Ieri l'incontro con Rivera a Piazza della Repubblica mi ha riportato alla mente lontane memorie con una eccezionale vividezza.
Continuo a pensare, come
Pasolini, che niente come le canzonette è in grado di riportare in
vita, sia pure per un attimo come una seduta spiritica, un tempo
perduto; ma anche il calcio a volte funziona. Il ricordo di un gol,
di una partita, di uno stato d'animo, del luogo ove ti trovavi, della
compagnia ha una sua potenza evocativa. Figuratevi la mia commozione
a sentire rievocare figure come Schiaffino, Liedholm, Gipo Viani,
Rocco, José Altafini, Cesare Maldini, nomi che accompagnavano certi
miei pomeriggi di bambino solitario che non amava la domenica andare come gli altri "alla dottrina" e
preferiva andarsene dalla nonna Carmelina e ascoltare le
radiocronache alla radio palleggiando, cosa che la nonna - tollerante
- mi lasciava fare nell'ampio e spartano soggiorno con la sola
raccomandazione di fare attenzione, ma che a volte suscitava l'ira
improvvisa ed imprevista della bisnonna Rosa.
Poi la celebre
Italia-Germania 4-3, su cui in tanti hanno esercitato il gioco del
"dov'eri?". Io ero a Palermo, e la vidi solo, nel buchetto
in cui abitavo, dentro una minuscola tv. Ma anche da solo mi entusiasmai e gridai al gol.
Era per me, quell'estate del 70, un momento di grande
felicità: giornate di pieno innamoramento corrisposto, di zingarate,
di baci, di scoperte; e serate in cui ripassavo per conto mio la
giornata trascorsa nella sua quasi incredibile bellezza. Ma quella
sera no, mi lasciai anch'io trascinare dalla passione sportiva e mi
dimenticai, per un po', del mio amore. Arrivò poi quel gol di
Rivera, quello del 4 a 3, che il suo autore ieri ci ha raccontato,
nei suoi antefatti, nei pensieri che l'accompagnarono; e andai in visibilio.
Finita la
partita, era notte. Non rammento l'ora, ma era tardi, credo per via
del fuso orario. Ma da fuori, quasi subito, arrivarono clamori, dalla
piazza Rivoluzione vicinissima a casa mia, dove - immagino - s'era
già radunata una piccola folla. Gridavano "Italia, Italia"
ed io - malevolo - pensavo a una manifestazione nazionalistico-fascista.
Già nei giorni precedenti i giovani dell'estrema destra avevano
esibito esultanze per la vittoria italiana contro il Messico, mi
pare. La cosa mi scocciava, mi dicevo "ecco, vogliono
strumentalizzare". Tuttavia uscii di casa sulla via Roma e vidi
un vero e proprio corteo con bandiere tricolori e improvvisati
cartelli, inneggianti alla Nazionale o a singoli calciatori. C'era,
in piedi su un camioncino, un gruppetto di giovani neofascisti che
ogni tanto, a comando, facevano il saluto romano e gridavano "A
noi!", ma la folla che andava crescendo man mano che procedeva
era assolutamente mista e dentro vi scorgevo compagni di varie
appartenenze. Ricordo Cipolla, Vasile, Fofò Gammino, Renato
Provenzano, Renato Franzitta, non so dire se intravisti lì o più
avanti. Ricordo anche la sorpresa per la presenza di qualcuno che non
immaginavo tifoso. Forse Corradino Mineo. L'onda disegnò una doppia
curva, all'incrocio con corso Vittorio e poi ai Quattro Canti. Si
andava al Massimo e lì vicino conobbi un effimero successo. Stavo in
mezzo a un gruppo di cui non ricordo i componenti e neppure se li
conoscessi. Ma erano certamente studenti e "compagni" - si
capiva dagli abbigliamenti, dal modo di
presentarsi e di muoversi e da un paio di cartelli con il Che ed Ho
Chi Min, che avevano l'aria di non entrarci per nulla. Mi inventai
uno slogan e in un momento di pausa lo lanciai, avevo una gran voce
al tempo. Gridai "RIVA, RIVERA, RIVOLUZIONE" e il grido fu
ripreso dai vicini. Per qualche decina di secondi quello slogan,
sincopato, risuonò ai margini di Piazza Massimo, tra gli "ITALIA,
ITALIA".
Grande grande salvatore loleggio, e bellissime le poesie
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