2.7.16

Hacktivism. Politica e pirateria informatica (Jacopo Frenquellucci)

Il logo di Anonymous
La disputa tra Apple e il dipartimento di giustizia statunitense per l’iPhone di Syed Rizwan Farook non è stato il primo e non sarà certo l’ultimo incrocio tra hacker e politica. Il fenomeno dell’hacktivism, pratica dell’azione diretta di protesta e sabotaggio dal basso in formato digitale, è balzato agli onori della cronaca nel 2010, quando il gruppo internazionale Anonymous mise in atto l’operazione “Resa dei conti”: furono resi inaccessibili i siti di grandi società come Visa e Mastercard e di decine di istituzioni, con l’obiettivo di vendicare chi aveva ostacolato Julian Assange e il suo sito Wikileaks che aveva reso pubblici dei documenti confidenziali americani. Il loro ultimo nemico è invece l’Isis, di cui provano a oscurare i canali social e altri strumenti di propaganda.
Negli anni questo collettivo ha compiuto altre centinaia di operazioni. La più importante è seguita alla chiusura del sito di condivisione di file MegaUpload. Centinaia di indirizzi diventarono indisponibili: dalla Casa Bianca alla Sony, dalla Nasa all’Fbi, dalla Universal a Hollywood. La cellula italiana, come l’hanno definita i giudici, si è rivelata molto attiva anche contro politici e partiti. Le forze dell’ordine sono intervenute in diverse occasioni, con decine di arresti a partire dal 2013, ma senza riuscire a indebolire l’organizzazione. Le offensive contro i politici sono trasversali: nel mirino sono finiti Matteo Renzi, la Lega Nord, la Casaleggio Associati, tutto il consiglio regionale del Veneto, il ministero dell’Interno, quello della Difesa e quello dell’Ambiente, di cui sono stati resi pubblici gigabyte di dati. Ma non solo: il tribunale di Roma, tutti i sindacati di polizia, Enel ed Eni, Agcom, Equitalia e per ultimo Expo, bloccando anche per alcune ore le prevendite dei biglietti di ingresso all’esposizione universale del 2015.
Allo stesso tempo esistono altrettanti, se non di più, attacchi informatici che portano la firma di uno Stato: solo l’amministrazione statunitense ha subìto lo scorso anno 61 mila offensive digitali e il direttore della National intelligence, James Klapeer, le ha definite «la più grande minaccia alla sicurezza del Paese». Tra i responsabili gruppi come la Sirian electronic army e la Iranian cyber army, che sostengono di agire nell’interesse e non per conto della propria nazione, ma anche professionisti ingaggiati da potenze straniere. Il 27 marzo 2016 il dipartimento di giustizia ha denunciato sette hacker iraniani, dipendenti di due compagnie che lavorano per i pasdaran di Khamenei. Allo stesso modo, dal 2010, i segreti nucleari iraniani sono stati al centro di numerosi attacchi, di cui sono stati accusati gli stessi Stati Uniti e Israele. Nel 2014 sono addirittura entrati nella lista dei cyber-criminali più ricercati della Fbi cinque ufficiali dell’esercito cinese, destinatari di 31 capi di imputazione, compreso lo spionaggio industriale. 
D’altronde anche il sistema di sorveglianza di massa dell’Nsa svelato da Edward Snowden faceva uso delle più avanzate tecniche di pirateria informatica, e tra le vittime sono rientrati anche 35 leader da tutto il mondo, tra cui la cancelliera Angela Merkel. Tra le società private più quotate nel settore della vendita di sistemi per l’intrusione informatica c’è anche l’italiana Hacking team, con sede a Milano. Lo scorso luglio l’attacco di un hacktivista solitario di lingua spagnola, noto come Pineas Fisher, ha esposto oltre 400 gigabyte di dati riservati. Tra i documenti rilasciati da Pineas spiccano le fatture rilasciate a governi come Bahrein, Kazakistan, Libano e Sudan, già oggetto anche di un’indagine delle Nazioni Unite. «Questo è tutto quello che serve per abbattere una compagnia e fermare il loro abuso dei diritti umani», spiega il pirata in un messaggio diffuso a metà aprile. «Questa è la bellezza e l’asimmetria dell’hacking: con 100 ore di lavoro, una singola persona può distruggere l’impegno di anni di una compagnia multimilionaria. L’hacking permette anche al pesce piccolo di combattere e vincere».


Pagina 99, 7 maggio 2016

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