2.9.16

Sesso sano, famiglia felice. Sexy shop in China (Cecilia Attanasio Ghezzi)

Quando nel 1994 Wu Zhenwang ha aperto il suo primo negozio di sex toy a Wenzhou nella Cina sudorientale, la quasi totalità dei locali non aveva mai visto un vibratore né una bambola gonfiabile. «Negli ultimi vent’anni, i cinesi si sono aperti al sesso» racconta a Forbes. «Il numero di utilizzatori di sex toy è cresciuto in maniera incredibile, circa del 60 per cento all'anno».
Wu ha fondato la Zhejiang Lover Health Science and Technology, la prima azienda produttrice di sex toy a quotarsi in borsa con 11 milioni di euro di azioni all'asta. Secondo quanto racconta, la sua è sempre stata una famiglia di imprenditori, ma nessuno di loro sapeva nulla dell'industria del sesso fino a quando spinto da un articolo sul primo sexy shop aperto a Pechino, andò a verificare con i suoi due figli. Si accorse che la maggior parte degli oggetti erano importati e costavano troppo per un cinese medio. Così aprì la sua fabbrica e il suo negozio. Alla fine degli anni Novanta aveva già 20 punti vendita, ma il mercato interno non decollava. Quando Wu Wei prese in mano l'azienda di famiglia, decise di cominciare ad esportare e di provare la vendita online. L'intuizione di vendere i suoi prodotti su una piattaforma di Alibaba venne nel 2003, quando ancora l'attuale gigante dell'e-commerce era sconosciuto ai più. Ma fu vincente. Oggi, l'80 per cento dei suoi prodotti sono acquistati online.
Se il pudore della prima Repubblica popolare considerava il sesso quasi un tabù, ora si stima che il mercato di oggettistica ad esso correlato sia di oltre 1,2 miliardi di euro l'anno. In Cina, ci sarebbero più di mille aziende produttrici di sex toy che si spartiscono il 70 per cento del mercato mondiale. Sono tutte statistiche che vengono da ricerche di mercato, quindi da prendere con le molle, ma è indubbio che la produzione e il mercato sono immensi. Secondo alcuni produttori la percentuale potrebbe essere addirittura più alta di quella riportata.
La Cina non è nuova a quelli che oggi chiamiamo sex toy. Già secoli fa, le concubine li usavano per soddisfare il piacere dell'imperatore di turno, ma quando il Partito comunista prese il potere nel 1949 le politiche adottate mirarono a reprimere amore e desiderio sessuale a favore del fervore rivoluzionario e del collettivismo.
Ma dagli anni Ottanta, quando il Paese si aprì nuovamente ai modelli economici e alle influenze culturali “capitaliste” e la ricchezza ricominciò a circolare, si è ricominciato a prestare attenzione al sesso e al piacere. Il primo sexy shop della Repubblica popolare aprì a Pechino nel 1992. Oggi sono ovunque. Da anni ci sono fiere di sex toy nelle città di Shanghai, Guangzhou, Wuhan, Macao e Pechino. Una delle ultime si è svolta addirittura sotto lo slogan ufficiale di “sesso sano, famiglia felice”. Nonostante la linea ufficiale del governo sia ancora molto pudica sull'argomento, è evidente che quando si tratta di business il Partito non teme contraddizioni.


Pagina 99, 30 aprile 2016

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