9.12.15

Oligarchi in Israele (Anna Momigliano)

Roman Abramovich
Sarà perché le autorità fanno poche domande sulla provenienza dei soldi, oppure perché ottenere la cittadinanza è facile. O forse sarà perché dove c’è il Mossad, Mosca non osa colpire col polonio. Fatto sta che molti oligarchi russi di origine ebraica stanno acquistando casa in Israele.
Roman Abramovich ha comperato qualche mese fa un albergo a Neve Tzedek, il quartiere più antico di Tel Aviv, oggi gentrificato. Lo ha pagato 100 milioni di shekel, l’equivalente di 24 milioni di euro. Secondo la stampa israeliana, il proprietario del Chelsea intende usare la villa come sua abitazione principale. Più ambizioso Valery Kogan, il miliardario proprietario di uno degli aeroporti di Mosca, nonché di svariate miniere in Kazakhstan e in Africa, che ha da poco completato la costruzione della sua reggia nella città costiera di Cesarea. Si tratta della più grande dimora di tutto il Paese, con un salotto di 500 metri quadri, riporta il giornale “Yediot Ahronot”.
«Sono almeno dieci anni che gli oligarchi russi di origine ebraica si stanno costruendo degli sfarzosi pied-à-terre in Israele», racconta a “pagina99” Lisa Goldman, co-fondatrice del sito d'informazione israeliano “+972”. «In quanto ebrei, possono ottenere la cittadinanza israeliana. In quanto miliardari possono comprarsi un influenza politica». Israele sta diventando «un parco giochi per gli oligarchi», scriveva senza mezzi termini qualche settimana fa l’“Economist”. E per quanto il fenomeno non sia nuovo, negli ultimi anni ha registrato un accelerazione.
Alcuni oligarchi trascorrono nelle loro dimore mediorientali appena qualche settimana l'anno, altri vivono semistabilmente nel Paese. Più che dal richiamo delle origini, sono attirati da un certo laissez-faire delle autorità nei confronti dei grandi capitali esteri: le ricchezze non dichiarate ammonterebbero a circa un quinto del prodotto interno lordo del Paese. «Sulla stampa locale si legge spesso di oligarchi sotto inchiesta che trovano rifugio nel Paese, oppure di richieste di chiarimenti da parte dell’Interpol in casi di sospetto riciclaggio del denaro», dice Goldman.
Prima di Kogan e Abramovich hanno comprato casa in Israele Vitaly Malkin, ex banchiere e senatore russo che nel 2013 ha dovuto lasciare la politica moscovita proprio a causa della sua cittadinanza israeliana, e Moshe Kantor, magnate dei fertilizzanti. Già nel 2008 un popolare gruppo reggae israeliano, gli Hatikvah 6, dedicava una canzone al signore del commercio d’armi Arcadi Gaydamak: «Gaydamak si compra tutto, HaPoel, il Beitar (due squadre di calcio ndr), tra un po si compra pure noi». Come Kogan, anche Gaydamak possiede una villa a Cesarea. E a un certo punto si era persino candidato, senza successo, a sindaco di Gerusalemme, ma oggi pare viva soprattutto a Mosca.
Tra gli oligarchi provenienti dall’ex Urss più noti in Israele si segnalano anche Lev Leviev, originario dell’Uzbekistan, che si è arricchito con i diamanti in Angola e ora finanzia gli insediamenti in Cisgiordania, e l’israelo-ucraino Vadim Rabinovich, che si è presentato alle elezioni di Kiev nel 2014 ma risulta residente a Bitan Aharon, un moshav, o insediamento collettivo, nel centro di Israele.
I primi oligarchi hanno lasciato Mosca per Tel Aviv all’inizio degli anni Duemila, quando Vladimir Putin ha iniziato a fare sentire il suo pugno di ferro contro gli imprenditori che avevano fatto fortuna durante l’era del bespredel (sregolatezza), ai tempi di Boris Eltsin. Per chi poteva sfruttare la Legge del Ritorno, Israele era una destinazione ideale perché lo Stato ebraico difficilmente concede estradizioni: nel 2001 il magnate dei media Vladimir Gusinsky sfuggì a un mandato di cattura trasferendosi in Israele; nel 2003 Leonid Nevzlin, braccio destro di Mikhail Khodorkovsky al colosso energetico Yukos, scappò in Israele per evitare di fare la fine del suo capo, condannato a 13 anni di carcere.
L'“Economist”ipotizza che, per chi ha nemici a Mosca, il trasferimento in Israele può essere anche una scelta dettata dalla sicurezza: «Molti degli oligarchi devono tenere gli occhi aperti, nel caso ci sia qualche sicario o del polonio nel loro tè», scrive il settimanale, con un velato riferimento ad Aleksandr Litvinenko, l’ex agente segreto assassinato a Londra con la sostanza radioattiva. «Il sottinteso è che l’intelligence russa non osa sfidare la sua controparte israeliana, tanto che non ci sono stati assassinii [di oligarchi] nel Paese». Lo stesso non si può dire del Regno Unito, dove sono morti in circostanze sospette Boris Berezovsky e Alexander Perepilichnyy, nel 2013 e nel 2012 rispettivamente.
La presenza, immobiliare e non, degli oligarchi in una piccola nazione come Israele ha ricadute politiche ed economiche, racconta a “pagina99” Anshel Pfeffer, corrispondente da Gerusalemme per l'“Economist nonché redattore di “Haaretz”. «Alcuni oligarchi sono vicini a Lieberman e altri membri di Yisrael Beitenu», spiega Pfeffer, riferendosi alla formazione nazionalista dell’ex ministro degli Esteri Avigdor Lieberman, originario della Moldavia. Inoltre gli investimenti immobiliari potrebbero avere contribuito all’aumento vertiginoso del costo degli affitti, che ha scatenato le proteste sociali del 2011 e che non accenna a ridimensionarsi: «Alcuni sostengono che l’acquisto di immobili da parte degli oligarchi sia una delle cause di questa impennata, ma gli esperti concordano sul fatto che il lusso abbia poca influenza sul più ampio settore immobiliare. Però forse c’è un qualche effetto sui prezzi a Tel Aviv, dove molte delle nuove costruzioni riguardano la fascia alta di mercato». Tra le destinazioni più popolari tra i tycoon dell Est, oltre a Tel Aviv, ci sono le località di mare già amate dai ricchi israeliani: Herzliya, per esempio, o Cesarea, dove la mega-villa di Kogan sorge non lontano dall’abitazione privata del primo ministro Benjamin Netanyahu.

"pagina99we", 5 dicembre 2015

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