricevettero il premio Nobel. Chissà che la prevalenza della materia sull’antimateria non abbia qui la sua origine remota...
C’è una asimmetria nell’espansione dell’universo: la si coglie nella fase inflattiva dei primi istanti dopo il Big Bang e nell’accelerazione del moto di espansione scoperta nel 1998, espansione che sarebbe iniziata 5 miliardi di anni fa. Una asimmetria, infine, si annida nel profondo degli organismi viventi: tutti gli amminoacidi di cui siamo fatti (tranne uno) sono levogiri. Cioè deviano a sinistra il piano della luce polarizzata, un aspetto della chiralità (in greco kiros significa mano) a livello molecolare. I chimici chiamano chiralità il fatto che molecole di composizione identica non siano sovrapponibili ma siano l’immagine speculare l’una dell’altra, così come la mano destra è l’immagine speculare della sinistra. Ne seguono proprietà ottiche e chimiche radicalmente diverse. Un tema, la chiralità, che affascinò profondamente Primo Levi: lo affrontò nella tesi di laurea, e poi in un saggio del 1984.
Come si vede, sono tante le asimmetrie, i “nei” della natura, e poiché Gleiser è credente, da uomo di fede vede nella natura l’impronta di Dio, al quale di conseguenza fa risalire il neo (dopo di che, a pagina 373, cede anche lui alla seduzione del neo di Marilyn e ci spiega che il bello è lì, nella violazione della simmetria).
Ora, gran parte dei progressi della fisica dell’ultimo secolo si deve al fatto che i fisici hanno creduto nella simmetria della Natura come in un dogma. Salvo poi accorgersi che in qualche misura sempre il dogma risultava incrinato. Il Modello Standard delle forze e delle particelle elementari è stato costruito sui concetti di simmetria e rottura di simmetria.
L’idea che si possa arrivare a una Teoria del Tutto, cioè a una teoria fisica totale e definitiva, comporta però, a monte, l’idea di una simmetria assoluta, garantita dalla sua eleganza estetica.
Proprio su questo punto diverge Gleiser. Secondo lui non ci sarà mai fine nella nostra comprensione del micro e del macrocosmo, e la loro bellezza sta nelle minime ma sostanziali asimmetrie che li rendono inafferrabili. Il mistero, l’inconoscibile, è un confine che si sposta ma non si supera.
Incidentalmente, questa è anche la posizione di Tullio Regge, un fisico teorico che alle simmetrie ha sempre dato una forte attenzione, al punto che tra i programmi tv per Raitre che realizzammo insieme negli anni 80 con la regia di Bruno Gambarotta uno fu dedicato alle simmetrie in ogni loro aspetto: geometria, arte, musica, fisica, chimica, cristallografia e così via.
Marcelo Gleiser, che ora insegna fisica e astronomia al Darthmouth College negli Stati Uniti, è stato credente, poi non credente e infine di nuovo credente a mano a mano che seguiva il suo percorso di studi e poi di ricerca. Nel suo libro il parallelismo scienza e fede è sempre presente in chiave autobiografica, cosa che può dare un certo fastidio a chi legge “Il neo del Creatore”.
Scienza e fede sono come acqua e olio: possono formare una emulsione, ma sono e rimangono cose separate e distinte; ogni operazione che cerchi di mescolarle risulta ambigua, se non oscurantista. Risulta anche rischiosa, come si vede dove Gleiser sembra sedotto da una ipotetica unicità della vita intelligente sulla Terra. Non si può negare, però, la buona fede con cui argomenta le sue tesi “mettendoci la faccia”. Così come sono fuori discussione la chiarezza e la semplicità con cui divulga in quattrocento pagine un secolo di fisica e di cosmologia.


Tuttoscienze La Stampa 05/09/2011

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