27.2.16

Super capre e beagle forzuti. Il genoma diventa business (Eleonora Degano)

Produrre la sequenza di Rna che riconosce il Dna da colpire costa circa dieci euro. L’intero processo di editing del genoma, una trentina. Con un investimento irrisorio e le competenze di un dottorando, la tecnologia Crispr, che sta rivoluzionando l’ingegneria genetica, è alla portata di ogni laboratorio.
I "Bama", micromaiali per la ricerca medica prodotti in Cina
Crispr/Cas9 è il frutto del lavoro di Jennifer Doudna, dell’Università della California a Berkeley e di Emmanuelle Charpentier dell’Helmholtz Centre for Infection Research. Nonostante sia molto più economico e semplice da utilizzare rispetto ai predecessori, sono emersi dei limiti legati all’efficacia su alcune specie e alla specificità di azione. Così un gruppo di ricercatori del Mit e del Broad Institute di Harvard, guidato da Feng Zhang, 33 anni, ha creato una versione dall’azione più precisa modificando tre dei circa 1.400 aminoacidi che formano Cas9. Una scoperta, pubblicata su “Science”, che Zhang ha dichiarato di voler rendere disponibile gratuitamente a scopi di ricerca. E che si è inserita, insieme alla “sua” versione di Crispr descritta qualche tempo fa, in una battaglia per i brevetti tra il suo gruppo di ricerca e quello di Charpentier.
Per anni varie squadre di scienziati hanno lavorato a Crispr. C’è chi ha identificato Rna guida, chi gli enzimi, chi ne ha compreso la struttura. Eppure in molti casi «le grandi aziende si stanno disinteressando alla proprietà dei brevetti, puntando ad arrivare per prime sul mercato a costo di pagare le royalties a qualcun altro», spiega Mauro Mandrioli, professore associato di genetica all’università di Modena e Reggio Emilia. «Il timore è che la ricerca subisca un’accelerazione eccessiva per la troppa disponibilità economica. Non conosciamo ancora gli effetti off target, se e come il sistema modifichi altri geni oltre a quelli scelti, né abbiamo idee precise sulla stabilità. È precoce considerarlo uno strumento di cura, servirà tempo per ottenere dati sulla sicurezza».
Dal punto di vista commerciale, gli investimenti dei privati premono perché il metodo di editing genomico arrivi presto sul mercato anche come terapia genica, e sostengono le numerose startup biotech legate a Crispr oggi in competizione tra loro per ricerca, brevetti e, ovviamente, fondatori. A livello di prime immissioni di capitali, le cifre a disposizione sono notevoli: la Editas Medicine di Cambridge (co-fondata da Church e Zhang e che sta facendo ricerca, in fase pre-clinica, sulle applicazioni di Crispr sulla distrofia di Duchenne) è in cima alla lista e ha ottenuto 120 milioni di dollari da un round di investimenti in cui spiccano nomi come Bill Gates e Google Ventures. La Crispr Therapeutics di Basilea, di cui E. Charpentier è co-fondatrice, ha un potenziale di investimento di quasi 90 milioni; la Caribou Biosciences di Berkeley e l’Intellia Therapeutics (in collaborazione con Novartis), entrambe co-fondate da J. Doudna, contano rispettivamente 11 e 15 milioni.
Un quadro normativo non c’è ancora e agli scienziati si chiede di agire in modo responsabile: pochi giorni fa, a Washington, una conferenza organizzata dalla National Academy of Sciences ha stabilito il rilascio di linee guida entro il 2016 . Nel frattempo, a che punto siamo?
In un contesto tanto complesso, l’utilizzo di Crispr su animali di interesse zootecnico potrebbe essere tra i primi applicati. Gli occhi sono puntati sulla Cina, dove è già stato creato un nuovo tipo di capra, dai muscoli più grandi e vello più lungo, per aumentare la produzione di carne e lana. Dal Beijing Genomics Institute sono usciti i micro-maiali Bama (creati come animali modello per la ricerca e ora venduti come pet a 1.600 dollari) e dai Guangzhou Institutes of Biomedicine and Health due robusti beagle, Hercules e Tiangou, creati silenziando il gene che codifica per la miostatina, una proteina che inibisce la crescita muscolare.
Grazie a una politica di “rientro dei cervelli” ed enormi investimenti in ricerca e sviluppo (257 miliardi di dollari nel 2012) la Cina ha raggiunto gli Usa nella corsa alla Crispr. Al punto che il gruppo di Junjiu Huang, alla Sun Yat-sen University di Guangzhou, l’ha usata su embrioni umani per modificare il gene responsabile della beta-talassemia, una malattia del sangue potenzialmente fatale. Nonostante gli embrioni (donati da una clinica per la fertilità) non fossero viabili – vale a dire non utilizzabili per la fecondazione assistita – la ricerca ha sollevato un polverone sia dal punto di vista dei limiti di Crispr, che su di essi non si è dimostrato efficace, sia per l’aspetto etico.

A oggi «i principali risultati della tecnica Crispr/Cas9 riguardano gli animali. In primis la possibilità di creare dei modelli che replichino le nostre patologie», spiega Mandrioli. Come succede, per esempio, allo Yunnan Key Laboratory of Primate Biomedical Research, dove gli scienziati hanno aumentato lo sviluppo neurologico di un gruppo di scimmie per usarle nello studio di condizioni come autismo e Alzheimer. Un’altra possibilità è data dagli xenotrapianti, “coltivare” in altre specie, come i maiali, organi per i trapianti umani. «Finora la ricerca era limitata da due ostacoli: i retrovirus del genoma suino, trasmissibili agli esseri umani, e il rischio di rigetto».
Tramite Crispr, «il gruppo di ricerca del genetista George Church di Harvard ha spento i 20 geni alla base del potenziale rigetto e inattivato tutte le 62 copie di retrovirus che conosciamo. I risultati per questo secondo traguardo non sono ancora stati pubblicati, ma renderebbero concreto l’allevamento di suini per trapianti già nei prossimi anni», dice Mandrioli. Con eGenesis, la società di Boston di cui è co-fondatore, Church va in questa direzione.
Anche in ambito clinico, pur essendo molto lontani da sperimentazioni su esseri umani, l’editing con Crispr apre possibilità affascinanti: inattivare il virus dell’Hiv nei pazienti sieropositivi, inattivare le cellule tumorali o produrne di ingegnerizzate da usare come “farmaco” contro il cancro. O ancora, alterare i geni associati a patologie cardiache come stanno facendo ai Gladstone Institutes di San Francisco. «Il rischio», sottolinea Mandrioli, «è che si cerchi di applicare i risultati prima che la comunità scientifica e la società si siano espresse. Non sappiamo cosa penserà il pubblico di fronte alle capre modificate cinesi o altri organismi. E vista l’esperienza con gli Ogm, non è secondario».


Pagina 99, 19 dicembre 2016

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