14.1.16

«Si vive finché si ama». Intervista a Elena Benvenuti Binni (Sandro Allegrini)

Il testo che segue è un'intervista dello scorso aprile a Elena Benvenuti, la vedova di Walter Binni, che fu, con la comunista Fernanda Maretici, la prima donna consigliere comunale a Perugia, per il Partito socialista, nel 1946. Ho avuto la gioia di conoscerla nelle campagne lucchesi, donde era originaria ed ammirarne a 101 anni la presenza e lo stile. E' morta domenica scorsa e l'abbiamo salutata ieri, nella Chiesa di Casaglia. C'era poca gente, la famiglia, qualcuno degli amici di Capitini e Binni, qualche femminista, qualche intellettuale illuminato. Nessun politico in attività, ad eccezione del presidente del Consiglio Comunale, Varasano, che è un uomo di destra, ma ha mostrato nell'occasione sensibilità istituzionale. Nessun esponente della sinistra, del centro sinistra o del partito democratico. Il prete che ha fatto l'omelia si è dimostrato professionalmente capace: s'è documentato sulla figura della Benvenuti, ha citato alcune sue frasi, ha fatto riferimento senza citarlo a Capitini e alla sua teoria della compresenza dei morti e dei viventi. (S.L.L)
Elena Benvenuti con il figlio Lanfranco Binni 
Elena Benvenuti è nata a Lucca, il 16 settembre 1912. Studentessa universitaria a Pisa, nella Facoltà di Lettere, conobbe Binni nel 1932 alle lezioni dell'italianista Attilio Momigliano. Dal 1933 iniziò la sua profonda relazione d'amore con Walter, di cui sarebbe stata la compagna di tutta una vita. Si sposarono nel gennaio del 1939, stabilendosi a Perugia, dove Binni insegnava all'Università per Stranieri.
Dopo la Liberazione, fu eletta per il Partito socialista nel primo consiglio comunale di Perugia, mentre Binni fu eletto deputato socialista all’Assemblea Costituente. Da sempre è stata la più assidua collaboratrice del marito, battendo a macchina i suoi libri, correggendo le bozze, curandone la corrispondenza, partecipando alle sue relazioni politiche e letterarie.

Cosa ricorda degli anni di Perugia?
Abbiamo vissuto a Perugia dal 1939 al 1948, gli anni dell’antifascismo, della guerra, della Resistenza e della Costituente. Walter era già attivo, dal 1936, nelle reti nazionali della cospirazione antifascista, a fianco di Aldo Capitini. Per me la grande scoperta, a Perugia, fu proprio Capitini, un vero campione di rigore intellettuale e morale: per Walter un fratello maggiore, per me un grande amico, per i miei figli un maestro (il figlio Lanfranco ha in preparazione un libro sul Capitini politico, ndr). Ripenso spesso all’entusiasmo con cui Walter ed io salivamo di corsa i 103 gradini che portavano allo studiolo di Capitini, nella torre campanaria del Palazzo dei Priori, per incontrarci con lui. Sono stati anni intensi, drammatici, entusiasmanti: di conflitto e di liberazione, di solidarietà e di speranza.

Poi, la partenza da Perugia.
Nel 1948, conclusi i lavori della Costituente, Walter vinse una cattedra all’Università di Genova. Da quel momento si sarebbe totalmente dedicato al suo lavoro di critico, storico della letteratura e docente universitario. Da Perugia ci trasferimmo a Lucca, poi nel 1958 a Firenze, e infine (1964) a Roma, dove Walter concluse la sua attività universitaria.

Che cosa ha significato vivere accanto a un grande intellettuale?
Più che accanto, siamo vissuti insieme. Ho imparato, nel corso della mia lunga vita, a dare un grande valore a questa parola.

Dopo la morte di Binni, nel 1997, si è dedicata all’ordinamento del suo archivio.
Ho continuato a lavorare “con lui”. La sua biblioteca di studioso (15.000 volumi) è stata donata, per sua volontà, alla Regione Umbria, per essere collocata nella Biblioteca comunale Augusta di Perugia, dove oggi si trova, finalmente catalogata. Il lavoro più impegnativo ha riguardato l’archivio, che oggi si trova in gran parte presso l’Archivio di Stato di Perugia: lettere (più di 14.000), fotografie, documenti. Con i miei figli Francesco e Lanfranco stiamo ancora ordinando gli ultimi materiali.

E le lettere di Binni ai suoi corrispondenti? Sono state pubblicate?
Alcune sì: nel 2007 è stata pubblicata una scelta dell’immenso carteggio con Capitini, nel 2009 quello con Giuseppe Dessí, recentemente quello con Luigi Russo.

E le opere di Binni? È in corso un’edizione delle opere complete…
Sì, se ne occupa Lanfranco con Il Ponte Editore. Sono già usciti nel 2014 «Leopardi», 3 voll., «Scritti novecenteschi», «Scritti politici», «La poetica del decadentismo»; è in stampa «Ariosto», in preparazione «Alfieri», 2 voll., e quattro volumi di scritti settecenteschi. Il piano editoriale prevede venti volumi entro la fine del 2017. Mi piace che, oltre all’edizione su carta, le opere siano liberamente scaricabili da Internet, dalla sezione “Biblioteca” del sito www.fondowalterbinni.it. Questa soluzione sarebbe piaciuta anche a Walter.

Binni si definiva «leopardista leopardiano» e «pessimista rivoluzionario», è vero? E che significa?
Sì, Leopardi è stato il poeta della sua vita e ha continuato a frequentarlo, a studiarlo, a scriverne fino alla fine. Uno dei libri che amava di più era La protesta di Leopardi, pubblicato nel 1973, e quel titolo rivelava il legame profondo tra Leopardi e la concezione del mondo di Walter. Si trattava anche della protesta esistenziale e politica dello scrittore e del critico: intransigente, indignato, inconciliabile, antiaccademico.

Un ricordo degli amici perugini?
È indelebile il ricordo di tanti amici: Aldo Capitini, Bruno e Maria Enei, Ilvano e Marisa Rasimelli, Maria Schippa, Piera Brizzi, Alberto e Renata Apponi, Remo e Clara Mori... L'elenco sarebbe lunghissimo, di una straordinaria varietà umana ed esistenziale. Spesso rivedo i volti di tante umili donne di Via della Sposa (abitavamo in via Lorenzo Spirito Gualtieri), compagne comuniste e socialiste, straordinariamente umane e generose. In quegli anni sono nati i nostri due figli, Francesco e Lanfranco (il quale ricorda che a insegnargli a leggere fu il grande perugino Giacomo Santucci, ndr). Poi la vita ci ha portati altrove, ma il legame con Perugia è rimasto sempre fortissimo. Walter amava la sua città, la considerava all'origine della sua stessa “tensione” di critico, con la durezza sconvolgente della tramontana, la presenza della Storia in ogni suo dettaglio, l'invito all'essenzialità.

Un bilancio dei suoi “primi” cento anni?
Oggi, dall'altezza dei miei anni, ormai più di cento, continuo a considerare centrale il valore delle esperienze che abbiamo avuto la buona sorte di vivere. Auguro a tutti, con gratitudine, una vita essenziale e attenta alle persone. Da vivere «con semplicità», come mi scrisse Aldo nella sua ultima lettera, e parlava della sua morte imminente. Diceva Bonhoeffer, il grande teologo tedesco assassinato dai nazisti, che niente è più miracoloso del sorriso di un bambino. E, come Walter continuamente ripeteva (con Feuerbach), si vive finché si ama.


“il Giornale dell'Umbria”, 15 aprile 2015

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