21.8.16

Burkini (S.L.L.)

Appassiona questa storia del "burkini" proibito in alcune spiagge francese come segno di "ostentazione religiosa" e produce polemiche e spiritosaggini. A me sembra che la vicenda sia utile a chiarire qualche equivoco.
Nel tradizionale laicismo alla francese codeste ostentazioni, che includono i crocefissi alle pareti, sono vietate negli uffici pubblici come scuole o aule di giustizia; sono documentati i divieti a vescovi di presentarsi negli uffici pubblici con i segni della loro carica, mitre o pastorali, ma - immagino - non si è mai vietato di rendere una testimonianza in tribunale alla monaca velata o al frate minore in saio e sandali. Si sono - credo saggiamente - considerate queste divise una scelta di abbigliamento personale non soggetta ad obblighi e non già una "ostentazione". Questi divieti comunque non hanno mai riguardato spazi aperti come strade, piazze e spiagge.
A me sembra pertanto che le ordinanze in questione violino le libertà personali con codesta estensione del divieto e siano del tutto inefficaci contro il burkini sulle spiagge e in mare. Il burkini non è "ostentazione religiosa", come non lo sono il saio del francescano o il velo della monaca quando costoro passeggiano in spiaggia. Proibire l'uno e non gli altri rivelerebbe il carattere discriminatorio e razzistico del divieto.
Ho visto che una giornalista intelligente come Lorella Zanardo, autrice qualche anno fa di un eccellente documentario sulla strumentalizzazione del corpo delle donne, condivide quelle ordinanze come risposta all'oppressione simbolica e pratica (la sperimentata scomodità) che attraverso il burkini si esercita sul corpo femminile. È molto probabile che su questo carattere oppressivo non si sbagli, che il burkini significhi la subordinazione della donna connessa al potere religioso di tipo islamico. Le credenze religiose strutturate in potere, specie nelle religioni monoteistiche, producono spesso subordinazione ed oppressione; e spesso la sottomissione si esprime simbolicamente attraverso divieti ed esclusioni. Ma la liberazione da queste forme di oppressione non procede mai per legge o per ordinanza, è sempre frutto di percorsi individuali. La polemica e la battaglia culturale contro le credenze, le superstizioni, le obbligazioni caratteristiche delle religioni istituzionalizzate, a mio avviso, non è solo legittima, è anche necessaria; ma ordinanze autoritarie come quelle di cui si ragiona, oltre ad avere un malcelato sottofondo razzistico, non aiutano a costruire libertà, piuttosto ribadiscono l'oppressione. Il divieto di accesso alle spiagge e alla balneazione con il burkini toglierebbe alle donne che oggi lo indossano una opportunità fondativa di libertà e di responsabilità personale: quella di togliersi e buttare via l'indumento a conclusione di un processo che investe le loro coscienze, quella di poter scegliere il bikini, il topless e perfino il nudismo, se piace. Ma da sé, senza bisogno di ordinanze, senza nuovi obblighi o divieti.

Poscritto
Burquini o burkini? La parola è un neologismo composto: deriva da burqa e da bikini. Fino all'affermarsi ed al consolidarsi di una delle due, le forme in uso sono ugualmente accettabili. Io preferisco la versione col kappa, ripreso del celebre atollo: dato il carattere sempre più esplosivo della questione, burkini mi pare più adatto.

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