19.3.16

Il fiore di san Giuseppe. Zinnie: modestia e sregolatezza (Paolo Pejrone)

Tranne il nero e l'azzurro, si trovano zinnie di tutti i colori

Le ibridazioni ne hanno mutato la natura.
Ora il fiore più sobrio si è trasformato e i contrasti di colore sono alla base del suo successo

Nella serra fredda (ma ben esposta) di Val Salice a Torino, le zinnie venivano seminate a San Giuseppe (il 19 di marzo). Le piantine venivano trapiantate in piccolissimi vasi di terracotta la prima settimana di maggio, e venivano definitivamente messe a dimora nell’orto poco prima di San Roberto (il 7 di giugno). Viste in natura, in Centro America ai bordi dei campi, nei prati più poveri e derelitti, le zinnie si presentano con modestia: sono alte poco più di una spanna, le sorregge un gambo tozzo, il fiore semplice smagliante di un deciso color rosso arancio: niente di più sobrio e per bene.
Troppo per bene per essere lasciate tranquille e quiete: negli ultimi 200 anni l’uomo è intervenuto con selezioni e ibridazioni, ed è riuscito a fare di una semplice pianta quel che si è abituati ormai a vedere: un vero, deciso, autentico e variopinto carnevale. I colori ormai, a eccezione del nero e dell’azzurro, ci sono veramente tutti: e che colori! I più vivaci e spesso i più brillanti e decisi, tanto da farli diventare i più popolari dell’estate: non c’è orto dalla Germania alla Sicilia che non abbia una piccola fila di zinnie, quasi fosse un angolo felice di libertà e di allegra follia, ben comprensibile nel contesto ordinato e serio di un orto «ben temperato».
La zinnia pretende il sole ed il caldo delle canicole e, come tutte le piante annuali di rango, una buona e ricca terra. Compost e concime naturale la portano a esagerare sia nelle foglie che nei fiori (e nell’altezza). Certe zinnie ben alimentate diventano grandissime e bellissime come pesanti grisantemoni. Capaci, e famosi in tutto il mondo, divulgatori (nel secolo passato) furono i Burpee che diffusero in particolare dalla West Coast i famosi e coloratissimi ibridi Super Giants: un poderoso kitsch botanico praticamente all’opposto della modesta e originale Zinnia angustifolia: un vero trionfo del maxi e del mostruoso. Ma che visto in un orto, estrapolato dal giardino, confrontato con gli ortaggi talvolta può diventare un gradevole ed invasivo pendant di allegria.
Comunque niente, a giudizio di Charles de Noailles, il grande esteta e giardiniere francese, sarebbe più noioso ed inutile di una truppa di zinnie di egual colore e di egual altezza. La zinnia è bella se trattata con anarchico disordine e con cromatica sregolatezza: i contrasti di colore sono la base del suo successo. In Italia famosi erano gli ibridi che Carmine Faraone Mennella proponeva dalle sue eclettiche coltivazioni in Campania: piante adatte a dare allegria ai «campi di lavoro». In quelle serie ed efficienti officine all’aperto nelle quali le prese erano cadenzate con spazi abbondanti e eleganza antica. Del resto pochi semi e un po’ di buona volontà erano sufficienti a provocare dei veri carnevali tra quei sudati solchi.
Tutt’altra storia hanno le forme nane o quelle variegate, oppure quelle addirittura tappezzanti, adesso diventate trendy e tanto alla moda presso i «servizi giardini» delle grandi città (spesso e purtroppo generosi fornitori di pessimi esempi di gusto e giardinaggio). Pretenziose e decisamente antipatiche, hanno l’aspetto di tante, piccole ed egocentriche prime della classe (sempre così perfette, sempre così per bene!).
Del resto, il mercato con le sue rigide e miopi leggi si impone e la esasperata ricerca degli estremi diventa assillante e genera molto spesso mediocrità. Con poche e semplici mosse il miracolo può avvenire: una busta di semi per Natale, un vaso vicino ai vetri di una finestra ben esposta per San Giuseppe, un trapianto e una fila di piantine messe a dimora all’inizio di giugno e un po’ di cura e amore possono trasformare un pezzo di terra bruciata ed assolata in un luogo coloratissimo ed allegro.


La Stampa, 10 agosto 2012 

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