30.12.15

Umbria. Un'amministrazione regionale inutile (micropolis dicembre 2015)

Riprendo da “micropolis”, il mensile umbro che esce con “il manifesto”, un editoriale molto amaro sull'amministrazione del “cuore verde d'Italia!”, non firmato, ma attribuibile allo storico Renato Covino. Ho il sospetto che anche altrove le Regioni e i Comuni funzionino allo stesso modo. (S.L.L.)
Un'immagine di Terni
Ci mancavano solo le polveri sottili, nei confronti delle quali le amministrazioni comunali di Terni e Foligno, come del resto quelle di altre aree d’Italia, non riescono a trovare soluzioni efficaci sia pur provvisorie, per aggiungere precarietà ad una situazione già precaria. Esse sono la dimostrazione palese di come l’Umbria e le sue città siano ormai entrate a far parte della storia del paese, perdendo ogni aureola di diversità. Le polveri sono il frutto di problemi lasciati a lungo marcire, rispetto ai quali nessuno ha saputo o voluto prendere per tempo misure efficaci. Il gioco è sempre quello. Minimizzare, occultare, scaricare le responsabilità del presente e del passato. Così è su tutto.
La Gesenu e i suoi vertici vengono posti sotto inchiesta con il sospetto di essere collusi con circuiti criminali? “Noi non c’entriamo niente, è colpa di altri, semmai siciliani e sardi”; per fare una commissione d’inchiesta c’è voluto del bello e del buono: “Non vorremmo intralciare il lavoro della magistratura”. La statale della Val di Chienti si rivela un verminaio di furti e corruzione e viene messa sotto inchiesta dalla magistratura? “Noi non abbiamo colpe, chiedete all’Anas”, la governatrice si limita a tagliare nastri. Scoppia lo scandalo della truffa delle banche? Ci si limita a votare tutti insieme un ordine del giorno, per il resto muti come pesci: “Non abbiamo competenze”, anzi si alimenta la congiura del silenzio. Scoppia nell’orvietano la questione della geotermia ed arriva in Regione? Si blocca ogni decisione e parere in attesa che decida il governo per poter dire ancora una volta: “Non possiamo far nulla”, come si sa ubi maior minor cessat. Se scioperano i lavoratori della sanità è cosa che non riguarda la Regione, come poco la riguardano le situazioni di crisi. Gli esempi potrebbero continuare con il Piano trasporti, l’assenza di discariche, la questione degli inceneritori e via dicendo. Nessuna reazione, nessuna vicinanza con i cittadini, con i lavoratori, con le vittime delle banche.
Di cosa si occupi la Regione se non della macroregione e di battibecchi con le minoranze, in primis con i pentastellati, è cosa arcana, oscura. Ma forse questa nonchalance dipende dalla convinzione che le cose stanno migliorando. Del resto non stanno aumentando i consumi degli umbri? Il turismo non è cresciuto? Le produzioni tipiche non stanno sfondando sui mercati internazionali? Persino i cinesi sono innamorati dell’Umbria. Basta migliorare l’efficienza e l’efficacia della macchina pubblica, accorpare, centralizzare, razionalizzare e tutto si rimetterà a posto; poi arriveranno i soldi dell’Europa che aiuteranno la ripresa. Già, la ripresa, l’impresa creativa, le start up. Solo che gli ultimi dati Istat attestano una crescita del Pil regionale pari ad un +0,4% dopo anni neri di recessione, quando le previsioni nazionali erano stimate al +0,9%; i salari annui medi lordi sono poco al di sopra dei 25 mila euro, al penultimo posto in Italia; disoccupati e cassaintegrati non accennano a diminuire. Insomma gli indicatori economici non dovrebbero suscitare molto ottimismo. Allora perché non se ne prende atto, non si prova a dare una risposta, non si tenta almeno di fare quel poco che si può per alleviare una situazione critica? Perché non si dice la verità? I motivi sono vari e diversi.
Il primo è la convinzione di essere sostanzialmente impotenti di fronte alla crisi e ai vincoli dell’Unione Europea. Al massimo si può limitare il danno. Il secondo è una sorta di cupidigia di servilismo - come affermò Vittorio Emanuele Orlando a proposito dell’atteggiamento di un governo centrista presieduto da De Gasperi nei confronti degli Usa - nei confronti del governo e dei poteri centrali. Il terzo è il fatto che oggi la politica locale non viene più concepita come arte del possibile, ma come amministrazione dell’esistente.
Infine maggioranza e governo regionali sono completamente interni alla narrazione renziana, compresa la versione che nega un ruolo di qualche rilevanza alle autonomie locali, riducendole a passa ordini o meglio a passa carte, luoghi di corruttela da risanare.
Se è così appare evidente che questa amministrazione regionale, come del resto gran parte delle altre, sia da una parte un orpello dall’altra testimoni la sua evidente inutilità. È destinata a fare poco e nulla, aiutata in questo dallo stato desolante delle finanze pubbliche, dal discredito che gode tra i cittadini, da una disaffezione crescente che attraversa la società nei confronti delle istituzioni. Gli umbri sanno ormai di non poter più contare sui loro rappresentanti e in sempre meno si recano a votare, pensano - in parte sbagliando - che la politica non sia più in grado di aiutarli a uscire dalle difficoltà del presente, si rifugiano nelle famiglie e nelle comunità dove operano vincoli solidaristici spesso primitivi.

Comuni e Regioni sono percepiti come luoghi ostili, a cui pagare tasse e balzelli sempre più alti, che erogano sempre meno servizi, dove imperano burocrazia e procedure a volte assurde. Si dirà che non è vero, che non sono tutti uguali, che esistono differenze sostanziali tra destra e sinistra, tra populismo e capacità di governo. Se è così si provi a spiegarlo ai governati, ai cittadini. Sarebbe perlomeno un utile esercizio di umiltà.

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