9.12.15

Calabria medievale (Marina Montesano)

Ci sono argomenti e luoghi, nella storia, che godono di una sovraesposizione: per il medioevo Venezia e per il rinascimento Firenze, ad esempio. Altri, invece, restano meno noti, e non perché poco interessanti. È il caso di regioni come la Calabria e la Basilicata che, strette fra Sicilia, Campania e Puglia, finiscono per esser considerate marginali nel quadro storico; meno indagate dalla storiografia e soprattutto ignorate dalla cultura condivisa.
A colmare questa lacuna, almeno per alcuni secoli della nostra storia, arrivano Pietro Dalena e il suo Calabria medievale. Ambiente e Istituzioni, secoli XI-XV (Adda Editore, pp. 388, euro 20) che, come il titolo promette, ripercorre la storia della regione nei secoli bassomedievali.
Per ciò che attiene alla scelta della cronologia, vale quanto nota Franco Cardini nella prefazione: «La regione appartiene appieno a quello scacchiere bizantino (…) che in questo inizio di secondo millennio è la forza trainante in un’Italia, per non parlare del resto d’Europa, che ancora fatica a uscire da una condizione di ruralità, di economia in lentissima ripresa rispetto ai secoli più difficili compresi tra V e VIII. La Calabria è una terra ricca di risorse minerarie, di centri relativamente popolosi, di coltivazioni pregiate come vigne e olivi, di allevamento abbondante. È indubbio che, di fronte a questa situazione preesistente, la conquista normanna, con i saccheggi prima, con l’istituzione di un ordine feudale poi, abbia rappresentato un forte elemento di discontinuità se non addirittura di rottura. Ci si potrebbe chiedere se la ’storia spezzata’, la cesura tra tardoantico e medioevo risieda, per la Calabria, soprattutto quella centro meridionale (rimasta estranea agli influssi longobardi), proprio in quest’epoca».
Eppure, la storia della regione sembra seguire sostanzialmente quella del resto della penisola e dell’Europa all’inizio del secondo millennio, quando si palesano con evidenza i segni della ripresa; sebbene, come ormai appare chiaro, il «risveglio dell’Anno Mille» altro non era se non l’emergenza di un graduale processo che si ebbe a partire dall’VIII-IX secolo, quando da molte parti dell’Europa giungono prove di un incremento demografico; il miglioramento climatico attestato da quel momento può aver agito sulla società, contribuendo alla crescita demografica, in due modi: anzitutto grazie ai raccolti più abbondanti e alla fine delle carestie causate dal maltempo; e poi anche a causa della diminuzione delle malattie caratteristiche del clima freddo, che colpiscono soprattutto i bambini. L’intiepidirsi dell’aria e il miglioramento qualitativo e quantitativo del vitto non solo posero un argine alla mortalità infantile (del resto molto forte in tutta l’età preindustriale), ma alzarono in genere il livello della vita media. Oltre a ciò, le meno dure condizioni di vita dovettero incoraggiare le famiglie a diventare più numerose.
Non sono dettagli insignificanti: il libro di Dalena si apre infatti con un’ampia analisi del paesaggio, delle risorse, delle catastrofi naturali della Calabria nei secoli presi in esame. Soltanto dopo tale doverosa premessa si passa ai quadri istituzionali: ed è, difatti, questo il primo punto di forza del libro: saper tracciare un quadro di storia à part entière, dalla quale si evince come le istituzioni non possano prescindere dalla realtà profonda di un territorio; che nel caso della Calabria è certamente una realtà aspra, difficile, dove la natura è bella ma anche impietosa; al punto che, negli anni terribili della Peste Nera di metà Trecento, la regione fu martoriata anche dal terremoto del 1349, come nota Dalena.
A quel punto però la regione viveva già in uno stato di crisi differente, meno passeggera da quello di altri territori d’Europa; il governo angioino, infatti, con le sue politiche fiscali, aveva spopolato le campagne e distrutto l’economia. Non sembra che il successivo, decisamente migliore governo aragonese abbia potuto fare più di tanto, nonostante l’autore ne registri le positive strategie amministrative.
Con il governo aragonese il libro esaurisce il suo compito e si ferma. Compito che peraltro assolve pienamente; perché il secondo merito di Calabria medievale non sta nel fatto di essere un unicum: come già detto, l’area ha registrato un interesse moderato nella storiografia, ma una tradizione in materia esiste, e di essa lo stesso Dalena dà conto già in apertura; ma qui per la prima volta siamo dinanzi a un quadro di sintesi che, attraverso il rinnovamento del metodo di indagine (con il ricorso alla climatologia storica e alla storia ambientale), diviene fruibile anche per un pubblico di non specialisti.


“il manifesto”, 25 luglio 2015

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