3.9.16

Per chi suona la ripresa. Buone notizie per i super-ricchi USA (R.C.)

Da un “Pagina 99” di fine luglio riprendo una nota sulla ripresa negli States concentrata sui redditi e sulla loro distribuzione. Ne vengono fuori dati interessanti e curiosità. La sigla R.C. corrisponde quasi certamente a Roberta Carlini, all'epoca vicedirettore del periodico. (S.L.L.)
Buone notizie dai watchdog dei redditi dei super-ricchi (e di tutti gli altri). Nel 2015 negli Stati Uniti il 99% dei percettori di reddito ha avuto l’aumento più sensibile da ben 17 anni: più 3,3%. Lo ha certificato, pochi giorni fa, The World Wealth and Income Database, la gigantesca banca dati messa su dal gruppo degli economisti leader sugli studi sulla diseguaglianza (Alvaredo, Atkinson, la star Picketty, Saez e Zucman), e disponibile a tutti. Ma le buone notizie finiscono qui. Nello stesso anno, i redditi della restante parte della popolazione, quella che siede ai piani altissimi della distribuzione e che ormai comunemente viene definita “il top 1%”, sono saliti a un ritmo più che doppio, del 7,7%. L’analisi, fatta da Emmanuel Saez – dell’università di Berkeley in California – si basa sui redditi medi familiari e conferma una tendenza iniziata nel 2014: mentre i primi anni post-crisi avevano visto riprendersi solo i redditi più alti, da tre anni la “ripresa” si è estesa al resto della società, a quel “99 per cento” celebrato nei movimenti anti Wall Street ma per lungo tempo dimenticato dall’inversione del ciclo economico. Ma un pieno recupero del terreno perduto, da parte della massa del 99%, è ancora lontano, dice Saez.
Vediamo i dettagli. Nel complesso, i redditi medi familiari statunitensi sono saliti del 4,7%, dal 2014 al 2015. Ma questa media è il risultato di una crescita più sostenuta al top e più debole per la stragrande maggioranza dei redditieri. Allungando lo sguardo, Saez comincia a tracciare un bilancio post-crisi. Negli Stati Uniti, al contrario che in Europa, la recessione è finita molto presto, tecnicamente la si data dal 2007 al 2009. Dopo quella data, i redditi hanno ripreso a crescere in maniera molto asimmetrica, e quasi tutti i guadagni sono andati al top. Gli ultimi due anni, però, hanno attenuato questa dinamica. Così, adesso i redditi del 99% hanno recuperato, dal 2009 al 2015, i due terzi del valore perso nel biennio della crisi; nello stesso periodo, i redditi del top 1% hanno completamente ripreso il valore perso, e l'hanno anche superato. Il primo gruppo (la grande massa della popolazione) ha perso l’11,6% e ha recuperato il 7,6%. I super-ricchi, che avevano perso il 36,3%, hanno recuperato più di quello che avevano lasciato sul terreno: il saldo 2009-2015 è più 37,4%.
Vedendo lo stesso fenomeno da un altro punto di vista: più della metà – il 52%, per la precisione – della crescita totale che si è avuta dopo la fine della recessione è andata all’1% più ricco. Il restante 48% si è diviso nella massa della popolazione che sta sotto.
Insomma, la diseguaglianza dei redditi resta alta negli Stati Uniti che si avvicinano alla scelta del loro prossimo presidente. E i numeri di Saez & co. sono entrati anche nella convention democratica di Philadelphia. A proposito di presidenti: durante l’espansione di Clinton, dal ‘93 al 2000, i ricchissimi dell'1% si beccarono il 45% della crescita. Poi ci fu una mini-recessione, con perdite anche al top. Mentre nella fase espansiva della presidenza Bush (2002-2007) i super-ricchi si presero il 65% della crescita totale. Il resto è Obama-story, con i numeri più recenti.
(fonte: http://www.wid.world)


Pagina 99, 29 luglio 2016

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