Il paese, dalle mie
parti, è il luogo del molteplice. Un paisi di … significa
“una grande quantità di ...”. Il contadino che, tornando dalla
campagna, portava a casa un paisi di cirasi (ciliegie) faceva la gioia della moglie, della figliolanza generalmente numerosa
e talora anche della vicina incinta; mentre un marito che, pensando
di profittare del prezzo stracciato, aveva portato a casa un
paisi di pisci doveva subire le
rampogne della moglie bisbetica, che non si limitava a chiedere chi
li avrebbe mangiati, ma si rifiutava di pulirli.
Eppure,
nello stesso tempo, anche nel mio borgo natio che non ha mai avuto
mura o recinzioni, il paese era visto come una unità definita,
racchiusa in una cerchia ideale che coincideva con il perimetro
dell'abitato. Le terre che lo circondavano erano genericamente
chiamate a di fora (“al
di fuori”), anche quelle immediatamente contigue. Sicché quelli
che, abitando verso i margini e mancando di servizi igienici
domestici, facevano i loro bisogni a due o trecento metri
dall'abitato, accostati a una siepe non lontana dalla trazzera,
andavano a cacari a di fora;
e a di fora si
dirigevano quei contadini che, partiti all'alba con l'asino o anche a
piedi per appezzamenti di terreno lontani tre, sette o dieci
chilometri, sul far della sera (a la scurata)
s'arricampavanu a lu paisi.
Arricampari
significava “raccogliere”,
“portare a casa dalla campagna” con un riferimento specifico ai
prodotti dell'agricoltura (arricampari tri sarmi di
furmientu, “raccogliere tre
salme di frumento”); il contadino all'Ave Maria vespertina
arricampava se stesso,
trovava per se stesso accoglienza e ricetto prima nel paese e poi
dentro le mura della propria casa.
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