18.4.16

Dopo il referendum (S.L.L.)

Sarebbe un errore attribuire l'insuccesso dei referendum petroliferi solo alla disinvolta e furbesca indicazione astensionistica del capo del governo, alla disinformazione organizzata e all'obiettiva, scivolosa, marginalità della materia. Il fatto è che, prodotto dalla crisi economica, dalla personalizzazione della politica, dalla fine dei partiti di massa, c'è un diffuso analfabetismo politico di ritorno e il nuovo analfabeta rifiuta la complessità, ha bisogno di semplificazioni. Sul tema particolare mi pare che abbia fatto presa l'argomentazione più immediata, quella secondo cui se il petrolio e il metano sono nei nostri mari è meglio estrarli e sfruttarli, invece di importarli, dato che per un periodo di alcuni lustri dei combustibili fossili non si potrà fare a meno per le automobili, il riscaldamento e molti impianti industriali. Probabilmente - e io me ne sono convinto - erano più forti le ragioni dei referendari; non di quelli che pretendevano l'immediata rinuncia al petrolio e al metano e un miracoloso, immediato passaggio di tutto il sistema di produzione e di consumo alle energie rinnovabili, ma di quelli che entravano nello specifico delle concessioni. Ma queste ragioni richiedevano argomentazioni complesse, che "la gente" non ha voglia di seguire.
Credo che questo sia un insegnamento per il prossimo referendum istituzionale. Sarà quasi impossibile vincere un referendum che ha per oggetto riforme che sembrano ridurre il peso degli apparati politici e semplificare le procedure attraverso l'abolizione delle province e il ridimensionamento del Senato. Si avrà un bel dire che si tratta di riforme pasticciate, che - connesse con la riforma elettorale - incidono sull'equilibrio dei poteri, sulla stessa democrazia. Servirà a poco: intanto perché il referendum sulle riforme costituzionali si svolge immediatamente e prescinde dalla legge elettorale, su cui si voterà (se si voterà) l'anno venturo.
Lo schema per cui il NO alle riforme renziane coalizzerebbe tutti i voti d'opposizione, da quelli leghisti, postfascisti e berlusconisti a quelli dei grillisti e della residua sinistra, non funziona. Gli elettori, in larga maggioranza, non seguono più le indicazioni dei partiti e votano in maniera diversa, al secondo del tipo di voto, politico, amministrativo o referendario. Non credo peraltro che nella campagna referendaria i leghisti, i berlusconiani o i grillisti metteranno più impegno e più risorse di quelli, scarsi, visti all'opera nel referendum antitrivelle.
La semplificazione ipermaggioritaria e autoritaria che viene disegnata dalle riforme costituzionali ed elettorali corrisponde alle aspirazioni delle vecchie destre e i 5 Stelle non hanno ancora deciso se contrastarla con tutte le loro forze o se rinviare alle elezioni politiche la "resa dei conti", avvantaggiandosi delle nuove regole che potrebbero favorirne l'affermazione e la "presa del potere".
Credo che s'illudano se pensano che Renzi, una volta acquisito un sì nel referendum costituzionale, sia disponibile a lasciarsi logorare. Forte dei suoi successi di "riformatore", dopo una finanziaria piena di demagogiche elargizioni e sconti fiscali, tenterà il colpaccio delle elezioni politiche con l'ITALICUM nei primi mesi del prossimo anno e procederà dopo alla "normalizzazione" definitiva con leggi antisindacali ed altre che riconducano all'obbedienza la magistratura, soffocandone l'indipendenza.
Questi sono, visibilmente, i progetti dei renzisti e dei poteri mondiali, europei e italiani che affidano allo "statista di Rignano" il compito di liquidare lo "stato sociale", di privatizzare tutto il privatizzabile, di impoverire, prima di diritti e poi di redditi, i poveri, di frantumare ulteriormente la resistenza del mondo del lavoro. Andranno in porto? Se ci fosse una situazione economica e militare stabilizzata nel mondo e in Europa, si potrebbe rispondere sì; ma chi non si rassegna allo svuotamento del patto costituzionale, al nuovo regime oligarchico, pur partendo da condizioni oggettive di debolezza, deve puntare sull'ipotesi più favorevole e lavorare per non trovarsi impreparato alle opportunità che potrebbero aprirsi.
La prima cosa da fare è rafforzare la mobilitazione intorno alle riforme costituzionali ed elettorali. La scadenza del referendum costituzionale è determinante, non solo per l'importanza oggettiva della posta in gioco, ma anche per l'opportunità che offre di far crescere nuove energie democratiche intorno alla difesa dei valori costituzionali e alla loro attualizzazione nelle nuove condizioni dell'Italia e del mondo.
Giovedì a Perugia discuteremo all'Archivio di Stato una bella raccolta di "Scritti politici" di Capitini, grande pensatore democratico e socialista talora dimenticato talaltra frainteso: credo che alcune delle sue indicazioni di metodo possano risultare utilissime nella situazione attuale, specie quelle sull'esperienza dei COS, sulla formazione e sull'educazione politica delle moltitudini come fondamento del "potere di tutti". Da lì bisogna ripartire, dal basso, da esperienze diffuse di partecipazione e di lotta politica e sociale.

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