4.7.16

Il primo socialismo e la guerra. Andrea Costa in Parlamento dopo Dogali

Il 25 gennaio 1887 Ras Alula attaccò il distaccamento italiano comandato dal maggiore Boretti che si era trincerato a Saati (a 28 chilometri da Massaua, in Eritrea) in un fortino in rovina. L’attacco fu respinto ma il comandante, rimasto senza viveri e munizioni, chiese rinforzi. A tale scopo dal porto di Moncullo partirono cinquecento uomini al comando del tenente colonnello De Cristoforis. La colonna, attaccata a Dogali dagli abissini, fu distrutta. Nell’apprendere l’accaduto il Governo Depretis, su sollecitazione del ministro della guerra Ricotti, decise di inviare rinforzi sul Mar Rosso. A tale scopo presentò un disegno di legge che autorizzava la spesa di cinque milioni. Durante il dibattito, presieduto dall’onorevole Biancheri, che si svolse sugli avvenimenti, Spaventa e Di Rudinì chiesero di bloccare la discussione e l'ostruzionismo, motivandolo con la necessità di una rapida conclusione. Si oppose il deputato romagnolo Andrea Costa, socialista rivoluzionario, che peraltro aveva presentato un suo ordine del giorno su cui chiedeva la votazione.
Il testo dell'o.d.g., come il breve intervento di Costa a sostegno e le sue risposte alle interruzioni (anche da sinistra, da parte del radicale Cavallotti) rappresentano un documento importante dell'antimilitarismo protosocialista. Io l'ho ripreso dal sito del Partito Comunista Internazionalista. 
Il radicale Cavallotti, che in quella occasione parlò dell'onore dell'Italia, in coerenza con queste concezioni di militarismo cavalleresco, morì alcuni anni dopo, in un duello.   (S.L.L.)

Camera dei Deputati, 3 febbraio 1887
Intervento di Andrea Costa
COSTA - Mi pare che dopo che due o tre soli oratori hanno preso a parlare in una questione così grave come questa, non si possa decentemente proporre la chiusura. (Rumori - Agitazione vivissima).

PRESIDENTE - Facciano silenzio!

COSTA - Mi oppongo alla chiusura per ragioni di convenienza, di decenza... (Esclamazioni - Rumori - Agitazione - L’onorevole Costa pronunzia altre parole che non si sentono) ...In una questione così grave come questa, che concerne le vite di tanti figli d’Italia, fratelli nostri caduti in Africa, il chiedere la chiusura è vergognoso... (Rumori).

PRESIDENTE - Ma, onorevole Costa...

COSTA - Sono dolente che si domandi la chiusura, ma, alla fin dei conti...

PRESIDENTE - Onorevole Costa, ella ha sempre il diritto di svolgere il suo ordine del giorno.

COSTA - ... non è per me che parlo, onorevole Presidente; perché avendo presentato un ordine del giorno, il diritto di parlare mi è riserbato. Ma parlo per tanti altri colleghi che hanno diritto quanto me di esporre la loro opinione. È questione di decenza, ripeto; e me ne appello a quel patriottismo che tanto si invoca da quelle parti là... (Rumori).

Approvata la chiusura della discussione, Andrea Costa svolse il suo ordine del giorno per il ritiro delle truppe dall’Africa:

PRESIDENTE - Viene ora l’ordine del giorno dell’onorevole Costa, così concepito: «La Camera, convinta che la politica coloniale del Governo, incostituzionale nei suoi primordi, è divenuta oggidì disastrosa e per le vite che ha costato e per l’erario; che non si saprebbe concepire per quali ragioni si debba perseverare in un’impresa i cui obbiettivi sino ad ora sono ignoti, e che non fruttò che danni e dolori; e ciò in momenti in cui l’Italia ha bisogno di convergere tutte le sue forze al suo sviluppo economico e morale ed al miglioramento delle condizioni delle classi lavoratrici di città e di campagna; che il prestigio militare e l’onore della bandiera sono i soliti pretesti con cui tutti i governi cercano di far passare le loro imprese avventurose; deplorando i poveri e forti figli d’Italia, caduti lontani dalla famiglia e dalla patria per una causa che non è la loro, come non è quella della vera civiltà; invita il Governo a richiamare dall’Africa nel più breve tempo e nel miglior modo possibile le truppe italiane colà rimaste».

PRESIDENTE - Domando se quest’ordine del giorno dell’onorevole Costa sia appoggiato. (È appoggiato).

PRESIDENTE - Essendo appoggiato, l’onorevole Costa ha facoltà di svolgerlo.

COSTA - Signori! Poche e franche parole, non perché manchino gli argomenti, ma perché tengo anch’io conto delle condizioni della Camera. e capisco che in questi momenti ognuno di noi deve sforzarsi più che possa di esser breve.
Fin da quando nel maggio del 1885 si discusse la politica coloniale del Governo (dico del Governo, perché fu incominciata e continuata all’insaputa del Parlamento, ed il Parlamento non fu chiamato se non a mettere la sabbia su ciò che si era fatto), fin d’allora, io ed alcuni amici, riconoscendo che l’Italia, l’Italia vera, l’Italia che lavora e che produce, lungi dal desiderare una politica coloniale, voleva invece rivolte tutte le sue attività al suo miglioramento agricolo ed industriale, al suo progresso morale e politico; fin da allora, dico, noi presentammo un ordine del giorno in cui, opponendoci a tutte le velleità di spedizioni africane, che ci hanno dato i bei frutti che ora vediamo, proponevamo il richiamo delle truppe nostre dall’Africa.
Ora, di fronte all’avvenimento doloroso di cui diede un pallido cenno due giorni fa l’onorevole Presidente del Consiglio, e per cui il cuor nostro sanguina come il vostro, di fronte a questo doloroso avvenimento, il nostro grido è lo stesso di due anni fa. Noi vi diciamo oggi, come allora: cessate da queste imprese pazze o criminose; richiamate le nostre truppe dall’Africa. E non ci lasciamo impressionare dalle frasi altisonanti di onore della bandiera, di prestigio militare, o che so io: tutta questa roba qui (Oh! Oh!) è di quella che si adopera sempre per far passare la merce molte volte avariata. (Rumori a destra – Sì, sì all’estrema sinistra).
Io non ho bisogno infatti di insegnarvi la storia; voi la sapete quanto me e più di me e sapete quante volte questi argomenti siano stati adoperati per fini più o meno ignobili.
La patria? Ma dove la vediamo noi nelle imprese africane? E la bandiera? La bandiera della patria la vedo sui campi di battaglia per la libertà e per l’indipendenza, la vedo nelle imprese civili che fanno risalire sempre più la nazione verso le altezze dell’ideale; non la vedo, non la posso vedere nell’impresa africana.
E l’onore della bandiera? Non è da questa parte che si deve render conto dell’onore della bandiera e del prestigio militare, ma dalla parte di coloro che siedono al Governo o che il Governo sostennero e sostengono; e davvero mal si invoca l’onore della bandiera quando, incominciando da Lissa e Custoza, questo onore è stato trascinato nel fango sino a Saati. (Vive proteste a sinistra, al centro e a destra).

PRESIDENTE - (Con forza). Onorevole Costa, io non posso tollerare simile affermazione; se la nostra bandiera è stata qualche volta sfortunata è stata però sempre onorata. (Vivi applausi da tutte le parti della Camera). Ascolti la voce del patriottismo, onorevole Costa! (Bene!).

COSTA - È appunto per patriottismo ben inteso che io parlo, giacché non credo che sia patriottico il perseverare nell’impresa d’Africa. (Vive proteste a destra).

PRESIDENTE - Onorevole Costa, ella può esprimere la sua opinione, ma non offendere i sentimenti degli altri.

COSTA - Credo che quei signori non abbiano il diritto di pretendere che io abbia sentimenti diversi da quelli che ho. (Rumori a destra). Noi siamo altrettanto patrioti quanto loro... (Voci a destra: No! No! - Voci a sinistra. Sì! Sì!).
COSTA - ... e patrioti nel vero senso della parola. Giacché è appunto perché amiamo il nostro paese (Denegazioni a destra) che non lo vogliamo vedere impegnato in imprese pazze o criminose (Vive proteste a destra ed al centro) dove, a quel che dite voi stessi, si può perdere anche l’onore...

PRESIDENTE - Ella, onorevole Costa, può dire imprese avventurose non mai criminose. Del resto il patriottismo non è il monopolio di nessuno, ed io non dubito che esso sia sentimento comune a tutta la Camera. (Approvazioni).

COSTA - Onorevole Presidente, se quei signori avessero verso di me la stessa tolleranza che io ho verso di loro, creda bene che non si verificherebbe ciò ch’ella deplora... (Rumori).

PRESIDENTE - Continui, onorevole Costa, continui il suo discorso.

COSTA - Risponderò ad un’altra obiezione che mi si fa, e che è la più grave inquantoché non viene solamente da quei banchi ma viene altresì dai banchi dell’opposizione e purtroppo, mi duole il notarlo, anche da alcuni miei amici dell’estrema sinistra.
Si dice: infine in Africa ci siamo e bisogna restarci. Noi non possiamo, dopo una sconfitta, andarcene via con le pive nel sacco! Ora, signori miei, io capirei questo ragionamento, quando uno qualunque di voi potesse venirmi a dire che quando avremo accordato questi cinque milioni e mandato nuovi soldati in Africa, saremo sicuri di vendicare l’onore d’Italia e di ritornare gloriosi e trionfanti.
Ma io vi domando, o signori che sedete al banco dei ministri, a voi onorevole Genala, che sbagliate di un miliardo (Commenti), a voi onorevole Di Robilant che confondete quattro predoni con un esercito agguerrito, potete darci voi questa sicurezza che quando avremo votato i cinque milioni, saprete rivendicate l’onore d’Italia? (Bene! All’estrema sinistra). No, o signori, voi non mi potete dare questa sicurezza: ed io alla mia volta, non vi darò un centesimo! (Rumori e risa ironiche).
Si, lo capisco, siamo pochi noi quassù; il nostro ordine del giorno è firmato da quattro soli, lo capisco; ma siate certi, signori miei, che molto probabilmente, per non dirvi sicuramente, il nostro ordine del giorno avrà maggiore eco nel paese che le vostre pazzie africane, e tutte le vostre frasi di patriottismo. (Oh! Oh! - Vivi rumori a destra).

PRESIDENTE - Onorevole Costa, ella non deve chiamare frasi le manifestazioni di un sentimento che è nell’animo di tutti i suoi colleghi. (Bene!).

COSTA - Ho finito. Il nostro ordine del giorno è tanto chiaro, che non credo abbia bisogno di ulteriore svolgimento. Noi siamo convinti che esso corrisponda ai sentimenti della grande maggioranza del popolo italiano che lavora e produce, e che vi dà, alla fine, e gli uomini e il denaro... (Voce al centro. Lo rappresentiamo tutti!).

COSTA - E, conchiudendo, mi riferirò ad una frase pronunciata ieri l’altro dall’onorevole Baccarini, il quale in questo ordine d’idee è molto dissenziente da me. Egli disse che l’impresa africana è una impresa non nobile; or bene, noi francamente, per una impresa non nobile, non ci sentiamo di dare né un uomo, né un soldo. Richiamate le milizie dall’Africa (Rumori) e vi apriremo tutti i crediti che chiederete, ma per continuare nelle pazzie africane, noi non vi daremo, ripeto, né un uomo, né un soldo.

Nella medesima seduta, prendendo la parola per fatto personale, il deputato romagnolo, rispondendo all’onorevole Cavallotti che aveva espresso il dubbio che Costa e i suoi compagni, chiedendo il ritiro delle truppe italiane dall’Africa, avessero dimenticato l’onore d’Italia, affermò che l’onore delle armi non era l’onore del popolo.

COSTA - L’onorevole Cavallotti, perché io ed alcuni colleghi miei abbiamo proposto e sostenuto il richiamo delle truppe dall’Africa, ha detto, o almeno ha espresso il dubbio, che io ed i miei colleghi potessimo aver dimenticato l’onore d’Italia.
Non ho che una cosa da rispondere all’onorevole Cavallotti, certo altresì d’interpretare i sentimenti dei miei colleghi; ed è che io non posso considerare responsabile il popolo italiano degli errori che il Governo può avere ed ha commessi; e che se il così detto onore delle armi fu compromesso da voi, l’onore delle armi non è l’onore di un popolo. (Vivi rumori a destra ed al centro).

PRESIDENTE - Onorevole Costa, l’onore delle armi è inseparabile dall’onore della nazione; venga al suo fatto personale, onorevole Costa. (Vive approvazioni).

COSTA - L’ho già accennato. È stato espresso il dubbio che noi avessimo dimenticato l’onore d’Italia, ed io ripeto ed affermo che l’onore delle armi non è l’onore di un popolo... (Vivissimi rumori Voci. Basta, basta!).

PRESIDENTE - Onorevole Costa, io le tolgo la facoltà di parlare.

COSTA - Io la prego di permettermi di fare la mia dichiarazione; sarò brevissimo.

PRESIDENTE - Continui, ma non rientri nella discussione.

COSTA - Io credo che l’onore di un popolo consista nelle sue industrie e nelle sue arti, nelle lotte che sostiene per la libertà, per la giustizia e per l’emancipazione sua; e non consista già in quei macelli stupidi ed infami che sono le guerre. Ecco perché credo che non abbiamo dimenticato l’onore del popolo italiano e perché domandiamo che si richiamino i nostri soldati dall’Africa. (Vivissimi rumori a destra e al centro - Qualche applauso all’estrema sinistra).

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